Al passo, secondo tradizione: ad Heiligenkreuz si respira a due polmoni. Intervista a padre Karl Wallner

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Padre Karl Wallner, O.Cist.
Padre Karl Wallner, O.Cist.

Allontanarsi di una manciata di chilometri da Vienna è come entrare in un altro mondo, dove i luoghi comuni e le statistiche – civili ed ecclesiastiche – vengono sovvertiti: è l’Austria vista dall’abbazia di Heiligenkreuz, nel cuore del Bosco viennese. Intervista a padre Karl Wallner, O.Cist.

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Fondata dal margravio Leopoldo III di Babenberg e consacrata nel 1133 nella splendida cornice del Wienerwald, il Bosco viennese, l’abbazia di Heiligenkreuz (Santa Croce), in Austria, con i suoi quasi novanta monaci, per lo più giovani, è oggi l’abbazia cistercense più grande del mondo, con un invidiabile primato di attivismo – vocazionale, teologico e pastorale – in un’Austria sempre meno cristiana, almeno numericamente.

Quella di Heiligenkreuz è una storia di crisi e rinascita che ha attraversato i secoli. Se nel medioevo l’abbazia sorse anche per iniziativa civile e il rapporto con l’autorità politica fu inizialmente positivo – nella sala capitolare dell’abbazia sono sepolti quattro illustri Babenberg, la più antica dinastia regnante di area austriaca, e la reliquia della Vera Croce, ancora oggi venerata nell’abbazia, è un regalo del duca Leopoldo V – le epoche successive videro mutare profondamente questo stato di cose. Lo scontro con l’Illuminismo prima e con il Nazismo poi, distrussero quasi interamente l’abbazia. Nel secondo Dopoguerra toccò all’abate riformatore Karl Braunstorfer (a. 1945-1969) raccogliere i pezzi dell’abbazia e darle nuova forma.

L’opera alla quale fu chiamato Braunstorfer fu complessa e coraggiosa: aggiornare Heiligenkreuz alla Chiesa emersa dal Concilio Vaticano II – nei cui lavori l’abate fu tra i padri conciliari più attivi – senza però imboccare semplicisticamente la via della rottura con una tradizione plurisecolare e ancora vitale. Vennero valorizzati la spiritualità cistercense, la lingua latina, il canto gregoriano. Si mise mano al nuovo breviario cistercense, in latino e secondo la riforma liturgica del Vaticano II.

Una scelta di armonizzazione che alla prova dei fatti ha pagato, anche in termini di capacità attrattiva, soprattutto nei confronti dei giovani. Le vocazioni, altrove in declino, ad Heiligenkreuz sono da anni in aumento. La Hochschule, la facoltà di teologia dell’abbazia, dedicata a papa Benedetto XVI – che visitò l’abbazia nel settembre del 2007 – è una delle più ambite e animate dell’Austria, e non solo.

Insegnamento, liturgia, arte, progetti musicali (l’ultimo è il CD Chant for peace, frutto di un’inedita collaborazione fra i monaci di Heiligenkreuz e la cantante di religione ebraica Timna Brauer). Se ciò che sta avvenendo ad Heiligenkreuz è «un miracolo di prosperità e fertilità spirituale» – come lo definisce padre Karl Wallner, rettore della Hochschule dell’abbazia, professore di dogmatica e teologia sacramentale, ministro della gioventù e capo delle relazioni pubbliche di Heiligenkreuz, nonché ex collaboratore del cardinale Gerhard Ludwig Müller, attuale Prefetto della Congregazione per la Dottrina della Fede (i due vantano un libro a quattro mani, Was bedeutet Maria uns Christen? Die Antwort des Konzils, Cosa significa Maria per noi cristiani? La risposta del consiglio) – inevitabilmente guardare al presente e al futuro della Chiesa da Heiligenkreuz fornisce una nuova prospettiva sul panorama ecclesiastico austriaco ed europeo. A suo modo anche green.

Padre Wallner, novanta monaci, una facoltà di teologia molto attiva, una realtà in crescita. Nelle moderne società occidentali, apparentemente orientate alla cacofonia – di suoni, di immagini, di opinioni – il monachesimo sembrerebbe non trovare più spazio. Il successo di Heiligenkreuz, però, dimostra il contrario. Come lo spiega?

Ci sono molte ragioni. Negli anni Settanta i miei confratelli presero le giuste decisioni: decisero di accettare totalmente il Concilio Vaticano II e le riforme. Si attennero però ai testi del Concilio e non alle “storie” sulle sue riforme: accettarono la nuova liturgia, ma decisero di pregare in latino e di utilizzare il canto gregoriano. Viviamo perciò all’interno di grandi tradizioni, ma siamo uomini del XXI secolo: abbiamo un sito internet molto frequentato e aggiornato giornalmente, siamo molto presenti su Facebook,… Ma la cosa più importante è che abbiamo una bella armonia nella nostra comunità. Cerchiamo di amarci gli uni gli altri e di rispettare le differenze fra noi. Amiamo Gesù nella santa Messa, facciamo molta Adorazione, amiamo la Madre Maria – tutti i monasteri cistercensi sono dedicati a lei – amiamo la Chiesa, amiamo il Papa, ci amiamo gli uni gli altri… tutto questo amore naturalmente attrae le persone! Non siamo orgogliosi di avere una così buona situazione nella nostra comunità, con così tante vocazioni: io penso che sia stato Dio a sceglierci per mostrare al mondo che è ancora “aggiornato” e fruttuoso apprezzare le belle tradizioni spirituali della Chiesa.

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L’Ordine cistercense è caratterizzato sin dall’inizio da una stretta osservanza della Regola di san Benedetto. Il successo dell’abbazia di Heiligenkreuz sembra contraddire l’interpretazione che vuole la società moderna sempre più intollerante alle regole…

Penso che siamo il monastero più rigoroso dell’Austria. Le regole qui però sono umane, perché amiamo essere monaci nella rigorosa tradizione cistercense, con molta preghiera, molto silenzio, molto lavoro, ma non manteniamo queste regole perché siamo obbligati a farlo, bensì perché vogliamo farlo: pratichiamo il silenzio, il digiuno, iniziamo le preghiere ogni mattina alle cinque. Ci sono però anche altre attività. Alla fine del Settecento in Austria l’imperatore Giuseppe II forzò i Cistercensi a dedicarsi anche al lavoro pastorale e ancora oggi siamo impiegati ad extra, per la gente: siamo abituati da 220 anni al lavoro in 21 parrocchie, per l’educazione dei bambini, per la catechesi ai giovani. I giovani sono attratti da entrambi questi aspetti: da un lato abbiamo una rigorosa vita monastica, dall’altro questo è l’opposto di una prigione: nel nostro cuore siamo molto liberi di utilizzare i nostri talenti per soddisfare i bisogni delle persone del nostro tempo.

Le statistiche delle rispettive Conferenze episcopali mostrano un progressivo declino di fedeli in Austria e una vera crisi della Chiesa in Germania. Anche in questo caso, Heiligenkreuz è un’eccezione nel panorama ecclesiastico, non solo austriaco. Invertire la tendenza allo svuotamento delle chiese allora è possibile.

Naturalmente sì. Nel cuore di ogni uomo c’è un grande desiderio di felicità e di Dio. Effettivamente alcune volte ho la sensazione che la Chiesa stia morendo. Il motivo è che parliamo solo di noi stessi. I giovani non sono interessati ai problemi ecclesiastici: sono interessati a Dio, perché hanno i propri problemi esistenziali e le proprie domande. La Chiesa sembra fissata in sé stessa. Ad Heiligenkreuz siamo in grado di attrarre i giovani offrendo loro l’opportunità di trovare una vera relazione personale con Dio. Presso di noi ogni mese si tiene una preghiera per la gioventù alla quale partecipano trecento giovani: preghiamo carismaticamente, ma anche con i canti gregoriani, e offriamo ai giovani una “santa azione spirituale” così che possano essere toccati da Dio stesso. Dio vuole sempre toccarci e il nostro lavoro come Chiesa è solo di preparare i cuori così che possano sentire il tocco dell’amore di Dio.

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Nonostante le difficoltà che le caratterizza, le Chiese dei territori di lingua tedesca si stanno distinguendo nel dibattito ecclesiastico. Questo è stato particolarmente vero nel Sinodo sulla famiglia che si è tenuto lo scorso anno e probabilmente lo sarà ancora in quello del prossimo ottobre. Come si combina questo ruolo di primo piano con la crisi religiosa in atto in queste aree?

Sono orgoglioso di essere un teologo appartenente alla brillante tradizione della teologia di lingua tedesca. Il mio teologo preferito è Hans Urs von Balthasar, seguito da Joseph Ratzinger e Romano Guardini. Ma questo è anche il problema: qui nell’area di lingua tedesca abbiamo molti brillanti teologi, che sono stati in grado di confrontarsi con l’illuminismo e la secolarizzazione, ma il problema è che tendiamo ad essere complicati – o, diciamolo, a complicare – il nostro pensiero e il nostro agire ecclesiastico. Oggi i gruppi pentecostali e carismatici stanno crescendo ovunque, perché le persone necessitano della religione non solo per le risposte, che vengono dal cervello, ma anche per il soddisfacimento del loro vuoto emotivo. Per questo al momento la Chiesa è terribilmente debole: è sempre più simile soltanto ad un sistema culturale: riti e feste tradizionali e strutture ecclesiastiche, ma con sempre meno fede ardente nei cuori dei cattolici. È anche colpa della generazione del Sessantotto all’interno della Chiesa, che è ancora dominante: sono complicati e incapaci di leggere i segni del nuovo tempo. C’è anche un altro problema: la crisi mortale della Chiesa non è così evidente, perché ci sono ancora molti soldi che mantengono in funzione questo sistema infertile. Al contrario, però, vediamo che accanto alle strutture ufficiali nuovi ed entusiastici gruppi di giovani iniziano a vivere la fede in maniera autentica. Sono post-moderni, quindi non sono avvelenati dal complicato modo di riflettere che caratterizza la generazione del Sessantotto. Sono lieto che il mio monastero di Heiligenkreuz, anche se ha 900 anni, sia parte di questo rinnovamento cattolico: giovani post-moderni vengono qui, perché sentono che è cool pregare, cantare, lodare Dio. La nostra Hochschule è sovraffollata – il numero degli studenti è cresciuto dai 62 del 1999 ai 274 del 2014 – perché possiamo dare loro buoni insegnamenti cattolici in combinazione ad una formazione spirituale. Al giorno d’oggi i giovani non necessitano soltanto di eccellenti insegnanti di teologia, ma anche di insegnanti che diano loro l’esempio con la propria vita. Molti di questi giovani sono nuove conversioni: hanno avuto qualche esperienza spirituale nella Giornata Mondiale della Gioventù, hanno iniziato a credere, a pregare, a ricevere i sacramenti e hanno percepito che Dio poteva volere qualcosa di più da loro. Ma gli serve tempo per crescere nella fede ed è per questo che hanno scelto Heiligenkreuz per i loro studi. Non possiamo pagare i professori della nostra facoltà – lavoriamo tutti “gratis” – ma per tutti noi è una grande gioia poterci inginocchiare di fronte ad un nostro studente e ricevere da lui la sua prima benedizione sacerdotale. Lo scorso anno diciotto dei miei studenti sono stati ordinati sacerdoti.

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La teologia sta vivendo un periodo di rinnovato interesse, non solo nel clero, e l’abbazia di Heiligenkreuz deve una parte del suo successo proprio anche al suo vitale centro teologico. Perché questo interesse per la teologia da parte della società?

La nostra Hochschule è specializzata nella formazione dei religiosi e dei seminaristi, per condurli al sacerdozio. Ci sono molte altre eccellenti facoltà cattoliche in Austria, per lo più nelle grandi università. I giovani però vogliono studiare qui, perché non solo vogliono imparare delle conoscenze su Dio, ma sono anche attratti dalla spiritualità che circonda Heiligenkreuz. La nostra facoltà è una “piccola Roma”: dei 274 studenti, 190 vengono da Austria, Germania e Svizzera, il resto da ogni parte del pianeta: Stati Uniti, Vietnam, Indonesia, Messico, Polonia e anche dall’Iran. La nostra facoltà ha poi il grande vantaggio di essere situata molto vicino a Vienna, a 15 chilometri.

L’attenzione per l’ambiente è ricorrente nelle riflessioni degli ultimi Papi e questo tema sarà anche al centro di una ormai prossima enciclica di papa Francesco. Qual è il ruolo di un ambiente splendido come il Wienerwald, il Bosco viennese, per l’abbazia di Heiligenkreuz?

San Leopoldo (Leopoldo III di Babenberg, NdR), che fondò l’abbazia di Heiligenkreuz nel 1133, ci diede gran parte di queste foreste, che dal 1342 chiamiamo Wienerwald, la Foresta di Vienna. Nel 1133 Vienna era soltanto un minuscolo villaggio di pescatori lungo il Danubio, distante vari chilometri da qui. Ora è la grande e bella capitale di Vienna. È anche grazie all’attenta economia dei Cistercensi se il Wienerwald è ancora un’area sana, verde e amata dai cittadini di Vienna per la ricreazione e le vacanze. Per noi come monaci, che viviamo nella natura e con la natura, è chiaro che la protezione della Creazione di Dio è uno dei compiti più importanti ai quali l’umanità dovrà dedicarsi nei prossimi anni e decenni. Io specialmente sto attendendo questa enciclica, perché da giovane volevo diventare un biologo e sono ancora molto green nel mio cuore. Due anni fa ho fatto propaganda contro l’energia nucleare. Spero che il Papa parli chiaramente anche contro questo orribile danno al futuro e alla natura. Ma almeno sarà importante che svegli i cristiani sul grande impegno per la protezione dell’ambiente e della natura creata da Dio su questo pianeta.

A padre Wallner va il mio cordiale ringraziamento per la disponibilità a dedicarmi parte del suo tempo.

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Nell’immagine: Monaci dell’abbazia di Heiligenkreuz, stalli del coro.

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