La lunga lettera indirizzata da Francesco «al Popolo di Dio pellegrino in Cile» è di stretta attualità, eppure ha radici antiche. Che guardano a Clemente I, san Paolo e allo spirito dimenticato del Cristianesimo. Che sarebbe utile riscoprire.
pedofilia
La parola d’ordine di Francesco al Sant’Uffizio: coerenza
Per il Vaticano II i sacerdoti «sono consacrati per predicare il Vangelo, essere i pastori fedeli e celebrare il culto divino». Francesco ci ha aggiunto l’essere coraggiosi, capaci di ascoltare, umili e in relazione costante con Dio, con i confratelli e con il gregge. Ma soprattutto coerenti e senza dubbio maschi. Che in tempi di gender e di incoerenza, non è poca cosa.
Quando a chiedere perdono è Francesco e non il Papa
«Sono stato parte del problema. Sono stato la causa di ciò e chiedo perdono». In poco più di cinque anni di pontificato, non si contano le volte in cui Francesco ha chiesto perdono, dalle violenze della Chiesa all’ultima pagina del caso Barros. Una lezione imparata dai predecessori, ma con un’importante novità.
Francesco, l’antieroe
Una cosa è certa: se con ogni probabilità non vedremo mai papa Francesco con indosso la mozzetta rossa della tradizione pontificia, tanto meno lo vedremo con un mantello, soprattutto da supereroe. Perché la santità è un’altra cosa, nel quotidiano così come nell’ammissione dei propri errori.
La lettera di Benedetto XVI e gli scandali pedofilia: un pensiero sbagliato
Non più tardi di dieci giorni fa il Vaticano ha ospitato il primo hackathon della propria storia, un raduno al quale hanno partecipato esperti di diversi settori dell’informatica. Oltre 120 studenti provenienti da 40 università di ogni parte del mondo radunatisi dopo l’appello di Francesco a coniugare innovazione, uguaglianza e inclusione sociale. Come a dire: la tecnologia come strumento di soluzioni, non come parte del problema. Una lezione che, a giudicare dalle notizie da Oltretevere che hanno monopolizzato la comunicazione negli ultimi giorni, è ancora lontana dall’essere appresa.