Il sostegno al Fronte al-Nuṣra, il denaro a ribelli che decapitano bambini, il commercio delle armi: è la nostra guerra in Siria. Una guerra per procura, sempre più sporca. Senza volontà di pace e senza vergogna.
«È inaccettabile che tante persone inermi – anche tanti bambini – debbano pagare il prezzo del conflitto, il prezzo della chiusura di cuore e della mancanza della volontà di pace dei potenti». Lo ha detto nell’Angelus di domenica papa Francesco, in riferimento alla Siria. Parole pesanti, cui la maggior parte della stampa internazionale non ha dato risalto, eppure ripetute. Era infatti l’11 maggio 2015 quando il Pontefice, rispondendo alle domande dei ragazzi presenti alla manifestazione promossa dalla Fabbrica della pace, denunciava che «tante persone potenti non vogliono la pace perché vivono sulle guerre».
È notizia di pochi giorni fa l’ennesimo caso di marketing del terrore, che promette – almeno sulla carta – un nuovo rimescolamento delle parti in gioco nella guerra in Siria. Il Fronte al-Nuṣra, o Jabhat al-Nuṣra, ha infatti annunciato un cambiamento di nome – in Jabhat Fatah Al-Sham (“Fronte per la Conquista del Levante”) – e la rottura della pluriennale affiliazione con l’organizzazione terroristica al-Qāʿida. Una separazione consensuale, per la quale Abu Muhammad al-Jawlani, capo militare di al-Nuṣra, ringrazia gli attuali vertici di al-Qāʿida, «per aver compreso il bisogno di rompere il legame». «Cambiano nome per puro tatticismo», denuncia all’Agenzia Fides il gesuita siriano Antoine Audo, vescovo caldeo di Aleppo. «Loro sono gli stessi, esponenti dello stesso estremismo sunnita jihadista. Un gioco ingannevole».
Ma perché questa decisione? «Per provare a presentarsi come rappresentanti di quella immaginaria “opposizione moderata siriana” di cui sembrano avere bisogno certi poteri per continuare a perseguire i propri disegni sulla Siria», spiega Audo. Gli stessi poteri che sono alla ricerca di alleati per proseguire contro al-Assad una guerra che appare sbagliata sotto molti punti di vista. Su tutti, gli Stati Uniti. Proprio gli Usa, infatti, mantengono da anni una politica ambigua nei confronti dell’ex Fronte al-Nuṣra, ai limiti della collaborazione.
Se ne era parlato già nel 2013 in occasione dell’appello rivolto da Obama per un intervento armato congiunto in Siria contro il presidente al-Assad, allora accusato di avere impiegato armi chimiche a Damasco. La veglia di preghiera e digiuno promossa da papa Francesco, la debolezza delle accuse – negli anni numerosi gruppi di “ribelli” hanno saccheggiato i depositi bellici di al-Assad, compresi quelli di armi chimiche, ed è incerto chi le avesse utilizzate in quell’occasione – insieme all’iniziativa russa, all’adesione della Siria alla Convenzione sulle armi chimiche e infine alla distruzione sotto egida Onu dell’arsenale chimico siriano avevano scongiurato la nuova escalation bellica a guida euro-statunitense. Anche allora si era ipotizzato un incremento del sostegno ai “ribelli” anti-Assad, fra i quali proprio al-Nuṣra, tramite sostegno tattico e fornitura di armi.
Una situazione resa evidente anche dalla bozza di collaborazione ufficiale in Siria fra Stati Uniti e Russia presentata a Mosca dal segretario di Stato americano John Kerry lo scorso 14 luglio. Salta infatti agli occhi l’impegno degli Stati Uniti ad aumentare i propri attacchi contro il Fronte al-Nuṣra. La ragione del trattamento blando finora riservato dagli Usa a questo gruppo è presto detta: in diverse aree della Siria il Fronte al-Nuṣra condivide le posizioni con altre formazioni di “ribelli” considerati moderati dagli Stati Uniti e dai loro alleati e perciò rifocillati di armi e addestramento. Investimenti da proteggere. Lo stesso Fronte al-Nuṣra, a lungo ritenuto “moderato” da Usa ed Europa, era stato indicato come possibile partner nella guerra contro al-Assad.
Nel corso del 2014 il Fronte al-Nuṣra acquistò visibilità anche in Italia per aver confermato di tenere prigioniere Vanessa Marzullo e Greta Ramelli, due giovani cooperanti giunte in Siria poche ore prima del rapimento per conto dell’associazione Horryati – organizzazione non riconosciuta dal Ministero degli Esteri italiano, «un gruppo di tre persone che hanno a cuore un Paese», secondo le parole del terzo membro, Roberto Andervill. Le ragazze vennero rapite ad Aleppo il 31 luglio di quell’anno e liberate il 15 gennaio 2015. Per questa vicenda, chiusa in fretta e tutt’altro che chiarita, si vociferò anche del pagamento di un riscatto milionario, come prevedibile mai confermato dalle autorità italiane.
«Qui si tocca con mano come purtroppo la Siria sia divenuta un campo di battaglia per interessi geopolitici regionali e internazionali. Sempre di più è diventato evidente che è una guerra per procura», ha denunciato il nunzio in Siria, mons. Mario Zenari. Ne è un tragico esempio il fatto che il Fronte al-Nuṣra non sia l’unico gruppo armato sul libro paga degli Stati Uniti. Pochi giorni fa un gruppo di “ribelli” siriani che l’Occidente sostiene contro al-Assad ha decapitato un ragazzino di 12 anni, Abdullah Issa, uno dei tanti rifugiati palestinesi che avevano trovato riparo in un campo profughi non ufficiale a nord di Aleppo. L’accusa? Far parte della milizia palestinese Liwa al-Quds che combatte al fianco di al-Assad. Un’accusa del tutto infondata, secondo gli operatori umanitari locali.
Nonostante la diffusione di due video dell’atrocità, la notizia, oscurata dal terrorismo portato in Europa, non ha avuto grande rilievo internazionale. Autori del gesto sono miliziani del movimento Nour al-Din al-Zenki, fra i più importanti gruppi coinvolti nella guerra civile siriana. Nour al-Din al-Zenki è uno dei tanti gruppi armati sostenuti dagli Usa. Un incidente, nelle parole del portavoce del Dipartimento di Stato americano, John Kirby, che ha condannato il brutale omicidio. «Incoraggiamo al-Zenki ad investigare l’incidente e ci aspettiamo che tutte le parti rispettino i loro obblighi ai sensi della legge dei conflitti armati», ha concluso Kirby. Sempre più spesso in Occidente a mancare non è solo la volontà di pace dei potenti, ma anche il senso della vergogna.
Nell’immagine: 28 maggio 2015. Combattenti del Fronte al-Nuṣra nei pressi di Ariha, in Siria, durante l’offensiva contro le forze leali al presidente Bashar al-Assad.
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