Da Ar Raqqah a Mossul. Il ritardo genera mostri

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Era il marzo del 2013, nel pieno delle complesse fasi della guerra civile in Siria, quando miliziani jihadisti del Fronte al-Nusra (Jabhat al-Nuṣra) conquistavano la città di Ar Raqqah alle truppe lealiste del presidente Baššār al-Asad. Nel maggio 2013, mentre ancora Stati Uniti ed Europa discutevano di un possibile intervento militare in Siria contro al-Asad e all’ONU si cercavano senza successo prove tangibili su chi avesse realmente impiegato armi chimiche contro la popolazione, il controllo della città passava agli jihadisti dell’Isil (Is).

Da allora ad Ar Raqqah l’Isil ha messo in scena il devastante copione che nelle ultime settimane la grande platea internazionale ha imparato a conoscere nel teatro di Mossul. I miliziani dell’Isis si sono resi autori di distruzioni materiali, violenze ed esecuzioni sommarie ai danni degli appartenenti alle minoranze religiose residenti in città. Fra essi figurano gli Alauiti, ritenuti collaborazionisti del presidente Baššār al-Asad, egli stesso alauita, i musulmani sciiti e naturalmente i membri della locale comunità cristiana.

Si ha notizia di diverse chiese cattoliche date alla fiamme, fra le quali quella intotolata a Nostra Signora dell’Annunciazione, di rito Greco cattolico, e la chiesa cattolica armena dei Santi Martiri, privata della torre campanaria, devastata negli arredi sacri e trasformata in propria base dall’Isis. Come oggi a Mossul, anche la popolazione cristiana di Ar Raqqah, stimata prima del conflitto a circa il 10% della popolazione totale, è stata costretta ad abbandonare la città.

Ricca di un antico patrimonio storico ed artistico mai pienamente valorizzato e situata nel nord della Siria, sulla sponda sinistra dell’Eufrate, a circa 170 chilometri da Aleppo, Ar Raqqah fu capitale della parte occidentale del Califfato abbaside tra la fine dell’VIII e l’inizio del IX secolo. Le origini della città sono però ben più antiche, risalendo per fondazione al re Seleukos II Kallinikos (246–225 a.C.), dal quale la città trasse la sua antica denominazione, Kallinikos (Καλλίνικος in greco, latinizzato in Callinicum). Distrutta nel 542 d.C. da un’invasione sassanide, Ar Raqqah venne ricostruita dall’imperatore bizantino Giustiniano I (527–565), che ne esaltò il ruolo di importante centro di monachesimo tardo-antico.

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Dayra d’Mār Zakkā, il Monastero di San Zaccheo, situato a nord dell’antico insediamento (oggi Tall al-Bi’a), è il simbolo di questa vitalità religiosa e culturale. Fondato presumibilmente all’inizio del VI secolo (uno dei mosaici della decorazione reca un’iscrizione datata al 509), il monastero si mantenne luogo di spiritulità di primaria importanza almeno sino al X secolo. L’area accoglie anche il Dairā d-Esţunā, o monastero Bīzūnā o “Monastero della colonna”, dal IX secolo sede del Patriarca siriaco di Antiochia. Sino al 639, anno dell’acquisizione musulmana, Ar Raqqah si mantenne cristiana ed anche quando, un paio di anni più tardi, sorse ad Ar Raqqah la prima moschea, il Cristianesimo era ancora religione prevalente in città.

La storia del Cristianesimo ad Ar Raqqah non si è comunque esaurita nei secoli successivi. Pur ridotta progressivamente a minoranza religiosa, ad Ar Raqqah-Callinicum si mantenne sino allo scorso anno un’attiva comunità cristiana. La città è dal 1962 sede arcivescovile per la Chiesa cattolica maronita. Nominato il 30 maggio 1962, Francis Mansour Zayek fu il primo vescovo di Ar Raqqah, nonché il primo Esarca apostolico della Chiesa cattolica maronita ad operare fuori dal Libano.

Dagli anni Cinquanta del Novecento, sull’onda del boom mondiale della manifattura cotoniera, la repentina crescita economica ed urbanistica della città inglobò importanti aree archeologiche, fra le quali il Qasr al-Banat, il “Castello delle donne” o “delle ragazze”, palazzo risalente al XII secolo; i resti delle mura del periodo abbaside; lo storico centro abitato (oggi Mishlab) e l’antico distretto manifatturiero (al-Mukhtalţa). Quest’ultimo è di particolare rilevanza storica, se si considera che Ar Raqqah fu per secoli un rinomato centro artigianale ed artistico, specializzato nella produzione di ceramiche, note come “ceramiche di Raqqa“, dipinte, secondo la tradizione, in nero sotto invetriatura turchese.

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Quei vasi vuoti, custoditi nel silenzio di molti musei occidentali, forniscono meglio di tante parole l’idea di cosa sia divenuta oggi Ar Raqqah.

Nell’immagine: Ar Raqqah.

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