Una preghiera silenziosa, quella di Papa Francesco, ma destinata a sollevare parecchio rumore a giudicare da alcune precedenti reazioni sul tema, anche in terra italiana.
Nell’ambito del suo viaggio in Corea del Sud, il pontefice ha visitato ieri la “Casa della Speranza”, centro di recupero per disabili a Kkottongnae (villaggio dei fiori, in coreano). All’evento è stato dato grande risalto dai media internazionali. A dire della tensione sottesa, invece, è passata sotto silenzio la successiva tappa del viaggio del Pontefice.
La lussureggiante vegetazione di un giardino dai tipici modi orientali cede il passo ad un fazzoletto di prato di erba verdissima, sul quale spiccano centinaia di croci di legno bianche. Al centro, un monumento, egualmente bianco, con una raffigurazione della Sacra Famiglia di Nazaret. È questo il Taeahdongsan, il “Giardino dei bambini abortiti” di Kkottongnae. Quella del Papa è stata una sosta breve e silenziosa, ma capace, per il solo fatto di esistere, di catalizzare rapidamente l’attenzione di una parte dell’informazione mondiale.
Prima di recarsi all’incontro con i religiosi, il Pontefice ha interrotto il percorso in auto, accostandosi al cimitero, rimanendo per qualche istante in silenzio e in preghiera. Presente una rappresentanza di attivisti pro-life coreani. Nulla di inaspettato da parte di un Pontefice che già più volte ha espresso chiaramente – e anche piuttosto duramente – il proprio pensiero e ribadito quello della Chiesa in materia di aborto.
Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, ricordava ad esempio Papa Francesco:
Tra questi deboli, di cui la Chiesa vuole prendersi cura con predilezione, ci sono anche i bambini nascituri, che sono i più indifesi e innocenti di tutti, ai quali oggi si vuole negare la dignità umana al fine di poterne fare quello che si vuole, togliendo loro la vita e promuovendo legislazioni in modo che nessuno possa impedirlo. Frequentemente, per ridicolizzare allegramente la difesa che la Chiesa fa delle vite dei nascituri, si fa in modo di presentare la sua posizione come qualcosa di ideologico, oscurantista e conservatore. Eppure questa difesa della vita nascente è intimamente legata alla difesa di qualsiasi diritto umano. Suppone la convinzione che un essere umano è sempre sacro e inviolabile, in qualunque situazione e in ogni fase del suo sviluppo. È un fine in sé stesso e mai un mezzo per risolvere altre difficoltà. Se cade questa convinzione, non rimangono solide e permanenti fondamenta per la difesa dei diritti umani, che sarebbero sempre soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno. La sola ragione è sufficiente per riconoscere il valore inviolabile di ogni vita umana, ma se la guardiamo anche a partire dalla fede, «ogni violazione della dignità personale dell’essere umano grida vendetta al cospetto di Dio e si configura come offesa al Creatore dell’uomo»
– Evangelii gaudium, 213.
E ancora:
Proprio perché è una questione che ha a che fare con la coerenza interna del nostro messaggio sul valore della persona umana, non ci si deve attendere che la Chiesa cambi la sua posizione su questa questione. Voglio essere del tutto onesto al riguardo. Questo non è un argomento soggetto a presunte riforme o a “modernizzazioni”. Non è progressista pretendere di risolvere i problemi eliminando una vita umana. Però è anche vero che abbiamo fatto poco per accompagnare adeguatamente le donne che si trovano in situazioni molto dure, dove l’aborto si presenta loro come una rapida soluzione alle loro profonde angustie.
– Evangelii gaudium, 214.
Il momento di preghiera del Pontefice al “Giardino dei bambini abortiti” è stato naturalmente accolto con esultanza dalle associazioni pro-life a livello mondiale. Resta invece da chiedersi se e quali saranno le reazioni da parte di alcuni esponenti del mondo politico e giornalistico che già in precedenza si erano espressi molto duramente contro i possibili “Taeahdongsan italiani”, nei quali seppellire e commemorare i bambini non nati.
La visita di Papa Francesco al “Giardino dei bambini abortiti” è stata preceduta da un incontro avuto con fratel Lee Gu-Won, missionario laico della Società San Luca Hwang. Nato il 9 maggio 1990 e immediatamente abbandonato dai genitori perché nato privo di braccia e gambe a causa di una malformazione, ad un mese dalla nascita fratel Lee Gu-Won è stato adottato da Fr. John Bosco Kim Dong-il, missionario della Società San Luca Hwang, con il permesso del vescovo locale. Da allora Lee Gu-Won è vissuto con Fr. John Bosco Kim Dong-il e i confratelli, nella Diocesi di Chenogju.
Photo credit: Andy Prima Kencana. Cemetery in Kkottongnae, South Korea.
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