Tikrit, Chiesa Verde, Arbaeen Wali. La memoria pezzo per pezzo

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La notizia di nuove ferite aperte nel tessuto culturale iracheno è rimbalzata ieri sui mezzi di comunicazione internazionali, insieme alle immagini delle rovine della cosiddetta Chiesa Verde e della moschea di Arbaeen Wali, nei pressi di Tikrit, fra i principali siti storico-religiosi del Paese e dell’intero Medio Oriente.

Edificata attorno all’anno 700, la Chiesa verde di Tikrit era molto nota nel Paese anche per il luogo favorevole nel quale sorgeva, il complesso presidenziale nel centro di Tikrit, città natale di Saddam Hussein. La storica chiesa era uno dei principali simboli della presenza del primo Cristianesimo assiro in area mediorientale e di una convivenza fra religioni diverse lunga secoli.

Originariamente rivestita di maioliche verdi, alle quali si riferisce la denominazione popolarmente più nota, la Chiesa Verde venne distrutta nel 1089 e poi ricostruita con il colore mutato in ocra. Edificata nelle immediate vicinanze del fiume Tigri, la Chiesa Verde fu ritenuta tra i principali luoghi santi del Cristianesimo del tempo e costituì un importante punto di appoggio per l’evangelizzazione di vaste aree dell’Estremo Oriente, dall’India alla Mongolia, passando per Cina e Tibet.

Nei secoli, i cristiani assiri abbandonarono progressivamente Tikrit, sempre più nettamente musulmana, sino all’allontanamento definitivo dalla città al tempo di Tīmūr (Tamerlano) e della conquista trecentesca da parte dei Mongoli. Anche da questa diaspora si dovette la creazione delle vitali comunità cristiane della piana di Ninive e nelle regioni limitrofe, prime fra tutte quelle di Mossul, Bakhdida e Tur Abdin, e di quella di Baghdad, più a sud.

Dopo le precedenti devastazioni, la sistematica distruzione portata avanti dall’Isis in vite e memoria, non si è limitata alla sola Chiesa Verde, ma si è rivolta anche ad altri edifici storici di Tikrit.

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In quella che si pensa possa essere stata la mesopotamica Birtha, città-fortezza a lungo contesa fra Romani e Sassanidi, menzionata anche nelle Storie di Ammiano Marcellino (Rerum gestarum libri XXXI, IV secolo), nei scorsi giorni risultano essere stati distrutti dalla cecità dell’Isis anche i resti dell’antica fortezza e cittadella del Saladino, sulle sponde del Tigri.

Da segnalare anche la devastazione della storica moschea di Arbaeen Wali. Sede di iscrizioni risalenti al XIII secolo, la moschea era visitata annualmente da migliaia di pellegrini musulmani per le tombe dei 40 “martiri” lì custoditi. Contrari a questo genere di venerazione i jihadisti, già resisi responsabili nelle scorse settimane della distruzione di edifici simili a Mossul.

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