Milano, un successore per Scola? Beschi, l’altro Francesco

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Il successore di Scola a Milano? Un po’ vescovo di strada e un po’ callejero, non esente da polemiche. Alla Bergoglio, insomma. Come mons. Beschi, l’altro Francesco.

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Agenda confermata fino al maggio 2017 per il card. Angelo Scola, con la visita pastorale ai decanati della Diocesi di Milano. Probabile a questo punto che la nomina del successore di Scola slitti a maggio e il relativo insediamento a settembre. Tempi non ravvicinati, dunque, ma che non rappresentano un ostacolo al moltiplicarsi delle ipotesi sul nome del successore di Scola alla guida della Diocesi ambrosiana.

Naturalmente ancora nessuna nomina ufficiale. Se un nome c’è già, papa Francesco l’ha finora mantenuto saldamente in pectore. Le scelte compiute dal Pontefice in altre importanti diocesi, come Palermo, Bologna, Padova e nelle diocesi lombarde, aiutano però a delineare il ritratto del futuro vescovo. È risaputo il gradimento di Francesco per ecclesiastici dal forte rapporto pastorale con i fedeli, con un occhio di riguardo per i sacerdoti. Casi illustri quello di Corrado Lorefice a Palermo, di Matteo Zuppi alla Bologna del dopo-Caffarra o ancora di Corrado Sanguineti a Pavia. Pastori con l’odore delle pecore, vescovi di strada, un po’ callejeros, non esenti da polemiche. Alla Bergoglio, insomma. Tutto lascia intendere che una scelta nello stesso stile riguarderà anche Milano.

Altro aspetto è la provenienza dei vescovi. Anche in questo caso la parola d’ordine di Francesco è decentramento. Così come l’arcivescovo di Palermo è siciliano, ma di Noto, anche in Lombardia il Papa ha messo uno stop alla tradizionale successione dei “milanesi”, prediligendo “forestieri” alla guida delle diocesi lombarde. Così è stato per Pavia, Lodi, Mantova, Como e Vigevano. La possibilità che venga scelto un lombardo che non abbia legami speciali con Milano esiste, così come l’eventualità di un arcivescovo scelto fuori dai confini lombardi. Niente vescovo ausiliare cresciuto all’ombra della Madunina, quindi. Il che avrebbe probabilmente fatto ricadere la scelta su uno dei tre ausiliari nominati da Francesco per la diocesi ambrosiana: Franco Maria Giuseppe Agnesi, Paolo Martinelli e Pierantonio Tremolada. A rimescolare le carte anche la recente nomina di mons. Pierangelo Sequeri, già preside della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale di Milano, a preside del Pontificio Istituto “Giovanni Paolo II” per studi su matrimonio e famiglia. Un altro incarico per il quale trovare un successore, forse proprio fra gli ausiliari della Diocesi.

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Per la cattedra di Ambrogio, invece, al momento sono due i nomi forti. In area lombarda mons. Franco Giulio Brambilla, lecchese, classe 1949, attuale vescovo di Novara e vicepresidente della Cei per l’Italia settentrionale, già vicario episcopale e vescovo ausiliare a Milano, nonché preside della Facoltà teologica dell’Italia settentrionale prima di Sequeri. Fuori dalla Lombardia c’è invece mons. Giancarlo Bregantini, vescovo di Campobasso, noto per l’impegno civile e la lotta alla ‘ndrangheta, già in precedenza candidato alla guida della diocesi milanese.

Certamente Brambilla e Bregantini non sono però gli unici candidati ad una diocesi che negli ultimi 450 anni ha dato alla Chiesa cinque papi e molti papabili. C’è chi dice che se Francesco scegliesse il nuovo arcivescovo all’interno dell’ovile ambrosiano, mons. Mario Delpini, vicario generale di Scola e segretario della Conferenza episcopale lombarda, avrebbe pochi rivali. Sorriso empatico e ottimo rapporto con i fedeli e i sacerdoti della Diocesi – è stato anche rettore del Seminario – lo proiettano in testa ai candidati. Gettonato sarebbe anche mons. Paolo Martinelli, vescovo ausiliare orgoglioso della tonaca cappuccina, teologo, ma anche a lungo al servizio dell’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, dove si occupava dei disabili.

In Lombardia, ma fuori Milano, c’è poi l’altro Francesco. È mons. Francesco Beschi, attuale vescovo di Bergamo, la stessa diocesi dalla quale è stato tratto mons. Pizzaballa per l’amministrazione apostolica del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini. Dal marzo scorso vicepresidente della Conferenza episcopale lombarda, mons. Beschi è anche presidente della Commissione episcopale per l’evangelizzazione dei popoli e la cooperazione tra le Chiese. Temi caldi e che certamente stanno a cuore al Papa, per un vescovo che si è distinto per l’attivismo sui temi sociali e dell’immigrazione, finendo spesso in rotta di collisione con la Lega Nord in una delle roccaforti del partito. La vicinanza di Beschi allo stile Bergoglio, comunque, non si esaurisce qui. Ha fatto scalpore nel marzo scorso, in occasione del Giubileo dei sacerdoti, la celebrazione presieduta da Beschi, che ha riunito oltre 500 preti di fronte al Crocifisso della cattedrale di Bergamo per chiedere perdono dei peccati e delle mancanze della Chiesa bergamasca e dei suoi ministri.

«Domandiamo perdono e dichiariamo pentimento, per presunzione e sicumere, per pigrizie affannate, per ipocrisie giustificate. Chiediamo misericordia e manifestiamo pentimento per superbe immunità, per sicurezze ostentate, per il sottile gusto del potere», aveva detto allora mons. Beschi in uno dei passaggi chiave della sua preghiera. Ricorrenti anche le sferzate al clero, in stile bergogliano: i sacerdoti non siano né operatori sociali né funzionari del sacro, né «ministri del culto a tempo e responsabilità limitata» né «funzionari appassionati», ma preti misericordiosi che sappiano “com-patire” e non “com-peccare”, perché «non si deve confondere complicità con il peccato e condivisione liberante con i peccatori». Una condivisione che verso i poveri deve sapersi fare anche materiale e che in Beschi due anni fa ha preso la forma di un invito fatto ai suoi sacerdoti di mettere a disposizione una mensilità del proprio stipendio a favore di famiglie e disoccupati.

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Un piglio tanto bresciano, quello di Beschi, da poter essere argentino. Come quando tre anni fa, ostacolato dai suoi nel rimpasto generale della Curia, ha radunato tutti i direttori degli uffici per richiamarli al sacro voto dell’obbedienza con una sonora lavata di capo. Negli anni, proprio dai suoi più stretti collaboratori di Curia gli sono arrivate le maggiori amarezze. Un altro tratto in comune con il pontificato di Francesco, verrebbe da dire. Lungi dall’essere solo un bacchettatore, Beschi è anche un capace trascinatore di giovani e famiglie, come nella recente Giornata mondiale della gioventù a Cracovia o nel pellegrinaggio della Diocesi a Roma e Napoli, nel giugno scorso, nel quale non è mancata una sosta a Scampia, fra i giovani «armati di speranza».

Attenzione, però, perché nel 2017 mons. Beschi potrebbe piuttosto prendere la strada di Brescia. Per il prossimo anno si vocifera, infatti, di un avvicendamento ai vertici delle maggiori diocesi lombarde, con il ritorno di Beschi, bresciano, alla guida della diocesi di Brescia e il testimone bergamasco raccolto da mons. Maurizio Gervasoni, di Sarnico, attualmente vescovo di Vigevano. E per Milano? Vale il detto che tutte le strade portano a Roma. E a Francesco. Quello papa.

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