Stop ai “milanesi” in Lombardia: il nuovo corso di papa Francesco predilige “forestieri” alla guida delle diocesi lombarde. Sarà così anche a Milano dopo l’addio di Scola? Intanto il papabile Pizzaballa torna a Gerusalemme da amministratore, con qualche perplessità.
Nella patria dei campanili c’era una tradizione: che i vescovi delle diocesi suffraganee lombarde venissero scelti fra i collaboratori dell’arcivescovo di Milano. Una tendenza rafforzatasi negli anni scorsi, durante l’episcopato di Carlo Maria Martini. È stato così per mons. Giovanni Giudici, docente al seminario arcivescovile di Seveso durante l’episcopato di Giovanni Battista Montini, vescovo ausiliare di Milano con Carlo Maria Martini e infine nominato vescovo di Pavia nel 2003. Oppure per mons. Giuseppe Merisi, nominato nel 1995 vescovo ausiliare di Milano da papa Giovanni Paolo II e divenuto dieci anni dopo vescovo di Lodi. Svolsero incarichi di rilievo nella diocesi ambrosiana anche mons. Roberto Busti, riorganizzatore della comunicazione della diocesi sotto Martini e successivamente suo portavoce, dal 2007 vescovo di Mantova; mons. Diego Coletti, rettore del Seminario Teologico di Venegono Inferiore e assistente di studio del cardinale Carlo Maria Martini per il secondo Convegno ecclesiale nazionale di Loreto del 1985, approdato a Como da vescovo nel 2006, dopo una tappa a Livorno; e ancora per mons. Vincenzo Di Mauro, dal 1987 collaboratore di Martini per la Cattedra dei non credenti, nominato arcivescovo ad personam di Vigevano nel 2010 e l’anno successivo fatto vescovo della stessa diocesi.
Il pontificato di Francesco ha però cambiato le cose e le ultime nomine lo dimostrano. È lecito attendersi sorprese anche per la successione a Scola. Proprio a Vigevano dal luglio 2013 a Di Mauro è infatti succeduto il giovane bergamasco Maurizio Gervasoni, all’epoca 59nne, particolarmente attivo nella diocesi di Bergamo come insegnante di teologia, antropologia delle religioni e storia delle religioni. Giovane e bergamasco anche mons. Maurizio Malvestiti, che dall’agosto 2014 ha preso il posto di Merisi a Lodi. A completare il quadro dei “forestieri” – non milanesi – nominati da Francesco alla guida delle diocesi lombarde mons. Corrado Sanguineti, nato a Milano ma vissuto a Chiavari (Ge), nella cui diocesi era pro-vicario generale, che nel novembre 2015 è succeduto a Giudici a Pavia, mentre a sostituire Busti a Mantova è arrivato solo pochi giorni fa l’appena 50enne mons. Gianmarco Busca, bresciano di Edolo, docente di teologia con esperienza parrocchiale, apprezzato da padre Rupnik per la sua teologia «bella, calda e ricca di sapienza». Ad essi è da aggiungere mons. Antonio Napolioni, avvocato mancato divenuto invece teologo e parroco, chiamato nel novembre 2015 dall’arcidiocesi di Camerino – San Severino Marche a Cremona, a sostituire l’uscente Dante Lafranconi.
Se con mons. Dario Edoardo Viganò e don Davide Milani i sacerdoti della diocesi di Milano trovano fortuna nel campo della comunicazione, lo stesso non si può dire per i vescovi ausiliari “milanesi” nelle diocesi lombarde. Attualmente sono sei i vescovi ausiliari della diocesi di Milano, alcuni dei quali da tempo in età da promozione: il vicario generale Mario Delpini (classe 1951), Erminio De Scalzi (1940), Luigi Stucchi (1941), Franco Maria Giuseppe Agnesi (1950), il cappuccino Paolo Martinelli (1958) e Pierantonio Tremolada (1956), oltre ai ritirati Angelo Mascheroni e Marco Ferrari. Tutti finora snobbati da papa Francesco, contrariamente alla tradizione degli ultimi anni.
Se queste sono le premesse, è difficile pensare che il Papa troverà il successore di Angelo Scola fra gli ausiliari milanesi. Chi sarà il nuovo vescovo di Milano? Probabilmente neppure mons. Pierbattista Pizzaballa, già indicato come possibile successore di Scola a Milano, la scorsa settimana nominato dal Papa amministratore apostolico sede vacante del Patriarcato di Gerusalemme dei Latini dopo la rinuncia al governo pastorale di mons. Fouad Twal. Dall’aprile scorso uscente Custode di Terrasanta, il nuovo incarico di mons. Pizzaballa – nella stessa occasione elevato alla dignità di arcivescovo – ha suscitato, per sua stessa ammissione, «tante vostre domande e forse anche qualche perplessità» a Gerusalemme. C’è da scommettere che non mancheranno sorprese anche nella nomina del successore di Ambrogio.
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Il Sismografo