Viganò e Milani: la Chiesa amante del cinema si riunisce a Venezia

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Appuntamento il 9 settembre al Festival del cinema di Venezia per la consegna del Premio Bresson al regista Andrei Konchalovsky. Per la Chiesa, presenti i cinefili che contano: mons. Dario Viganò e don Davide Milani.

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Sarà presente la storia della Fondazione ente dello spettacolo venerdì 9 settembre all’Hotel Excelsior di Venezia per la consegna del Premio Robert Bresson 2016 al russo Andrei Konchalovsky. A consegnare il premio a Konchalovsky – acclamato regista del colossal sovietico Zio Vanja del 1971 e reduce dal successo di The Postman’s White Nights, premiato con il Leone d’Argento a Venezia nel 2014 – sarà mons. Dario Edoardo Viganò, prefetto della Segreteria per la comunicazione della Santa Sede, insieme a don Davide Milani, presidente della Fondazione ente dello spettacolo. Prevedibile anche la partecipazione di don Ivan Maffeis, direttore dell’Ufficio nazionale comunicazioni sociali della Cei e già presidente della Fondazione ente dello spettacolo.

Nella 73esima Mostra internazionale d’arte cinematografica della Biennale di Venezia che in questa edizione celebra l’«aspirante cristiano» Ermanno Olmi, per Milani e Viganò – quest’ultimo reduce sabato dalla Giostra del Saracino di Arezzo, insieme all’aretino Domenico Giani, ispettore generale della Gendarmeria vaticana e direttore dei servizi di sicurezza e di Protezione Civile del Governatorato, e al regista Claude Assays – sarà anche una celebrazione del cinema che si emancipa dal potere.

A valere ad Andrei Konchalovsky il Premio Robert Bresson è infatti il suo essere da sempre un regista scomodo, capace di delineare nei suoi lavori – da La felicità di Asia, girato nel 1966 e uscito solo nel 1988, a Il proiezionista e The Postman’s White Nights – una contrapposizione fra arte e potere. Un tema caro a mons. Dario Edoardo Viganò, come dimostra anche la sua partecipazione in veste di critico cinematografico al docu-film Scandalo in sala. La sfida tra Potere e Cinema in Italia di Serafino Murri e Alexandra Rosati, presentato al Taormina Film Fest lo scorso anno. Un cinema che in Italia «ad un certo punto inizia a raccontare più la maschera del potere, che è un potere invisibile, infiltrato. E a volte dietro le maschere non c’è più nulla», spiega mons. Viganò nel film. Un ruolo di denuncia che il cinema continua a svolgere. Come nel caso del nuovo film dell’eroe della giungla per antonomasia, Legend of Tarzan di David Yates, portatore di un «messaggio interessante contro la logica dello scarto e dello sfruttamento», come lo definisce Dario Edoardo Viganò nella sua critica del film, nel solco di papa Francesco.

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Una difesa dell’autonomia del cinema condivisa anche da don Davide Milani, presidente della Commissione nazionale valutazione film (Cnvf) della Cei, presidente della Fondazione ente dello spettacolo, nonché portavoce dell’arcivescovo di Milano, Angelo Scola, e deus ex machina della comunicazione della Diocesi ambrosiana. «Bisogna sgombrare il campo, una volta per tutte, da un equivoco di fondo: non si tratta di censura», ha recentemente precisato Milani a proposito del lavoro della Cnvf. «Il nostro è un compito positivo, è un servizio reso alle famiglie, alle comunità cristiane, ma anche al mondo della cultura in generale. È ovvio che il nostro è un punto di vista ben preciso – quello cattolico – che, però, senza pregiudizi e preconcetti, guarda le opere, le legge, le analizza, a partire dall’esperienza condivisa di chi conosce il cinema». In effetti l’esperienza cinematografica non manca, con mons. Viganò e don Maffeis allievi, insieme al custode di Terrasanta padre Francesco Patton, di Carlo Tagliabue, regista televisivo, docente universitario, giornalista e critico cinematografico scomparso pochi giorni fa.

Premio Robert Bresson 2014. Da sinistra: mons. Dario Edoardo Viganò, mons. Enrico Solmi vescovo di Parma, Carlo Verdone, Lorena Bianchetti, don Davide Milani e don Ivan Maffeis. Il Premio Robert Bresson, dedicato all’indimenticato padre del minimalismo cinematografico e regista di Il diario di un curato di campagna – consiste dal 2010 in un’opera dello scultore e orafo Andrea Cagnetti, in arte Akelo. Istituito nel 2000, il Premio Robert Bresson viene assegnato ogni anno in occasione della Mostra di Venezia dalla Fondazione ente dello spettacolo e dalla Rivista del Cinematografo, sentito il parere dei Pontifici consigli della Cultura e delle Comunicazioni sociali, a quel regista che «abbia dato una testimonianza, significativa per sincerità e intensità, del difficile cammino alla ricerca del significato spirituale della nostra vita». Hanno preceduto Andrei Konchalovsky Giuseppe Tornatore, Manoel de Oliveira, Theo Angelopoulos, Krzysztof Zanussi, Wim Wenders, Jerzy Stuhr, Zhang Yuan, Aleksandr Nikolaevič Sokurov, Daniel Burman, Walter Salles, Mahamat-Saleh Haroun, Jean-Pierre e Luc Dardenne, Ken Loach, Amos Gitai, Carlo Verdone e Mohsen Makhmalbaf.

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