Una minaccia per la vita. Quel “male minore” che è il male maggiore della politica

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«Chi è il male minore, quella signora o quel signore?». Oltre all’inadeguatezza, ad accomunare i due candidati alla presidenza Usa, Kamala Harris e Donald Trump, c’è anche la sistematica violazione del diritto alla vita. Il vero problema di una politica minuscola, al tempo della crisi antropologica.

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«Ambedue sono contro la vita, sia quello che butta via i migranti sia quello che uccide i bambini». Non avrebbe potuto dirlo meglio papa Francesco, rispondendo alle domande dei giornalisti durante il volo di rientro a Roma dal viaggio apostolico in Indonesia, Papua Nuova Guinea, Timor-Leste e Singapore. Una riflessione destinata a fornire alcune conferme, ma anche a segnare una svolta nei rapporti con la politica, non solo della superpotenza in declino: l’imbarazzo di intervenire apertamente sulle incoerenze di un presidente formalmente cattolico (Joe Biden) è venuto meno.

La posizione del Pontefice è chiara: da un lato, rifacendosi anche all’Antico Testamento, «chi non custodisce il migrante, manca, è un peccato, un peccato anche contro la vita di quella gente»; dall’altro, «fare un aborto è uccidere un essere umano. Ti piaccia la parola o non ti piaccia, ma è uccidere».

Il riferimento, naturalmente, è alle politiche di segno opposto, ma cinicamente simili, sostenute dai due candidati in corsa alle presidenziali negli Stati Uniti, la democratica Kamala Harris e il repubblicano Donald Trump, insieme ai relativi candidati alla vicepresidenza, Tim Walz per la prima e J. D. Vance per il secondo.

Migranti, non lo siamo tutti?

Da mesi la campagna elettorale di Donald Trump sta fomentando sentimenti anti-immigrazione, facendo leva soprattutto sullo spauracchio della criminalità. Significativo il caso di Springfield, Ohio, che Trump vorrebbe trasformare in un caso esemplare delle proprie politiche migratorie, «deportando» i 15-20 mila immigrati haitiani residenti in città, per lo più beneficiari di un regolare status di rifugiati a motivo della grave crisi in corso nell’isola caraibica. Della medesima retorica xenofoba fa parte anche l’affermazione, che ha fatto parlare (e ridere) di sé, secondo cui gli immigrati haitiani ruberebbero cani e gatti del vicinato per sfamarsi.

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Nonostante queste affermazioni trovino ben poco fondamento nella realtà, buona parte degli elettori statunitensi ritiene che l’immigrazione illegale sia una minaccia prioritaria per il Paese, a fronte dei circa 11 milioni di immigrati irregolari residenti negli Stati Uniti, il 23% degli stranieri nel Paese, ma solo il 3,3% della popolazione complessiva. Nonostante la relativa esiguità di questa parte della società, si sottovaluta che un suo improvviso allontanamento creerebbe un vuoto nell’economia e nel mercato del lavoro che sarebbe difficile colmare. D’altro canto, più prosaicamente, gli Stati Uniti non disporrebbero della capacità di deportare un numero così elevato di persone, che richiederebbe un investimento enorme sia in termini economici che di manodopera.

Nati, non lo siamo tutti?

Sul fronte dell’interruzione volontaria di gravidanza la partita appare, se possibile, ancora più complessa. In mancanza di rilevazioni certe, si stima che sarebbero oltre 930 mila gli aborti volontari praticati ogni anno negli Stati Uniti. La legislazione in tema di aborto, al momento, varia da Stato a Stato, ma l’indirizzo imposto da Kamala Harris e Tim Walz è evidente: rafforzare la presunta libertà di scelta delle donne anche in tema di cosiddetta “salute”.

Le parole di papa Francesco sull’aborto non rappresentano una novità, ma piuttosto la conferma della consapevolezza che «il grado di progresso di una civiltà si misura dalla capacità di custodire la vita, soprattutto nelle sue fasi più fragili» (Discorso all’associazione Scienza & Vita, 30 maggio 2015). Ancora recentemente, in occasione della 46ª Giornata nazionale per la vita celebrata lo scorso febbraio, papa Francesco ha sottolineato come «la vita dei bambini, nati e non nati, viene sempre più concepita come funzionale ai desideri degli adulti e sottoposta a pratiche come la tratta, la pedopornografia, l’utero in affitto o l’espianto di organi. In tale contesto l’aborto, indebitamente presentato come diritto, viene sempre più banalizzato, anche mediante il ricorso a farmaci abortivi o “del giorno dopo” facilmente reperibili». Va detto che, proprio su questo aspetto, le dichiarazioni di Trump e Vance lasciano presagire un rafforzamento delle “libertà” dei trattamenti farmacologici.

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La politica piccola

La crisi antropologica, più volte evocata, sta sempre più mostrando i propri effetti in una politica “piccola”, asfittica e asfissiante, sempre più incapace della lungimiranza costruita sui pensieri lunghi e i valori grandi.

Non è un caso che proprio la violazione della vita, in ogni sua forma, ne sia un esempio emblematico: la coscienza del valore intangibile della vita, attraverso cui la persona umana esercita la propria libertà, è ormai ampiamente disattesa. Per non parlare della consapevolezza che la vita è un dono, e come tale indisponibile, se non per farne dono a propria volta.

Una politica che non rispetta e non promuove i diritti fondamentali della persona tradisce la propria stessa vocazione, in cambio del potere ad ogni costo e al prezzo di abusi e ingiustizie. Il ritorno alle origini della politica, alla convinzione che l’autentico esercizio della libertà sia, oltre che un diritto, un dovere di partecipazione, non può che passare attraverso il recupero di un pieno rispetto della vita e della dignità della persona integrale. C’è il rischio che, dopo l’ampio numero di cittadini senza politica, si possa realizzare una politica senza cittadini.

La sistematica violazione della vita sta già colpendo le fasce più vulnerabili della popolazione: bambini nel grembo materno, malati, stranieri. La si dice vita “indegna di essere vissuta”. Non è difficile immaginare che presto altri gruppi si aggiungeranno alla lista degli indesiderabili: anziani, disabili, portatori di handicap, persone senza dimora, minoranze etniche, per non parlare di nemici in guerra e detenuti.

«Chi è il male minore, quella Signora o quel Signore?», si domanda papa Francesco a proposito di Kamala Harris e Donald Trump: due politici minuscoli resi incomprensibilmente maiuscoli, almeno nelle iniziali, nella trascrizione ufficiale della conferenza stampa. Secondo le parole del Papa, da un lato si trova «una cosa brutta, è cattiveria», dall’altro un «assassinio». Le considerazioni di ognuno su quale sia fra questi il male minore si consumano in tale scelta. Che ha tutta l’aria di essere una nuova strofa del celebre sermone di Niemöller.

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