Haiti e quel cielo che non si vede oltre le montagne

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Dèyè mòn gen mòn, recita un proverbio haitiano in lingua creola. Oltre le montagne ci sono altre montagne. Perché Haiti non può neppure contare sull’attenzione della comunità internazionale, sconfitta nella lotta per accaparrarsi un lembo di una copertura mediatica sempre più corta.

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Se vogliamo intendere le montagne come simbolo delle difficoltà, la prospettiva è senza speranza. Un’immagine che ben rappresenta la disperazione di un popolo che nei secoli ha affrontato l’erta del colonialismo e dello schiavismo, della miseria e della fame, della violenza endemica, della subdola contrapposizione religiosa, di disastri naturali devastanti, come il terremoto del 2010, il secondo più distruttivo mai registrato nella storia. Una storia che finora ha relegato Haiti al 153° posto dei 177 Paesi classificati secondo l’Indice di sviluppo umano.

Davvero, ad Haiti, dietro ogni montagna sembrano esserci solo altre montagne, e nell’eco di ogni grido soltanto altra sofferenza. L’ultima in ordine di tempo, in questo triste panorama, è il conflitto che almeno da 3 anni sta insanguinando e dissanguando il Paese e i suoi quasi 12 milioni di abitanti, oltre la metà dei quali ha meno di 25 anni.

Il 7 luglio 2021 l’assassinio del presidente Jovenel Moïse ha condannato Haiti alla violenza armata delle bande criminali che si contendono il territorio uccidendo, stuprando e affamando la popolazione.

Organizzata criminalità

A tutti gli effetti, una sommossa su larga scala di gang precedentemente rivali, che hanno unito le forze per rovesciare lo Stato e pretendere di attestarsi come insorti politici sullo scenario internazionale. Haiti non può neppure contare sull’attenzione della comunità internazionale, sconfitta nella lotta per accaparrarsi un lembo di una copertura mediatica sempre più corta.

Accanto ai numerosi obiettivi civili, come sedi delle istituzioni, ospedali e aeroporti, ormai non ci si trattiene dal colpire anche luoghi rappresentativi della Chiesa cattolica, maggioritaria nel Paese e fragile argine alle derive più violente.

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La fede rimane motivo di speranza, anche ad Haiti. Se il cielo è simbolo di trascendenza in tutte le religioni e in tutte le culture, allora il monte non è solo tribolazione, ma anche la strada per giungere in alto. Nella Bibbia, le montagne inamovibili acquistano un dinamismo inedito: Moria e Sion sono per eccellenza i monti dell’incontro dell’uomo con Dio, come il Sinai e il Tabor sono il luogo della Sua manifestazione e il Monte delle Beatitudini il punto di osservazione di un modo nuovo di guardare all’esistenza.

La prospettiva oltre il Calvario

Parlare oggi per Haiti di emancipazione dall’imperialismo delle multinazionali, rinnovamento in senso democratico, sostenibilità sociale e ambientale, rilancio dell’economia rurale è velleitario e utopistico. Oscurati dalla ferocia, si scorge solo il profilo del Calvario, il “monte del cranio”. Che, però, resta il teatro dell’innalzamento cruento prima dell’ascensione gloriosa, il luogo del sacrificio della Nuova Alleanza siglata fra Dio e l’uomo. Autentica liberazione che riassume in sé tutta la tensione verso l’alto cui uomo abbia mai aspirato.

Nella foto di testata: una donna piange l’assassinio dei membri della sua famiglia da parte delle gang durante una protesta contro l’insicurezza a Port-au-Prince, Haiti, il 25 agosto 2023. © Odelyn Joseph, AP.

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