La parola d’ordine di Francesco al Sant’Uffizio: coerenza

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Per il Vaticano II i sacerdoti «sono consacrati per predicare il Vangelo, essere i pastori fedeli e celebrare il culto divino». Francesco ci ha aggiunto l’essere coraggiosi, capaci di ascoltare, umili e in relazione costante con Dio, con i confratelli e con il gregge. Ma soprattutto coerenti e senza dubbio maschi. Che in tempi di gender e di incoerenza, non è poca cosa.

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A chiarire – una volta per tutte, è l’auspicio – questo aspetto ha pensato pochi giorni fa mons. Luis Ladaria, prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, che ha ribadito il carattere definitivo della Lettera apostolica di Giovanni Paolo II Ordinatio sacerdotalis, pubblicata nel 1994: soltanto gli uomini possono legittimamente essere ordinati sacerdoti. Nessun «dubbio», quindi, e nessuna «voce» contraria sono ammissibili, in special modo quelle sorte ultimamente «in alcuni Paesi». Al tempo stesso, si sottolinea, «la differenza di funzioni tra l’uomo e la donna non porta con sé nessuna subordinazione, ma un arricchimento mutuo». Questione, innanzitutto, di coerenza, tenendo conto di come «Cristo ha voluto conferire questo sacramento ai dodici apostoli, tutti uomini, che, a loro volta, lo hanno comunicato ad altri uomini. La Chiesa si è riconosciuta sempre vincolata a questa decisione del Signore».

Coerenza, che da tempo è anche la parola d’ordine di Francesco. Anzitutto nel ministero sacerdotale, sempre più spesso sporcato da omosessualità e pedofilia, con punte eclatanti – ma purtroppo non isolate – in Cile e con pesanti ricadute sulla credibilità dell’intera Chiesa e sulla sua capacità di far presa sui fedeli, o supposti tali. Da questo punto di vista, la recente lezione irlandese sullo sdoganamento dell’aborto è tristemente magistrale.

Anche rispetto all’omosessualità dei candidati al sacerdozio, un recente intervento di Francesco ha fatto discutere. Nessuna novità, a dire il vero, solo un richiamo alla tradizione che già fu condivisa da Giovanni Paolo II e Benedetto XVI e chiaramente esposta, fra gli altri documenti, anche in una breve Istruzione della Congregazione per l’educazione cattolica datata 2005. «Nel dubbio, meglio che non entrino» nei seminari, ha ricordato Francesco ai vescovi in un discorso sfuggito alle “porte chiuse” della 71a assemblea generale della Conferenza episcopale italiana. Anche in questo caso una questione di coerenza, prima di tutto con il celibato, ma anche un investimento di credibilità per il futuro della Chiesa, che potrebbe ridimensionare anche la piaga del “fare lobby”: «di questa tendenza [omosessuale] o d’affari, lobby dei politici, lobby dei massoni, tante lobby… questo è il problema più grave», come aveva spiegato lo stesso Francesco in una celebre intervista rilasciata a pochi mesi dall’inizio del suo pontificato.

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Esiste, poi, una coerenza rispetto al Mistero eucaristico. Anche in questo caso, negli ultimi giorni il Pontefice ha chiaramente preso le distanze da quella che lui stesso ha definito una «foga di correre in avanti», dando parere negativo sulla cosiddetta “intercomunione”, vale a dire la possibilità del coniuge protestante di un cattolico di accedere validamente all’Eucaristia. Una bocciatura, di nuovo in concerto con il prefetto Ladaria, che di fatto si oppone al via libera giunto lo scorso inverno dalla quasi totalità dei membri della Conferenza episcopale tedesca (ad opporsi, allora, erano stati solo in sette) e dal suo presidente, il card. Reinhard Marx. A conferma di come il cardinale tedesco e Francesco ultimamente non si trovino spesso dalla stessa parte della barricata.

Verità e coerenza, comunque, non riguardano di certo soltanto i sacerdoti. A chiarirlo, due giorni fa, è stato lo stesso Pontefice, di fronte alla delegazione del Premio di giornalismo “Biagio Agnes”. «Tutti sappiamo – ha spiegato Francesco – che un giornalista è chiamato a scrivere ciò che pensa, ciò che corrisponde alla sua consapevole e responsabile comprensione di un evento. È necessario essere molto esigenti con sé stessi per non cadere nella trappola delle logiche di contrapposizione per interessi o per ideologie».

E che dire quando alla contraddizione sacerdotale si combina l’incoerenza comunicativa? Una miscela esplosiva, che espone al rischio di ritrovarsi come vasi di terracotta fra vasi di ferro. Un’immagine valida per il singolo sacerdote, ma anche per la Chiesa intera.

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