Al Popolo di Dio pellegrino in Cile: l’attualità e la Tradizione

Leggi in 4 minuti

La lunga lettera indirizzata da Francesco «al Popolo di Dio pellegrino in Cile» è di stretta attualità, eppure ha radici antiche. Che guardano a Clemente I, san Paolo e allo spirito dimenticato del Cristianesimo. Che sarebbe utile riscoprire.

+++

Da un lato omosessualità, abusi sessuali e illustri coperture. Dall’altro la grande e antica tradizione della Chiesa, da san Paolo a Clemente I. È una lettera che si muove fra attualità e storia quella indirizzata da Francesco «al Popolo di Dio pellegrino in Cile».

Un popolo in cammino al fianco della parte più sana della propria Chiesa, pur fra numerose insidie, e investito di una specifica missione lungo la strada. «Il santo popolo fedele di Dio è unto con la grazia dello Spirito Santo – ricorda il Papa nella lettera – perciò nell’ora di riflettere, pensare, valutare, discernere, dobbiamo fare molta attenzione a questa unzione. Ogni volta che, come Chiesa, in quanto pastori, consacrati, abbiamo dimenticato questa certezza abbiamo sbagliato strada».

La dimensione di “popolo in viaggio” appartiene alla storia del Cristianesimo. Risale al 95 d.C. uno dei testi più celebri e dibattuti in questo senso. Scritta in lingua greca e attribuita all’allora pontefice, si tratta della Prima lettera di Clemente ai Corinzi. Il suo indirizzo è illuminante: «La Chiesa di Dio esule a Roma alla Chiesa di Dio esule a Corinto». Esule, appunto, ma sarebbe forse più corretto dire “che-vive-da-straniera”. Pellegrina, come verrà definita pochi anni dopo in un’altra lettera, quella indirizzata dal vescovo Policarpo e dai presbiteri di Smirne alla Chiesa di Filippi.

In entrambi i documenti è predominante una concezione al tempo ben presente ad ogni comunità cristiana: essere stranieri nel mondo. «Vivono nella loro patria, ma come forestieri; partecipano a tutto come cittadini e da tutto sono distaccati come stranieri. Ogni patria straniera è patria loro, e ogni patria è straniera. Si sposano come tutti e generano figli, ma non gettano i neonati». Sono queste le caratteristiche dei cristiani del II secolo, per come le riassume la celebre Epistola a Diogneto. Pellegrini che vivono ai margini degli interessi materiali e delle logiche di potere terrene, quegli «abusi del potere» più volte evocati anche da Francesco nella sua lettera al popolo cileno. Non una mistica “fuga verso i cieli”, ma la consapevolezza di un’appartenenza che non può mai essere totale rispetto a questo mondo.

Leggi anche:  Le due porte di Magritte. Quando la Chiesa imbocca quella del mondo

Quanto sopravvive, in noi cristiani di oggi, di un tale spirito? Eppure proprio un simile atteggiamento potrebbe rivelarsi prezioso per affrontare gli inevitabili scandali. Senza giustificazioni e tanto meno connivenze, ma anche senza per essi compromettere la propria fede. Cristiani maturi, «persone maggiorenni, spiritualmente adulte», come le definisce Francesco, che, senza per questo essere prive di una sana e santa fanciullezza, abbiano il coraggio di dire «“questo mi piace”, “questo cammino mi sembra sia quello che dobbiamo percorrere”, “questo non va”».

Un secondo passaggio accosta esplicitamente la lettera di Francesco alla tradizione della Chiesa. «Una Chiesa piagata non si mette al centro, non si crede perfetta, non cerca di coprire o dissimulare il suo male, ma mette lì l’unico che può guarire le ferite e ha un nome: Gesù Cristo. Questa certezza è quella che ci muoverà a cercare, in maniera opportuna o importuna, l’impegno per produrre una cultura in cui ogni persona abbia diritto a respirare un’aria libera da ogni genere di abusi».

Il celebre opportune et importune di san Paolo acquista qui una dimensione nuova. Parlare di Dio, nel mondo odierno, significa anche dedicarsi concretamente ad instaurare «una cultura libera da occultamenti che finiscono col viziare tutte le nostre relazioni. Una cultura che, di fronte al peccato, genera una dinamica di pentimento, di misericordia e perdono, e di fronte al crimine la denuncia, il giudizio e la sanzione». Un dovere che impegna la Chiesa gerarchica tanto quanto ogni cristiano. E che dire del mondo politico?

Restiamo in contatto

Iscriviti alla newsletter per aggiornamenti sui nuovi contenuti

© La riproduzione integrale degli articoli richiede il consenso scritto dell'autore.

Sostieni Caffestoria.it


Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Skip to content