Imam al-Tayyib dal Papa. Con qualche ombra

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Grande imam di al-Azhar, considerato un sunnita moderato, oppositore dei Fratelli mussulmani e dell’Isis, ma anche nemico del sionismo, al-Tayyib attaccò più volte Benedetto XVI – non solo dopo Ratisbona – e auspicò la crocifissione dei terroristi.

Salutata come un’occasione di distensione dopo le frizioni degli scorsi anni, l’ottimismo mediatico sorto attorno all’incontro previsto per oggi fra papa Francesco e il Grande imam di al-Azhar, Ahmad al-Tayyib, non deve però far dimenticare le tante ombre ancora presenti attorno alla figura del religioso.

Personaggio complesso, al-Tayyib. Sostenitore dell’islam tradizionale e shaykh del più prestigioso ateneo dell’islam sunnita, l’imam figura tra gli oppositori dei Fratelli musulmani e nelle complesse fasi politiche dell’Egitto giocò un ruolo chiave nella mediazione fra il deposto presidente Muhammad Morsi, gli stessi Fratelli musulmani e i loro oppositori politici. Ritenuto un importante alleato nella lotta al terrorismo islamico, nel febbraio 2015 al-Tayyib giunse ad auspicare la crocifissione per i terroristi dell’Isis.

I rapporti al-Tayyib con la Chiesa cattolica non sono sempre stati facili. Vicino alla Comunità di Sant’Egidio, i più ricordano che i rapporti con la Chiesa si fecero estremamente difficili dal 2006, anno del celebre discorso di Ratisbona pronunciato da Benedetto XVI ed interpretato da una parte del mondo islamico come offensivo, in particolare per la citazione di uno scritto sulla guerra santa dell’imperatore bizantino Manuele II Paleologo. Alle parole di Benedetto XVI seguirono proteste di numerose autorità civili e religiose islamiche, fra le quali al-Tayyib, oltre a numerose proteste di piazza, assalti a diversi luoghi di culto cristiani e l’assassinio di suor Leonella Sgorbati, da molti anni in missione a Mogadiscio.

In realtà quella di Ratisbona non è che la più nota fra le cause di attrito con Roma. All’inizio del 2011 al-Tayyib definì le parole di condanna di Benedetto XVI per l’attentato contro una chiesa copta ad Alessandria d’Egitto come un «intervento inaccettabile negli affari» del Paese, biasimando l’allora pontefice per non aver manifestato eguale cordoglio per i musulmani uccisi in Iraq.

Difficili i rapporti anche con il mondo ebraico. Se nel 2002 al-Tayyib aveva sostenuto che «la soluzione al terrorismo israeliano sta nella proliferazione degli attacchi fidai (attacchi di martirio, NdR) che terrorizzino i cuori dei nemici di Allah», le dichiarazioni certo non si ammorbidirono negli anni seguenti, tanto che lo scorso anno al-Tayyib annullò – di propria iniziativa, si disse – il suo intervento al Parlamento italiano, caldeggiato dal presidente della Camera, Laura Boldrini. Pochi giorni prima, in una sua predica del venerdì, al-Tayyib aveva invocato l’unità del mondo islamico contro il «comune nemico sionista», attribuendo la responsabilità della crisi in atto in Medioriente allo stesso sionismo e al neo-colonialismo occidentale.

Difficile immaginare che anche questi argomenti non emergeranno all’interno di quel dialogo franco più volte auspicato da papa Francesco.

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