Eutanasia? La classe politica è già morta

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Se mai fosse servita un’altra prova a dimostrazione della pessima stagione politica – bipartisan – che stiamo vivendo, è arrivato il codardo pasticcio in tema di eutanasia cui abbiamo assistito nelle ultime settimane.

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Dante li avrebbe condannati ai supplizi degli ignavi, la storia d’Italia condanna noi a sopportarne la presenza in Parlamento. Gli unici a distinguersi – destinati, secondo le diverse convinzioni, al paradiso o all’inferno elettorale, ma almeno destinati a qualcosa – un manipolo di deputati cattolici, come rilanciato anche da queste pagine quasi due mesi fa.

Anche a loro si devono le due prese di posizione giunte dalla Chiesa in Italia e dal Papa in tema di fine vita. Erano stati loro, uomini e donne di diversi schieramenti, infatti, a sollecitare un intervento della Conferenza Episcopale Italiana, indirizzando una lettera aperta al card. Gualtiero Bassetti, suo presidente. Obiettivo: ricevere dalla Chiesa cattolica un indirizzo chiaro su un tema che appartiene alla sfera della bioetica. E che il rispetto della vita sia «un principio inderogabile» ha ribadito un paio di settimane fa il card. Bassetti, allargando lo sguardo anche alla revisione della legge sul testamento biologico, la 219, «laddove comprende la nutrizione e l’idratazione assistite nel novero dei trattamenti sanitari, che, in quanto tali, possono essere sospesi». Da rafforzare, invece, l’obiezione di coscienza e il ricorso alle cure palliative.

Passano pochi giorni e, nel silenzio della politica, a prendere posizione è papa Francesco, senza falsi pudori di fronte a quello che può e deve essere un impegno dei cattolici in politica. «Respingere la tentazione – indotta anche da mutamenti legislativi – di usare la medicina per assecondare una possibile volontà di morte del malato», ha detto il Pontefice ai rappresentanti della Federazione nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi e degli Odontoiatri. «Si tratta di strade sbrigative di fronte a scelte che non sono, come potrebbero sembrare, espressione di libertà della persona». Di più, «non esiste un diritto a disporre arbitrariamente della propria vita, per cui nessun medico può farsi tutore esecutivo di un diritto inesistente».

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Pur non sottovalutando la comprensibile sofferenza di molti malati, alla radice di numerose rivendicazioni ideologiche sta la tentazione dell’uomo di ergersi a dio di se stesso, con l’inevitabile affermazione della cultura dello scarto. La stessa denunciata con forza ieri da Francesco, parlando in udienza ai giornalisti dell’Ucsi. «Una persona muore assiderata per la strada, e non fa notizia; la Borsa ribassa di due punti, e tutte le agenzie ne parlano», ha detto il Papa. Aggiungendo a braccio: «Qualcosa non funziona: non raccontare favole, ma cose reali».

È atteso per oggi il pronunciamento della Consulta sulla costituzionalità o meno delle norme che puniscono l’aiuto al suicidio assistito, vale a dire esattamente quanto politici cattolici e Chiesa intendevano evitare. Il finale sembra, infatti, già scritto. Non rimane che interrogarsi sul silenzio della politica. Colpa del periodo estivo o della crisi di governo? Non sembra, anche tenendo conto che molto – troppo – è stato detto e fatto anche in piena stagione balneare. Desiderio, allora, di non prendere posizione in un tema spinoso, finendo inevitabilmente con lo scontentare la base oppure (il distratto, va detto) elettorato cattolico e la Chiesa, la cui sponda è cara al premier Conte (e al PD)? Ciò che importa è che il legislatore, una volta di più, ha abdicato al proprio compito. Non se ne abbiano a male se qualcuno si domanderà a cosa serve un governo. Anzi due.

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