La presenza della Santa Sede ad Expo 2015, unica nello scenario dell’Esposizione milanese, assume i connotati della denuncia e della proposta rispettivamente attraverso le fotografie e i filmati che compaiono sulle pareti del Padiglione vaticano. Con Cristo al centro.
Alle quasi duecento fotografie che compaiono sulla parete sinistra del Padiglione Expo della Santa Sede ĆØ affidato il messaggio di denuncia di una situazione globale sempre più intollerabile. Una Ā«globalizzazione dell’indifferenzaĀ» sulla quale più volte si ĆØ soffermato papa Francesco, resa qui attraverso stampe e proiezioni disposte ad onda ed organizzate in tre nuclei fondamentali: conflitto, disequilibrio e de-creazione. Nella volontĆ di ampliare lo sguardo al di lĆ dei significati più immediati dei concetti trattati, nelle fotografie non compaiono soltanto scene di guerra, denutrizione o inquinamento, ma trovano spazio anche le piaghe del cosiddetto “mondo libero”, dal gioco d’azzardo all’alcolismo, dalla solitudine all’invisibile povertĆ delle metropoli. A rendere ancora più concreta la composizione sono i volti di persone reali, i visi di quella Ā«carne di CristoĀ» segnata da criticitĆ tutt’altro che teoriche.
DifficoltĆ concrete, alle quali la Chiesa ĆØ chiamata a rispondere altrettanto concretamente, su un duplice piano: materiale e spirituale. Al primo ĆØ dedicata la parete destra del Padiglione, sulla quale vengono proiettati a ripetizione tre video che mostrano, con riprese sul campo e senza l’impiego di attori, altrettanti progetti gestiti dalla Chiesa in aree sensibili del globo, ognuno accompagnato da brevi stralci dei discorsi di papa Francesco. A dare il senso di questi interventi materiali ĆØ però la parete di fondo del Padiglione, cui ĆØ affidato il messaggio spirituale alla base anche della presenza della Santa Sede ad Expo.
Proprio perchĆ© Ā«la Chiesa non ĆØ una ONGĀ» ā ma lo diviene se sottovaluta l’ineludibile centralitĆ di Cristo ā ad unire idealmente e concretamente problemi e soluzioni, sulla parete di fondo del Padiglione ĆØ posta la figura di Gesù, raffigurato nell’Ultima cena (del Tintoretto, sino alla fine di agosto; di Rubens, per i restanti tre mesi dell’Esposizione milanese), incarnazione dell’amore senza riserve, dell’impegno in prima persona con la propria vita, del senso di unitĆ e comunitĆ . Ć questo l’elemento cardine del Cristianesimo e dell’impegno cristiano nel mondo, che fornisce motivo e ragion d’essere alle soluzioni proposte nei video.
Il primo filmato, in ideale simmetria con il nucleo fotografico dei conflitti sulla parete opposta, ĆØ intitolato Rinfrancatevi il cuore (Refresh your heart) ed ĆØ stato girato in un campo profughi di Erbil, nel Curdistan iracheno. Nel campo hanno trovato rifugio persone di diversa religione, prevalentemente cristiani e musulmani, in fuga dalla violenza dell’Isis. La Chiesa ĆØ presente in questa realtĆ di dolore e speranza con Catholic Near East Welfare Association (CNEWA), agenzia della Santa Sede fondata da Pio XI nel 1926 per portare aiuto alle Chiese del Vicino Oriente. Nei suoi quasi 5 minuti, il video mostra la vita nel campo, il lavoro degli operatori sanitari, il gioco dei bimbi, la muta solerzia degli anziani, la prosecuzione della vita tramite l’amministrazione di un battesimo. Molte sono infatti nel campo le nuove vite che vengono alla luce, e molti i bambini che nascono da donne che hanno subito violenza sessuale. Alcuni di essi vengono affidati a giovani coppie, che li accolgono come figli propri.
In Un boccone di pane (A piece of bread) ci ĆØ offerto lo stridente disequilibrio fra l’opulenza degli ipermercati e dello spreco alimentare e la vita affamata di cibo, ma ricca di dignitĆ , dei quartieri poveri di Santiago de Guayaquil, la Perla del Pacifico, in Ecuador. La gioia dei bimbi, la dolcezza della vita nascente, l’amore familiare fanno da contraltare ai sacchi neri che fagocitano cucchiaiate di cibo e brandelli di vita altrui. Il progetto del locale banco alimentare (Banco de alimentos DiakonĆa) ĆØ gestito dalla Fondazione “Populorum Progressio” per l’America Latina, eretta da Giovanni Paolo II il 13 febbraio 1992.
L’ultimo dei tre video, Un po’ d’acqua (A little water), ci porta nelle terre assetate del Sahel, nell’Africa sub-sahariana, e in particolare in Burkina Faso, vittima ed emblema della de-creazione. Il progetto presentato, la costruzione di pozzi e canali di irrigazione, ĆØ gestito dalla Fondazione Giovanni Paolo II per il Sahel. Questo ĆØ forse il video dove il particolare senso di aiuto e insegnamento presente in tutti i filmati, reciproco e mai unidirezionale, ĆØ reso più esplicito grazie all’immagine del soccorso offerto da una donna locale al veicolo dei tecnici venuti ad occuparsi del progetto, rimasto all’asciutto. Un aiuto che si fa scambio, una caritĆ che diviene solidarietĆ , per una beneficenza che non ĆØ soltanto verticale, dal ricco al povero, dal supposto progredito all’arretrato, bensƬ orizzontale, in un’ottica di arricchimento reciproco, non solo materiale.
Art director dei tre video ĆØ Lia Beltrami, mentre il film editing ĆØ stato affidato a Simona Paggi, giĆ vincitrice di un David di Donatello per Il ladro di bambini e nominata nel 1999 agli Academy Awards per il montaggio del film La vita ĆØ bella.
Nell’immagine: un fotogramma del video Un boccone di pane in proiezione nel Padiglione della Santa Sede ad Expo Milano 2015.
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Il Sismografo
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