Lo strano destino della Santa Sede, fra Stati Uniti, Polonia e Venezuela

Leggi in 4 minuti

Padiglione caldo, il numero 403. Ad Astana il caso – ammesso che esista – ha giocato un tiro alla Santa Sede, vicina di casa degli Usa in uno dei momenti di maggior distanza in tema di ambiente (e non solo). Ma anche con gli altri vicini, per tutt’altre ragioni, i motivi di attrito non mancano.

+++

“Qual è la sorgente di energia infinita? Noi siamo quella sorgente”. Può essere riassunto così il tema centrale del padiglione degli Stati Uniti all’Expo 2017 in corso ad Astana, in Kazakistan. Un po’ solidale e un po’ scontato, a conti fatti innocuo, è un assist alla presidenza Trump, che a livello internazionale non brilla certo in fatto di attenzione all’ambiente e alle energie rinnovabili. Un risultato doppiamente fortunato, data la vicinanza al padiglione della Santa Sede, che con il pontificato di Francesco è invece fra le realtà più impegnate nella salvaguardia della “casa comune”. Almeno ad Astana, insomma, nessun attrito. Tanto più che quasi tutti sembrano anche essersi dimenticati della “Kazakhstan connection”, lo scandalo che minaccia di esplodere dallo scorso anno, legando gli interessi di Trump a fumose vicende di corruzione e potere in salsa kazaka. Altro argomento sul quale la Santa Sede non fa sconti. Qualcuno, però, si schiera ancora con Trump. È il caso del presidente kazako Nazarbaev, che lo scorso gennaio ha invitato ufficialmente Trump ad intervenire all’Expo come “Honored Guest” in veste di rappresentante di una nazione leader nel campo delle energie alternative. Nessuna risposta dalla Casa Bianca. L’argomento non dev’essere fra i più congeniali al nuovo Commander-in-chief.

Anche con altri due vicini di casa – pardon, di padiglione – la Santa Sede sta però vivendo momenti burrascosi: Polonia e Venezuela. Con la prima, Paese cattolico per antonomasia e non soltanto dall’era Wojtyła, la distanza si è già consumata in tema di immigrazione, con il presidente Andrzej Duda che insieme a buona parte dell’opinione pubblica polacca sembra ben deciso a mantenere la linea dura in fatto di accoglienza (e non). A complicare le cose sul piano ecclesiale, la recente presa di posizione della Conferenza episcopale polacca, che ha sostanzialmente rispedito al mittente – chiunque sia – ogni presunta novazione in materia di comunione ai divorziati risposati contenuta nell’Amoris laetitia. Nel padiglione polacco di Astana si parla di “Creative people, smart energy”. In campo teologico, però, la creatività non sempre è un valore.

Leggi anche:  Le due porte di Magritte. Quando la Chiesa imbocca quella del mondo

Criticità e grande attenzione da parte della Chiesa anche per il Venezuela. Lo scorso 12 giugno Nicolás Maduro ha scritto una lettera a Francesco nella quale chiede il suo intervento per fermare quelle che definisce «azioni di violenza terrorista» condotte dall’opposizione. La missiva rappresenta la prima reazione formale del governo sudamericano dopo l’udienza concessa dal Pontefice ai vescovi venezuelani lo scorso 8 giugno. Fra violenze, arresti e appelli incrociati, la situazione non accenna a migliorare, mentre cresce l’attesa degli sviluppi dell’incontro fra il segretario di Stato Parolin e una delegazione di sostenitori dell’Iniziativa democratica per la Spagna e le Americhe (IDEA). Intanto Maduro appare sempre più isolato. Il ministro degli esteri, Delcy Rodríguez, ha lasciato sbattendo la porta l’assemblea dell’Organizzazione degli Stati americani (Osa) che si è tenuta a Cancún, constatando il clima di opposizione al governo venezuelano, cui è seguita a breve distanza la rimozione del comandante della Guardia nazionale, Antonio Benavides Torres, travolto dalle responsabilità per la morte di un 17enne in uno dei recenti scontri. Nonostante tutto, lo scorso marzo Caracas ha avuto la sua esposizione “privata”, Expo Potencia 2017, che non ha mancato di suscitare polemiche per gli evidenti toni propagandistici che l’hanno caratterizzata. A due settimane dall’inizio della “vera” Expo di Astana, invece, la partecipazione del Venezuela è più che in dubbio. Collocato nel padiglione 403 – lo stesso di Santa Sede, Polonia, Stati Uniti, Bolivia e di alcune organizzazioni internazionali – il progetto sembra ormai definitivamente archiviato. Segno forse che l'”energia” di Maduro è agli sgoccioli.

Restiamo in contatto

Iscriviti alla newsletter per aggiornamenti sui nuovi contenuti

© La riproduzione integrale degli articoli richiede il consenso scritto dell'autore.

Sostieni Caffestoria.it


1 commento su “Lo strano destino della Santa Sede, fra Stati Uniti, Polonia e Venezuela”

Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Skip to content