Molti degli articoli che scrivo per questo blog nascono sui binari (per gli altri, gli orari e i luoghi meno opportuni vanno benissimo). Binari di treni e di tram, dell’alta velocità e di quella a passo d’uomo, con tutto ciò che ci corre (o quasi ci cammina) sopra: carrozze rumorose, vagoni deserti, vetture ordinate (rare), cubicoli stracolmi. I treni regalano concentrazione e ispirazioni, anche nei momenti più impensati. Quando si passa una parte del proprio tempo libero (poco) fra un binario e l’altro, è normale soffermarsi su dettagli che non si sarebbe mai pensato di notare. Prendi, ad esempio, la stazione di Milano Dateo e la storia dell’arciprete che c’è dietro.
«Nel nome di Cristo. 22 febbraio 787, tredicesimo anno del regno in Italia di Carlo e Pipino, eccellentissimi Re e Signori nostri. Dateo, arciprete della santa Chiesa milanese, figlio di un alto ufficiale regio, il defunto Domnatore, con l’aiuto della divina misericordia, vuole stabilmente fondare in questa città di Milano, presso la chiesa cattedrale, un brefotrofio come opera di santa carità cristiana». Inizia così, con il testamento dettato dall’arciprete Dateo al suddiacono Ansperto e controfirmato da un buon numero di testimoni, la storia dei brefotrofi in Europa. Quella fondata più di 1.200 anni or sono nel capoluogo lombardo è, infatti, la prima struttura in Occidente pensata per l’accoglienza dei neonati illegittimi o abbandonati dalle proprie madri. «Infatti le donne che hanno concepito in seguito a un adulterio – si legge ancora nel testamento di Dateo – perché la faccenda non si sappia in giro, uccidono i propri figli appena nati e così li mandano all’inferno senza il lavacro battesimale. Questo avviene perché non trovano un luogo dove possono conservarli in vita, tenendo nascosta nel contempo l’impura colpa del loro adulterio; allora li gettano nelle cloache, nei letamai e nei fiumi». Difficile non scorgervi i medesimi sintomi di una società e di una Chiesa ferite al pari di quelle dei nostri giorni, così come la stessa indifferenza per la vita.
Il brefotrofio voluto da Dateo è costruito in quella che è oggi via Silvio Pellico, a pochi passi dalla celebre Galleria Vittorio Emanuele II e dal Duomo. Della cattedrale, allora la basilica vetus di Santa Maria Maggiore, Dateo è in effetti arciprete, il primo, anzi, del quale ci giunge il nome. Figlio di un alto ufficiale di origine longobarda (margercarius), Dateo dispone di cospicui mezzi finanziari e di una certa influenza sociale, ma soprattutto di una fede votata all’altruismo. Nel brefotrofio della Cattedrale, Dateo vuole che i bambini siano ospitati per sette anni e che vi vengano battezzati, educati, sfamati, nonché provvisti di vestiti e calzature. Vi avrebbero anche imparato un mestiere, quello a loro più congeniale, perché a differenza degli altri esposti dell’epoca il loro destino non avrebbe dovuto essere quello della schiavitù. Accanto al brefotrofio, l’arciprete Dateo dispone anche l’erezione di una chiesa, quella di San Salvatore in Xenodochio, che serve da cappella alla struttura, oggi scomparsa perché demolita ad inizio ‘800 per far posto al Teatro Re.
L’istituzione del brefotrofio di Dateo rappresenta l’inizio della lunga e luminosa tradizione di altruismo religioso e sociale che avrebbe caratterizzato la storia di Milano per secoli e che trova nell’opera assistenziale a beneficio di Martinitt e Stelline – rispettivamente bambini e bambine orfani – una delle realizzazioni cittadine più riuscite e caratteristiche, la cui storia si intreccia anche a quella di san Carlo Borromeo.
Il contributo dell’arciprete alla città di Milano è ricordato nell’intitolazione di piazzale Dateo, fra corso Indipendenza e corso Plebisciti, presso il quale nel Novecento sorge il nuovo brefotrofio provinciale. Sotto al piazzale si trova oggi l’omonima stazione del passante ferroviario di Milano, nonché uno dei futuri interscambi della nuova linea metropolitana M4, attualmente in costruzione. Pagine di storia e spunti di riflessione che passano veloci sopra le nostre teste. E il viaggio è solo all’inizio.
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