La quinta “tesi Bergoglio” sulla politica

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Tempo, unità, realtà e tutto: i quattro pilastri della tesi del giovane Jorge Mario Bergoglio sono oggi uno stile di governo della Chiesa. Con un quinto, che potrebbe essere uno stile di governo dell’Italia.

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Esposti nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium e, in parte, ripresi in seguito nella Amoris laetitia, i quattro pilastri della tesi di dottorato del giovane Jorge Mario Bergoglio rappresentano da sei anni lo stile di Francesco nel governo della Chiesa: il tempo è superiore allo spazio, l’unità prevale sul conflitto, la realtà è più importante dell’idea, il tutto è superiore alla parte.

Le recenti vicende politiche, animate anche dai rimuginamenti mediatici su un possibile incontro fra il Pontefice e il leader della Lega Matteo Salvini, aggiungono ai quattro un quinto pilastro: lo spirituale viene prima della politica. È questo, in fondo, La primauté du spirituel (1927) del giovane Jacques Maritain, filosofo francese di ispirazione cattolica, e della sua opposizione al primato della politica sostenuto da Charles Maurras. Ma anche lo stile di due padri della democrazia italiana come Alcide De Gasperi e Aldo Moro, nel loro intendere e vivere la politica come servizio di carità, nel quale la laicità trova sicuro radicamento in una fede che spinge a declinare concretamente giustizia, libertà e pace, aprendo ad un progetto di solidarietà e di sviluppo umano integrale.

Una concezione della politica a più riprese espressa anche da Francesco, nel solco di Paolo VI. «Il Vangelo è un’espressione politica, perché tende alla polis, alla società, ad ogni persona in quanto appartiene alla società», avrebbe detto Francesco nel colloquio privato con un gruppo di Gesuiti incontrati a Panama in occasione della Giornata mondiale della gioventù dello scorso gennaio. «L’impegno politico per un religioso non significa militare in un partito politico. Il compito è quello di stare sopra le parti. Però non come chi se ne lava le mani, bensì come uno che accompagna le parti perché giungano a una maturazione, apportando il punto di vista della dottrina cristiana».

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Ancora più diretto il ruolo politico al quale sono chiamati i laici, in special modo cristiani. «Nessuno di noi può dire: “Ma io non c’entro in questo, loro governano”. No, no, io sono responsabile del loro governo e devo fare il meglio perché loro governino bene e devo fare il meglio partecipando nella politica come io posso», spiega Francesco nel 2013 da Santa Marta. «La politica – dice la Dottrina sociale della Chiesa – è una delle forme più alte della carità, perché è servire il bene comune. Io non posso lavarmi le mani». Una concezione della politica in seguito ripresa solennemente al n. 205 della Evangelii gaudium. «La politica, tanto denigrata, è una vocazione altissima, è una delle forme più preziose di carità, perché cerca il bene comune». Che non coincide con il bene di questa o di quella parte, ma dell’unità, secondo un altro dei pilastri cari a Bergoglio. «Essere un cattolico impegnato in politica non significa essere una recluta di alcun gruppo, organizzazione o partito, ma di vivere dentro un’amicizia, dentro una comunità, che si trasforma nel mondo come la Chiesa si avvicina alla tua vita», sottolinea il Pontefice lo scorso marzo, ricevendo in udienza un Gruppo della Pontificia commissione per l’America Latina. Anche per questo, come Francesco spiega ai membri della Comunità di vita cristiana (CVX), «un partito solo dei cattolici non serve e non avrà capacità convocatorie, perché farà quello per cui non è stato chiamato. Ma, un cattolico può fare politica? Deve!».

Alla base, le radici cristiane dell’Italia e dell’Europa. Le medesime che, come ha rivelato il Segretario di Stato, card. Parolin, papa Francesco richiamerà dalla Romania, in occasione del suo trentesimo viaggio apostolico, al via oggi e fino a domenica 2 giugno, proprio mentre in Italia si celebrerà la festa della Repubblica. «Quelli che sono i valori fondanti di questa Europa e anche le radici cristiane – ha ricordato il card. Parolin – perché questi valori (la dignità della persona, la solidarietà) trovano la loro fondazione più ferma proprio nel patrimonio cristiano di cui anche la Romania è portatrice». Gli stessi valori per i quali, per riprendere le parole del Papa, è già suonato più di «un campanello di allarme che avvisa del declino morale a cui si va incontro, se si continua a cedere alla cultura dello scarto».

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