Lo stadio di Abu Dhabi gremito di fedeli, una croce alta 10 metri e la devozione mariana, che tanto bene rappresenta le raccomandazioni del Papa ai cristiani che vivono in Paesi a maggioranza musulmana: niente liti, dispute o crociate. Una bella immagine, della quale molti vanno – giustamente – orgogliosi. Ma che è rifiutata in casa.
Circa 700 mila cattolici su una popolazione complessiva di quasi 10 milioni di abitanti. Una minoranza, ma che è sempre meno invisibile. La visita di Francesco negli emirati Arabi Uniti non è che la manifestazione più evidente di un contesto che vede una decina di parrocchie ricche di fedeli e una vitalità religiosa che in Europa sembra appartenere ormai al passato. Sono in molti a salutare con comprensibile orgoglio la vivacità del Cattolicesimo nel Golfo. Dimenticando, spesso, che si tratta di uno dei buoni frutti dell’immigrazione. I cattolici, al pari degli altri cristiani nel Paese, infatti sono quasi tutti lavoratori che provengono dall’estero.
In base agli ultimi dati diffusi dal Dipartimento per gli affari economici e sociali delle Nazioni Unite, gli Emirati Arabi Uniti figurano fra gli Stati a maggiore presenza di cittadini stranieri residenti: il 3,2% dell’intera quota mondiale di migranti, pari a più di 8 milioni di persone. Gli Emirati Arabi si collocano, così, al 6° posto mondiale per presenza di cittadini stranieri, superando Paesi sui quali l’attenzione mediatica – troppo spesso eurocentrica – è più concentrata: Francia (che accoglie il 3,1% dei migranti mondiali), Canada (3,1%), Australia (2,7%), Spagna (2,3%) e Italia (2,3% dei migranti globali). Gli Emirati Arabi Uniti si collocano anche al 7° posto al mondo per numero di visti rilasciati (oltre 38 mila, nel 2016).
Una comunità cristiana – quella formata per lo più da cittadini filippini e indiani – della quale ora si sta scoprendo la ricchezza, umana e spirituale. E non soltanto per gli Emirati Arabi, ma per l’intera Chiesa universale. Dimostrazione di come, fra le mille sofferenze e criticità delle migrazioni, queste sappiano produrre ottimi frutti. Anche in Italia, dove quasi il 60% degli immigrati è cristiano? Diffidenza, esclusione dai consigli pastorali, paternalismo e i posti in fondo alle chiese raccontano, forse, un’altra storia.
© La riproduzione integrale degli articoli richiede il consenso scritto dell'autore.