Spesso chi parla di droghe e di legalizzazione della cannabis lo fa «senza cognizione di causa. È una proposta scellerata, che avrà costi sociali elevatissimi. Anche Borsellino era contrario». Non ha dubbi Roberto Mineo, presidente del Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi (CeIS) di Roma, da 47 anni sul fronte delle dipendenze e visitato anche da papa Francesco per i “Venerdì della Misericordia”, lo scorso 26 febbraio. Parlando con Mineo, quello che emerge è uno scenario desolante, nel quale persone del mondo dello spettacolo, della giustizia, talvolta della medicina, amplificano il disegno di legge in discussione senza conoscerne interamente le implicazioni.
Semplici spinelli? Non più. La cannabis attualmente in circolazione è geneticamente modificata. «Il suo principio attivo risulta amplificato del 30, 40, anche 50% rispetto agli spinelli degli anni ’70 e ’80», spiega Mineo. E insieme al principio attivo, risultano amplificati i danni, soprattutto per i giovani. I primi che lo Stato dovrebbe tutelare.
«La cannabis è una droga a tutti gli effetti. L’articolo 32 della Costituzione italiana dice che la Repubblica tutela la salute come diritto. Se si intende legalizzare una droga come la cannabis, bisognerebbe prima abrogare questo articolo. Che si intenda farlo con l’ennesimo golpe mediatico?», prosegue Mineo. «Evidenze scientifiche e ricerche internazionali firmate da autorevoli neuroscienziati mettono nero su bianco i gravissimi danni provocati dalla cannabis, soprattutto al cervello. È poi dimostrato che la cannabis apre la porte dei nostri giovani all’uso di altri stupefacenti».
La lotta alla mafia sembra da anni la migliore freccia all’arco di quanti sono favorevoli alla legalizzazione della cannabis. Ma la legalizzazione della droga indebolirà davvero la criminalità organizzata? «È completamente falso. Le narco-mafie da tempo si stanno attrezzando in vista di un’eventuale proposta di legge che legalizzi la cannabis. Non è un caso che in Italia le coltivazioni di cannabis si siano espanse come mai prima d’ora, come dimostrano i recenti sequestri», rivela Mineo. «La criminalità organizzata sarà in grado di immettere sul mercato un prodotto meno costoso rispetto alla cannabis “di Stato”, grazie ai minori costi di lavorazione, e per giunta con un principio attivo più forte».
Lo stesso Borsellino aveva già messo in guardia da questo fenomeno. Interrogato da una studentessa in merito al contrasto alla mafia che deriverebbe dalla legalizzazione della cannabis, Borsellino precisò che si sarebbe ottenuto l’effetto opposto. «Questa è storia», precisa Mineo.
Cosa dire allora dei club che si ipotizzano per il consumo della cannabis? «Fumerie d’oppio dell’800», spiega sconsolato Mineo. «Finiranno sotto il controllo della criminalità organizzata, che ne trarrà anche un ulteriore strumento per ripulire denaro sporco. Non si valuta il problema a 360 gradi. Vogliamo davvero uno Stato spacciatore?».
«Ci sono altri modi per fare cassa», prosegue Mineo. Anche ipotizzando un aumento degli introiti dello Stato, i costi sociali della legalizzazione della cannabis sarebbero tanto elevati da azzerare, anche economicamente, ogni guadagno per lo Stato. Per non parlare dei cittadini, delle famiglie, dei giovani.
Cosa suggerisce l’esperienza internazionale? «Dopo la liberalizzazione, il Colorado sta facendo marcia indietro a grandi passi», spiega Mineo. «Gli studi effettuati dimostrano che il problema è più grande di quanto si pensava e i danni, come quelli alla memoria e l’aumento degli incidenti, più gravi».
Siamo pronti a mettere la nostra vita nelle mani di un chirurgo, di un conducente, di un pilota di aereo che ha appena assunto una droga? E di mettere i nostri figli nelle mani di uno Stato che lo rende legale?
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Segue comunicato del CeIS. Ricevo e pubblico.
«La cannabis, come tutte le droghe (compreso l’alcol) è il sintomo di un malessere individuale o sociale. Per questo concentrarsi sul sintomo tralasciando la causa è un atteggiamento piuttosto miope». È quanto afferma il presidente del Centro Italiano di Solidarietà don Mario Picchi, Roberto Mineo, mentre alla Camera dei Deputati si discute il disegno di legge sulla legalizzazione della cannabis. «Parlare ancora oggi di un “uso ricreativo” della cannabis – sottolinea Mineo – mostra una lontananza abissale dalla realtà; vengono in mente, con una certa tenerezza, gli spinelli degli anni ’70, le assemblee giovanili in cui si predicava l’emancipazione e la lotta di classe. L’invito a trattare il fenomeno dal punto di vista delle persone e non delle droghe non è recente. Perché nessuno ascolta i diretti interessanti: i giovani, gli operatori, le famiglie? Se si volesse mettere veramente al centro la “persona” – precisa ancora il presidente del CeIS – non si promuoverebbero normative come questa di cui stiamo parlando, ma iniziative volte alla presa in carico del grave problema sociale legato alle “dipendenze” (da sostanza o meno)».
Con i dati scientifici alla mano insieme all’esperienza del CeIS di quasi mezzo secolo, Mineo spiega che «la cannabis è una porta aperta per l’utilizzo di altre sostanze. Il 98% dei giovani che sono passati da noi hanno iniziato con la cannabis. Ecco la ragione per cui chiedo ai nostri parlamentari di analizzare il fenomeno nella sua complessità a 360 gradi e non pensando al riassetto economico e finanziario del nostro Paese o di parte di esso o a sconfiggere la narco-mafia. Le organizzazioni criminali, infatti, si stanno già organizzando per poter offrire sul mercato nero la cannabis con alta concentrazione di THC a un prezzo inferiore. Recentemente, infatti, sono stati scoperti numerosi appezzamenti di cannabis pronti al narcotraffico. Quali interessi ci sono dietro? Chi ne trae vantaggio? Invece di offrire un futuro migliore ai nostri giovani, si sta dando loro una pistola caricata a roulette russa. Chi si prenderà la responsabilità di tutto questo?».
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