Un’epoca che può forse sembrarci lontana, ma che la crisi economica ha drammaticamente ripresentato alla mente di molti, non solo nei ricordi, ma sempre più spesso nelle scelte di chi ā per lo più giovani ā oggi parte alla ricerca di nuove, vecchie, opportunitĆ fuori dal nostro Paese. Ć una lezione di come una tragedia di quasi 90 anni fa può ancora dirci qualcosa del nostro tempo.
Simone M. Varisco
Antonello da Messina: la tomba e la spazzatura
Sul luogo di sepoltura di Antonello da Messina, uno dei più grandi pittori del ‘400, il dibattito storico ĆØ ancora aperto. Di certo si sa solo che il luogo da lui stesso indicato per il suo riposo, il convento di Santa Maria del Gesù a Messina, ĆØ invaso dal degrado, fra vandali, ruderi, erbacce e spazzatura.
Il luogo – in origine bellissimo e oggi in attesa di un sempre più urgente intervento di messa in sicurezza – ĆØ indicato fra le disposizioni del testamento dell’artista, scoperto nel 1903. Ć questa indicazione ad aver condotto alcuni ad ipotizzare che il sito messinese oggi possa custodire le spoglie del pittore e non a Venezia, come sostenuto in precedenza. Analisi condotte dal CNR fra le strutture del sito, ancora non del tutto esplorate, con l’ausilio del geo-radar hanno permesso di confermare la presenza delle mura di un edificio sottostante e fra esse potrebbe esserci anche la cripta di Antonello.
Al di lĆ della tomba dell’artista, però, il sito ha molte altre cose da dire e da mostrare, in gran parte oggi celate a turisti e messinesi. La struttura religiosa, fra l’altro, ĆØ di notevole valore storico e religioso. Il luogo gode infatti del primato di più antico convento carmelitano in Europa e di essere stato il primo fondato da frati minori osservanti in Sicilia, edificato sopra un più antico sito di acque termali, di epoca romana. Ć lƬ che sorse, nel corso del XIII secolo, il convento, intitolato alla Madonna del Carmelo, per opera di frati carmelitani di ritorno dalle crociate di Terrasanta, in seguito alla pace raggiunta fra l’imperatore svevo Federico II e il sultano della controparte islamica.
Il convento passò di mano in mano nei secoli: alle suore del terz’ordine carmelitano prima (fino al 1360), a fra’ Matteo Gallo di Agrigento, seguace di San Bernardino da Siena, poi, che lo gestƬ fino al 1421. Lo stesso Antonello da Messina, terziario francescano, nel proprio testamento dispose di essere sepolto nel saio francescano e che, in polemica con un Chiesa che giudicava divenuta troppo mondana, al suo funerale non partecipasse il clero, nĆ© locale, nĆ© regolare.
Naturalmente quello del convento di Santa Maria del Gesù non ĆØ che uno dei numerosissimi monumenti di straordinario valore storico – ed economico, se posti in grado di accogliere turisti italiani e stranieri – non sfruttati, ma anzi abbandonati ad un colpevole stato di degrado e di consunzione. Cittadinanza e autoritĆ locali sono ora decise a porre rimedio all’immobilismo statale ed ĆØ stato predisposto un progetto di riqualificazione, con la partecipazione della cooperativa Trapper, della Soprintendenza e forse anche della facoltĆ di Archeologia dell’UniversitĆ di Messina, primo passo per la messa in sicurezza del luogo e per dare finalmente inizio agli scavi. A questo scopo ĆØ anche stata attivata anche una raccolta fondi (maggiori informazioni sul sito di Trapper onlus).
Nell’immagine: Antonello da Messina, Vergine Annunziata, 1476 c., Palermo, Palazzo Abatellis
La Spagna bella: Murillo, GaudĆ e l’arte per il popolo
La carenza di investimenti nel comparto della cultura e un mercato dell’arte orientato alle disponibilitĆ economiche dei nuovi ricchi del mondo sembrano delineare con chiarezza un quadro nel quale l’esclusione dei “poveri” – con o senza le virgolette – ĆØ palpabile. Eppure nella storia dell’arte le eccezioni sono numerose. Due, in particolare, ci vengono luminosissime dalla Spagna e il loro modello ĆØ in grado di dire molto più di fredde e ripetitive politiche sociali, in gran parte destinate a rimanere sulla carta.
Ć il caso dell’arte di BartolomĆ© Esteban PĆ©rez Murillo (1618-1682), fra le figure più importanti della pittura barocca spagnola. Nato a Siviglia, cittĆ nella quale trascorse gran parte della sua vita, Murillo visse in un periodo che per il Paese fu carico di ambivalenze. Se infatti per l’arte il Seicento fu un’etĆ dell’oro, fu un’epoca ben diversa per gran parte della popolazione: epidemie, carestie e fame avevano reso le cittĆ spagnole luoghi di diseredati e vagabondi.
Una situazione tragica che non fu estranea allo stesso Murillo. La condizione del suo popolo – al quale era legatissimo – e le traversie della sua stessa vita (rimase orfano in tenera etĆ e poi vedovo, con quattro figli sopravvissuti dei nove che ebbe dalla moglie) lo portarono a maturare una speciale sensibilitĆ per l’infanzia, che trovò nelle schiere di bambini mendicanti che affollavano le strade di Siviglia un destinatario privilegiato. Un’affezione in grado di trasparire con forza dalle sue opere, tanto nei soggetti quanto nelle tematiche trattate.
Un’attenzione agli ultimi che, unita ad una volontĆ fattiva, condusse Murillo a legarsi alla committenza di Don Justino de Neve, canonico della cattedrale di Siviglia e giĆ fondatore di santuari, opere pie e dell’Ospedale dei Venerabili per la cura dei sacerdoti anziani o invalidi. Legati da profonda amicizia personale, Murillo e de Neve condivisero la sensibilitĆ per la dignitĆ dei più poveri, che si espresse nel tentativo di sopperire tanto alle loro necessitĆ materiali quanto a quelle spirituali, culturali e – perchĆ© no – estetiche, nell’ottica di un’approccio alla persona intesa nella sua indivisibile integritĆ . Ad essi Murillo intese rivolgersi con la propria arte, recuperando una tradizione arte per il popolo, di bellezza ed elevazione antica di secoli e che aveva avuto con il popolo e i decori delle cattedrali di etĆ medievale una delle sue epoche auree.
Un testimone che possiamo dire raccolto due secoli dopo da Antoni GaudĆ (1852-1926). Massimo esponente del modernismo catalano, ma sostanzialmente personalitĆ unica e difficilmente collocabile in categorie rigide, GaudƬ mostra coincidenze sorprendenti con alcuni dei tratti più significativi di Esteban Murillo. Innanzitutto i forti legami con la sua terra natale, in questo caso la Catalogna; con la sua capitale, Barcellona; con la sua gente. La stessa che lo condurrĆ ad intraprendere un’impresa non più tentata da secoli: l’edificazione di una cattedrale. Il risultato ĆØ – sarĆ – il Tempio Espiatorio della Sacra Famiglia, fra le più note cattedrali del mondo, un nome che ĆØ un impegno programmatico, di un programma che prima di tutto fu per GaudƬ un progetto di vita.
La leggenda – vera – che circonda la Sagrada Familia ĆØ celebre: una basilica edificata in quella che era una periferia semi-deserta, una cattedrale costruita grazie alla mendicanza del suo architetto e alle offerte de los pobres, gli stessi poveri fra i quali morirĆ GaudƬ – povero come loro – all’ospedale della Santa Croce, investito da un tram tre giorni prima, mentre si recava all’oratorio di San Filippo Neri. Lo stesso oratorio nella cui cappella, pochi anni prima, Llimona i Bruguera aveva dipinto san Filippo nell’atto di celebrare l’Eucaristia e benedire i bambini con il volto canuto e barbuto dello stesso GaudƬ.
La Sagrada Familia, fiore all’occhiello dell’architetto catalano, opera della sua vita per un cliente che no tiene prisa – non ha fretta, come amava ricordare GaudƬ – ricca cattedrale dei poveri e per poveri. Non triste e dimessa, ma splendida e svettante. Lontana dal volersi far minima per i poveri, ĆØ resa grande per farli grandi assieme a sĆ© e per tutti contenerli, eppure celebrando al tempo stesso la NativitĆ , il farsi piccolo di Dio per eccellenza. Figlio di calderai, gli artigiani del rame, fu GaudƬ – e non la sua opera – a farsi piccolo nella Barcellona ambiziosa e avanguardista di inizio Novecento, arrivando a chiedere personalmente l’elemosina – Ā«un centesimo, per amore di DioĀ» – nelle strade della cittĆ che lo aveva reso incredibilmente famoso.
Attenzione ai poveri, ai bambini, alla famiglia, alla dignitĆ della persona integrale e una fede vissuta con coerente impegno fattivo accomunarono questi due grandi artisti. Una volontĆ che si espresse nel donare bellezza ai poveri – probabilmente non fra i beni più necessari, ma certo fra i più sottovalutati quando si pensa agli interventi di aiuto, in gran parte appiattiti sul mero piano economico – legò due fra i maggiori artisti del mondo e di Spagna. Una Spagna bella, che rende belli.
Nell’immagine: BartolomĆ© Esteban Murillo, Santa Famiglia con l’uccellino, 1632, Madrid, Museo del Prado.
Trekking urbano, slow touring, vagabonding: turismo e arte a passo d’uomo
C’ĆØ chi visita Roma in tre giorni e alla fine del tour si ĆØ fatto una cultura di sedili di bus e metropolitane. E c’ĆØ chi, anche nel turismo, si prende il suo tempo. Se obesitĆ e mal di stomaco sono figli della (non) cultura dei fast-food, confusione e vesciche ai piedi lo sono del “turismo rapido“, pratica diffusa e alla quale certo tutti, prima o poi, si ĆØ costretti per diverse ragioni: vacanze ridotte all’osso, lavoro o studio che premono sul poco tempo libero a disposizione. Ma ĆØ quando si scopre che non sempre – quasi mai – il “vedere tutto” ĆØ migliore del “vedere bene” che si approda in quella che una fantasia prevalentemente anglofona ha chiamato urban-trekking, slow touring, vagabonding, ma che rimane una pratica che trova in Italia una delle sue mete privilegiate e nella cultura italiana una delle più adatte e ricettive. Un turismo a passo d’uomo, un po’ figlio del ritmo del pellegrino medievale e un po’ della moderna sostenibilitĆ , nel quale sono la cittĆ e l’arte ad adattarsi ai ritmi umani e non il contrario.
Una buona notizia, che merita certamente di essere festeggiata e che infatti Siena, fra le cittĆ capofila di questa pratica di umanitĆ e arte, celebrerĆ dal 25 ottobre fino al 3 novembre. Ad essere ricordati saranno i dieci anni dell’iniziativa Trekking urbano, che coinvolge ormai 34 comuni italiani (pochi), con eventi che spazieranno dalla scoperta delle stanze segrete del Palazzo comunale, uno fra gli edifici più rappresentativi di un certo Medioevo italiano, al volo in mongolfiera sopra l’inconfondibile profilo della cittĆ toscana. Le opere dell’ingegno e del lavoro di Giovanni Pisano, Lippo Memmi, Sano di Pietro, Giovanni Antonio Bazzi detto “il Sodoma”, Lorenzo di Pietro “il Vecchietta”, Domenico e Rutilio Manetti si apriranno all’osservatore come una lunga corsa dal Trecento all’epoca moderna. Una corsa lenta, che ĆØ impossibile farsi scappare.
Nell’immagine: Siena, Torre dela Mangia.
Il Cristóbal fuggiasco
Il progetto era giĆ stato annunciato nella primavera scorsa, ma l’opposizione di una parte considerevole della popolazione ne aveva rimandato la messa in pratica. Una delle più famose statue d’Argentina, quella di Cristóbal Colón, il “nostro” Cristoforo Colombo, cambierĆ casa. Forse. Probabilmente. Collocata nel 1910 di fronte alla celebre Casa Rosada, sede della Presidenza della Repubblica a Buenos Aires, la statua dello scopritore delle Americhe (o delle Indie) dovrĆ cedere il posto d’onore a Juana Azurduy, eroina sudamericana dell’indipendenza di Argentina e Bolivia.
La decisione della presidentessa argentina Cristina Kirchner segue un analogo pronunciamento del 2009 del collega venezuelano Hugo Chavez. In quel caso a cadere fu il Colombo di Caracas, Ā«uno sterminatore peggio di HitlerĀ» – secondo quanto si può leggere nelle motivazioni – iniziatore del Ā«peggior genocidio della storiaĀ» (Ā«el jefe del genocidio mĆ”s grande que se recuerde en la historiaĀ»).
Anche se di toni più miti, le ragioni argentine non si discostano nelle interpretazioni da quelle del battagliero venezuelano e appaiono riconducibili alla necessitĆ di rompere con una lettura della storia sudamericana, ritenuta esclusivamente euro-centrica, e di inserirsi in un più ampio revisionismo, che fra le altre cose ha condotto a ribattezzare il 12 ottobre – un tempo ricordato come il giorno della scoperta dell’America – come il DĆa del Respeto a la Diversidad Cultural. A farne le spese la statua di Colombo, simbolo del Vecchio Mondo. Un mondo ritenuto ormai vecchio.
Va da sĆ© che ad opporsi al progetto di sostituzione, sin da subito, ĆØ stata la nutrita comunitĆ italiana latino-americana. La statua, realizzata in pregiato marmo di Carrara dallo scultore fiorentino Arnaldo Zocchi, ĆØ un dono della stessa comunitĆ di immigrati italiani e da sempre il simbolo del legame fra le due sponde dell’oceano. Un legame che però, a quanto pare, non evoca nella mente di tutti immagini positive.
I più maliziosi hanno voluto vedere nella decisione della presidentessa una rivalsa contro uno degli argentini recentemente divenuti più celebri, un certo ex-cardinale Bergoglio, fra i più noti esponenti di quella cultura di incontro, geografico e soprattutto culturale, fra Italia emigrante e Sudamerica. In pochi hanno creduto alla plateale riappacificazione fra la Kirchner e Bergoglio in seguito alla sua elezione a pontefice, ed ĆØ noto come le relazioni di Bergoglio con i coniugi Kirchner non siano mai state nĆ© buone nĆ© facili, avendo nell’approvazione delle unioni omosessuali nel Paese soltanto l’ultima delle numerose tappe di intenso attrito.
Ma della statua del “perfido” Cristóbal che ne sarĆ ? Nelle intenzioni del governo dovrebbe essere presto trasferita a Mar del Plata, rinomata – e modaiola – localitĆ di mare a 600 km da Buenos Aires. Se da lĆ Colombo non potrĆ scorgere Genova, per lo meno si godrĆ le feste in spiaggia. Un piccolo viaggio per lo scopritore delle Americhe.
Tutto risolto, dunque. Non proprio. In realtĆ , per il momento, la statua giace in fase di restauro sul retro della Casa Rosada. Un restauro che, complici anche l’opposizione della cittadinanza e di parte del mondo politico, si annuncia lungo. Esploratore, eroe o criminale, Cristoforo Colombo qualcosa ha insegnato: in caso di problemi, procrastinazione. Italia docet.