Greta, Saviano, Murgia. Incendio contro ambiente, incendio contro migranti. Dicotomie. E se, invece, fosse uno stesso disinteresse ideologico?
L’uomo vive di contrasti. In fondo, il dualismo “Like”-“Dislike” (“Mi piace”-“Non mi piace”), sul quale si regge una parte del web, ritrae con amara semplificazione l’incapacità di trovare almeno una filosofica via di mezzo, se non uno sguardo in grado di contemplare altro che non le immediate contingenze.
Lo dimostra l’ennesima serie di contrapposizioni sorte attorno all’incendio che ha colpito la cattedrale di Notre-Dame. Due, in particolare, meritano menzione, non fosse altro che per l’attenzione mediatica che hanno provato a ritagliarsi: incendio vs ambiente e incendio vs migranti.
La prima si deve alla voce dell’attivista Greta Thunberg, giovane protagonista di una favola “green” dalla trama ancora incerta. La ragazza, che sarà protagonista di alcuni appuntamenti romani, ha fatto precedere il suo arrivo nella Capitale da un riferimento al disastro che ha coinvolto la cattedrale parigina. «Il mondo ha assistito con orrore ed enorme dolore all’incendio di Notre-Dame ma questa sarà ricostruita», ha detto Greta, rivolgendosi agli europarlamentari europei. «Spero che le nostre fondamenta siano ancora più solide, ma temo non lo siano. La nostra casa sta crollando e il tempo stringe e niente sta succedendo. Bisogna pensare come se dovessimo costruire una cattedrale, vi prego di non fallire».
La seconda dicotomia si deve, invece, a due protagonisti della scena nostrana, Roberto Saviano e Michela Murgia. Per entrambi il riferimento è il medesimo: le tragedie umane connesse alle migrazioni attraverso il Mediterraneo. «Osservare il dolore dell’Europa e del mondo intero per le fiamme di Notre-Dame ha dato conforto per la tragedia», ha scritto su Facebook l’autore di Gomorra. «Il dolore per l’incendio ha fatto sentire appartenenza alla storia europea, ma con Notre-Dame a bruciare non è stata l’Europa. L’Europa è in fiamme? No. Credo piuttosto che l’Europa sia annegata nel Mediterraneo insieme alle centinaia di migliaia di migranti che in questi decenni sono morti senza che nemmeno ci sia giunta notizia della loro fine». Aggiungendo che la gestione «disumana» della questione migranti rappresenta «il fallimento di un’idea e di un progetto, quello europeo».
Ma a precedere Saviano sul tema è stata Michela Murgia. «Pur nel rammarico per un’opera mirabile che va in fiamme, continuo a leggere frasi enfatiche e catastrofiste, tipo che l’incendio al tetto di Notre-Dame sarebbe “un colpo simbolico al cuore dell’Europa”, ha scritto su Facebook la scrittrice. «Ai millenaristi della capriata evidenzierei che la struttura portante della cattedrale (parole dei pompieri e del ministro preposto, che per fortuna loro non è Toninelli) è integra e Macron ha detto che il tetto sarà ricostruito». Per giunta, aggiunge la Murgia, opere e reliquie «sono state messe in salvo e non c’è stata alcuna vittima. Se penso che solo tra gennaio e marzo nell’indifferenza europea nel Mediterraneo sono morte 274 persone per mancanza di corridoi umanitari e per la criminalizzazione delle navi civili di soccorso, mi viene da dire che “il colpo al cuore dell’Europa” forse lo stiamo guardando dal lato sbagliato».
Come non ricollegare – invece di contrapporre – il criminale disinteresse per l’ambiente e la disumana noncuranza per le sorti di altri uomini, donne e bambini al vuoto spirituale ed antropologico del nostro tempo, che coincide con il rigetto delle radici cristiane dell’Europa e dell’Occidente, fatto da più parti rivendicato, al contrario, come un progresso?
Al di là delle contrapposizioni – più o meno estremizzate dalle cronache, dall’ideologia e dal marketing – è infatti possibile individuare una radice comune nei tre temi. A partire da un aspetto che sta guadagnando progressivo risalto in queste ore: nonostante le opportune – opportunistiche? – dichiarazioni di grandeur da parte del presidente Macron, in ottemperanza alla laicité d’Oltralpe, da anni latitano i fondi per i restauri necessari alla cattedrale, avviati soltanto di recente. Questo nonostante Notre-Dame sia, e continuerà ad essere, fra le mete spirituali, artistiche e turistiche più visitate (e redditizie) d’Europa, sulla quale gravano anche gabelle statali per l’accesso ad alcune aree (dal 1905, infatti, Notre-Dame, al pari delle altre cattedrali costruite sotto il Regno di Francia, è di proprietà dello Stato).
Un “disinteresse ideologico” che oggi presenta il conto, economico e sociale, pur nella felice – e fortunata – consapevolezza di aver evitato la tragedia umana. Anche da questo punto di vista, quindi, l’incendio di Notre-Dame è pienamente un simbolo della nostra epoca, anche rispetto ai temi dell’ambiente e delle migrazioni. A ricordarlo, in tempi non sospetti, papa Francesco, nel discorso al Parlamento europeo del 25 novembre 2014. «Proprio a partire dalla necessità di un’apertura al trascendente – aveva detto allora il Pontefice – intendo affermare la centralità della persona umana, altrimenti in balia delle mode e dei poteri del momento. In questo senso ritengo fondamentale non solo il patrimonio che il Cristianesimo ha lasciato nel passato alla formazione socioculturale del continente, bensì soprattutto il contributo che intende dare oggi e nel futuro alla sua crescita». Sottolineando come «un’Europa che sia in grado di fare tesoro delle proprie radici religiose, sapendone cogliere la ricchezza e le potenzialità, possa essere anche più facilmente immune dai tanti estremismi che dilagano nel mondo odierno, anche per il grande vuoto ideale a cui assistiamo nel cosiddetto Occidente». Un “grande vuoto” che sta bruciando l’Europa dall’interno.
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1 commento su “Ambiente, migranti e Notre-Dame. Fiamme di uno stesso fuoco”