Prosegue ad Astana, in Kazakistan, l’Expo 2017 sull’energia. Con la Santa Sede e qualche buona abitudine. «Credo che ancora una volta siamo gli unici a proporre una riflessione spirituale e culturale sull’uomo e sul mondo, non solo tecnologica o economica». A confermarlo Lia Beltrami, direttrice artistica degli allestimenti fotografici del padiglione kazako della Santa Sede. Sul modello della Laudato si’, «una vera enciclica di svolta, non solo per la Chiesa».
C’è energia ed energia. C’è l’energia che fa muovere un’automobile, ma anche quella – ben più vitale – dei suoi occupanti. Sentimenti, preghiere, speranze, emozioni di un viaggio. E di viaggi Lia Giovanazzi Beltrami se ne intende. Regista e scrittrice di Trento, ne ha infatti accumulati numerosi, dall’Africa al Medio Oriente. Con due tappe singolari a Milano e ad Astana, in Kazakistan. Nella prima, si deve a lei la direzione degli allestimenti fotografici e cinematografici del padiglione Expo della Santa Sede che nel 2015 a Milano vale al Vaticano la medaglia d’oro del BIT per lo sviluppo del tema. Nella nuova avventura in Kazakistan, direttrice artistica degli allestimenti fotografici del padiglione, Lia Beltrami porta con sé anche l’esperienza e la prospettiva sul mondo di Aurora Vision, centro di produzione di film, documentari e reportage che, insieme ad Aurora Network, nasce dall’incontro con la comunità Nuovi Orizzonti di Chiara Amirante.
Dall’Italia al Kazakistan. Come nasce questa nuova collaborazione con la Santa Sede ad una Expo?
Nasce da desiderio di voler continuare un percorso, direi un bel percorso, fatto insieme. Come ai tempo di Milano, mi è stato chiesto di poter dare una mano fornendo alcuni scatti fotografici d’autore, e ho pensato che fosse una nuova sfida da cogliere. A Milano giocavamo in casa, diciamo, e ci si sentiva di fatto inseriti nel grande evento organizzato dall’Italia. In Kazakistan è tutto diverso: altre sensibilità, altra storia, altra geografia, altre aspettative anche in termini di visite o di “ritorno” di immagine.
Cioè?
Faccio un esempio: l’Italia è il paese della Chiesa, c’è un rapporto filiale con il Papa; in Kazakistan la Chiesa è molto giovane e quasi completamente di estrazione europea. È normale che, dunque, anche l’impatto sia sul padiglione che sul contesto generale possa essere diverso.
Il nuovo padiglione ad Astana tratta di “Energia per il bene comune. Prendersi cura della nostra casa comune”. Che apporto danno le immagini al tema?
Le immagini che abbiamo fornito cercano di inserirsi nel percorso artistico che è stato deciso dalla Santa Sede, e di dare concretezza ai tanti importantissimi principi che emergono dalla Laudato sì’, una vera enciclica di svolta, non solo per la Chiesa. Possiamo dire che le immagini danno quasi una lettura storico-cronologica dei cambiamenti compiuti dall’uomo nella produzione dell’energia, intesa non solo in senso materiale. Lo dico perché la “casa comune” è certamente il pianeta, il Creato, ma è anche l’uomo. Ecco, le nostre immagini considerano certamente i temi tecnologici, ma mettono al centro l’uomo e il suo sviluppo come persona, dotata di corpo e anima. Del resto, la prima forma di energia è quella della vita, che ci viene dall’essere figli di Dio.
A Milano le fotografie rappresentavano i volti e i luoghi della fame, della sete, dei conflitti, dell’esclusione e dello scarto, umano e ambientale. C’è un filo che lega le immagini di allora a quelle proposte in Kazakistan?
Sì, il filo è sempre l’uomo. A Milano ci eravamo concentrati sul tema del nutrimento, preso ad ampio raggio, e delle catastrofi che accadono quando quel nutrimento – sia materiale che spirituale – viene meno. Ad Astana ci si concentra, invece, su un aspetto specifico, che è quello energetico, declinato però non solo a livello di sistema, ovvero l’energia che ci aiuta nelle diverse attività, ma anche nei suoi aspetti di relazione con le persone e l’umanità. L’energia della vita, l’energia che viene dalla preghiera, l’energia che si trasmette agli altri quando facciamo il bene o realizziamo un’opera caritativa, l’energia primigenia che discende dalla creazione del mondo, l’energia pulita come buona prassi per il rispetto dell’ambiente. E così via. Tutto parte dalla creazione dell’universo e termina con l’uomo in relazione agli altri, grazie proprio alla fratellanza che deriva dall’essere figli dello stesso Dio.
Che dire, invece, dei filmati? All’Expo 2015 i video mostravano tre contesti dell’impegno caritativo della Chiesa in favore della lotta alla fame e alla povertà nel mondo, dall’Ecuador al Burkina Faso, passando per il Curdistan iracheno. Cosa viene presentato in questa Expo?
Ad Astana i filmati hanno una importanza diversa e direi forse non così centrale. Tuttavia, essi rappresentano sempre alcuni progetti nei quali la Chiesa è impegnata in favore dell’altro. Penso, per esempio, al filmato che chiude il padiglione, nel quale viene mostrato un centro per bambini orfani e disabili, che si chiama Ark Village, alimentato con pannelli solari, nel quale i bambini accolti vengono educati, istruiti e imparano a loro volta le tecniche per il riciclo dei rifiuti.
Possiamo ben dire che a Milano l’allestimento fotografico ha contribuito alla vittoria da parte della Santa Sede del primo premio conferito dal Bureau International des Expositions per lo sviluppo del tema fra i piccoli padiglioni. Ad Astana qual è stata, finora, la reazione di organizzatori e visitatori?
La reazione è molto buona, in base ai feedback che stiamo ricevendo. Chiaramente, a livello generale non ci si aspetta un flusso di visite come quello di Milano, che – ricordo – ha superato in generale i 22 milioni. Qui le attese parlano di massimo 2 milioni, con una presenza fatta prevalentemente di persone del luogo o provenienti dalle aree vicine, come la Cina. Anche sui media il padiglione sta trovando discreti riscontri e ci ha colpito come all’inizio l’agenzia di stampa russa Sputnik ne abbia parlato come di una delle sette meraviglie di Expo. Vuol dire che c’è anche una grande aspettativa e che veramente la Santa Sede ha una grande occasione di testimonianza ed evangelizzazione: credo che ancora una volta siamo gli unici a proporre una riflessione spirituale e culturale sull’uomo e sul mondo, non solo tecnologica o economica.
In alto: Lia Giovanazzi Beltrami. Al centro: campo eolico di Dhule, in Maharashtra, a 300 chilometri da Mumbai, in India. © Luca Catalano Gonzaga.
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