La teologia del cellulare

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Cosa succederebbe se trattassimo la Bibbia come trattiamo il nostro telefono cellulare? Il Papa dei selfie e dei video-messaggi, ma anche della Parola come presenza quotidiana. Francesco il comunicatore, che sa quando spegnere (e far spegnere) il cellulare, ma anche quando trasformarlo in teologia. Da buon gesuita.

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«Qualcuno ha detto: cosa succederebbe se trattassimo la Bibbia come trattiamo il nostro telefono cellulare?». Se lo è chiesto anche papa Francesco questa mattina all’Angelus da piazza San Pietro. Una riflessione semplice, che cala la Parola di Dio in una dimensione quotidiana, per certe persone quasi compulsiva. Una metafora efficace, che forse verrà archiviata fra le imprevedibilità del Papa argentino, ma dalle grandi implicazioni. Certamente una scelta di stile – gesuita – giocata sul filo di un’abile comunicazione, con una delle immagini più efficaci finora proposte da Francesco, in grado di far parlare di sé almeno per i sei giorni di esercizi spirituali che sottrarranno il Papa all’incontro con la gente da questo pomeriggio al prossimo 10 marzo.

Quattro le immagini evocate dal Pontefice durante l’Angelus rispetto alla Parola di Dio:

  • Se la portassimo sempre con noi (o almeno un piccolo Vangelo tascabile);
  • se tornassimo indietro quando la dimentichiamo come si fa con il telefono;
  • se la aprissimo diverse volte al giorno;
  • se leggessimo i messaggi di Dio contenuti nella Bibbia come leggiamo i messaggi del telefonino.

«Chiaramente il paragone è paradossale, ma fa riflettere», ha proseguito Francesco. «In effetti, se avessimo la Parola di Dio sempre nel cuore, nessuna tentazione potrebbe allontanarci da Dio e nessun ostacolo ci potrebbe far deviare dalla strada del bene; sapremmo vincere le quotidiane suggestioni del male che è in noi e fuori di noi; ci troveremmo più capaci di vivere una vita risuscitata secondo lo Spirito, accogliendo e amando i nostri fratelli, specialmente quelli più deboli e bisognosi, e anche i nostri nemici».

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Chi è questo “qualcuno” che ha ispirato al Pontefice la metafora di questa mattina? Una e-mail circolata a livello internazionale nel 2014 conteneva in effetti le stesse immagini proposte oggi da Francesco. In rete la si può ancora trovare rilanciata da alcuni siti web in inglese e in italiano, non solo cattolici.

I precedenti
Dopo il Vangelo in edizione tascabile fatto distribuire in piazza San Pietro durante la Quaresima del 2014, il Pontefice torna a invitare i fedeli ad avere un rapporto frequente e personale con le Scritture. Senza complicare il Vangelo, ma per ascoltarlo e viverlo. «Senza calmanti», insomma. Suggestioni importanti, specialmente all’inizio di una Quaresima che, come ogni anno, impegna tutti i cristiani a ragionare di rinunce e meditazioni.

Francesco non è nuovo neppure a sortite nel mondo della telefonia mobile. «Ragazzi, quante volte mi capita di dover telefonare a degli amici, però succede che non riesco a mettermi in contatto perché non c’è campo. Sono certo che capita anche a voi, che il cellulare in alcuni posti non prenda», scherzava Francesco nel suo video-messaggio ai giovani riuniti allo Stadio Olimpico di Roma per il Giubileo dei ragazzi e delle ragazze, nell’aprile 2016. «Bene – proseguiva allora il Pontefice – ricordate che se nella vostra vita non c’è Gesù è come se non ci fosse campo. Non si riesce a parlare e ci si rinchiude in sé stessi. Mettiamoci sempre dove si prende! La famiglia, la parrocchia, la scuola, perché in questo mondo avremo sempre qualcosa da dire di buono e di vero». «La vostra felicità non ha prezzo e non si commercia; non è una “app” che si scarica sul telefonino», aveva ricordato ai ragazzi il Pontefice in un’altra occasione. «Nemmeno la versione più aggiornata potrà aiutarvi a diventare liberi e grandi nell’amore».

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Cellulare sempre acceso, quindi? Certamente non a tavola. «Se in famiglia c’è qualcosa che non va o qualche ferita nascosta, a tavola si capisce subito. Quando i figli a tavola sono attaccati al computer o al telefonino e non si ascoltano fra loro, allora vuol dire che questa non è una famiglia, ma un pensionato», ammoniva Francesco un paio di anni fa. «In questo nostro tempo segnato da tante chiusure e da troppi muri, la convivialità generata dalla famiglia diventa un’opportunità cruciale».

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