Papa Francesco, l’aborto e i media: ci sono avvenimenti che si possono commentare ed altri che è più interessante considerare dal punto di vista di chi li guarda. Come nella vetrina di una foto di Doisneau. O in quella di un’edicola.
Ormai l’abitudine è tanto consolidata – e francamente tanto noiosa – da assumere sempre più chiaramente i connotati di una strategia. La si può definire strumentalizzazione delle parole del Papa, ma anche ignoranza, scarsa professionalità e interesse rendono l’idea. Tanto che, come in una foto di Doisneau è quasi più interessante esaminare la notizia osservando gli osservatori.
Scrive Francesco nella Lettera Apostolica Misericordia et misera a conclusione del Giubileo straordinario della misericordia: Il Sacramento della Riconciliazione ha bisogno di ritrovare il suo posto centrale nella vita cristiana; per questo richiede sacerdoti che mettano la loro vita a servizio del «ministero della riconciliazione» (2 Cor 5,18) in modo tale che, mentre a nessuno sinceramente pentito è impedito di accedere all’amore del Padre che attende il suo ritorno, a tutti è offerta la possibilità di sperimentare la forza liberatrice del perdono. […] In forza di questa esigenza, perché nessun ostacolo si interponga tra la richiesta di riconciliazione e il perdono di Dio, concedo d’ora innanzi a tutti i sacerdoti, in forza del loro ministero, la facoltà di assolvere quanti hanno procurato peccato di aborto. Quanto avevo concesso limitatamente al periodo giubilare viene ora esteso nel tempo, nonostante qualsiasi cosa in contrario. Vorrei ribadire con tutte le mie forze che l’aborto è un grave peccato, perché pone fine a una vita innocente. Con altrettanta forza, tuttavia, posso e devo affermare che non esiste alcun peccato che la misericordia di Dio non possa raggiungere e distruggere quando trova un cuore pentito che chiede di riconciliarsi con il Padre. Ogni sacerdote, pertanto, si faccia guida, sostegno e conforto nell’accompagnare i penitenti in questo cammino di speciale riconciliazione (Misericordia et misera, § 11 e 12).
Questo il fatto. Nella miglior tradizione della Dame – nel bene e nel male – indignée, il primo ad essere abortito è però stato il pensiero del Papa.
«Francesco chiude il Giubileo e apre all’assoluzione per l’aborto» titola il Giornale, che rimarca l’ennesima (supposta) apertura pontificia. Che poi donne – e uomini – venissero assolti dal peccato di aborto anche prima di ieri è un fatto derubricato a dettaglio. Se di novità si tratta, inevitabile che in una Chiesa cattolica nella quale «è in atto una guerra civile» – parola di Marco Politi dal Fatto Quotidiano – trovino spazio anche le contrapposizioni, ricondotte allo scontro fra il Pontefice e i suoi oppositori. Una «scelta che spiazza ma affascina», quella di Francesco, per Stefano Zecchi sulle pagine del Giornale, «disorientato […] nell’ascoltare le parole del Pontefice sull’aborto, sulla sua “non punibilità” affidata al sacerdote che incontra il fedele». Ma anche un richiamo alla Bibbia per Camillo Langone, che «è chiara: “Non uccidere”».
Una “apertura”, quella di Francesco, che sul Corriere della Sera assume la portata di una «svolta della Chiesa». Un’uscita che è «spiazzante» e «pure destinata a disorientare quella parte di mondo cattolico che ha sempre annoverato l’interruzione di gravidanza tra i cosiddetti “valori non negoziabili”», come scrive Massimo Franco. Una valutazione condivisa – sebbene con segno opposto – da Matteo Matzuzzi dalle pagine del Foglio («L’aborto va nello scaffale più basso»), per il quale siamo di fronte alla «fine di un’epoca di valori non negoziabili».
Sceglie una spallata di articoli Repubblica, nei giorni scorsi salutata – o denunciata – come nuovo organo ufficioso d’informazione pontificia, dopo la pubblicazione dell’ennesima intervista approssimativa, quantomeno nelle intenzioni e nei mezzi, di Scalfari al Pontefice. Accanto al titolo insolitamente moderato di apertura, «Sì al perdono per donne e medici», dalle colonne del quotidiano ci giunge notizia che «non ci sarà più la scomunica» e che la decisione del Pontefice ha suscitato le critiche dei «vescovi conservatori» e la presa di distanze dei medici obiettori, già al centro di artefatte polemiche nelle scorse settimane, che ora «frenano: “Solo misericordia”». Una linea comune anche al Manifesto, per il quale «l’ostilità della curia conservatrice non ferma il papa che abolisce di fatto la scomunica per le donne che abortiscono e consente ai sacerdoti di assolvere anche i medici»: una «rottura dei simboli e delle parole» per un Pontefice iconoclasta e «buon pastore».
«Il Papa rompe il tabù» per il Messaggero, con una «svolta sia per le donne sia per i medici» che per Massimo Teodori è una «mossa che guarda al Terzo mondo» e ha il chiaro sapore dell’adeguamento alla modernità: una «presa di posizione “misericordiosa” e “liberale” con cui papa Francesco dispone che tutti i sacerdoti possono assolvere in confessione i responsabili del peccato di aborto, compresi i medici e gli infermieri. La chiesa cattolica, prima o poi, finisce sempre per prendere atto di ciò che sorge dalla società laicizzata, in altre parole da ciò che chiamiamo “modernità”».
Scelta provocatoria e dichiaratamente polemica quella del Tempo: «Abortite pure, il Papa vi perdona», sottolineando «l’ennesima “svolta”» attribuita al pontificato di Francesco, che «rivoluziona la Chiesa (per la trentesima volta in tre anni)». Apertura invece più politica, incentrata sul referendum e sul destino del Governo, quella della Stampa e di Libero. Se la prima dedica alla questione dell’aborto un richiamo («Il Papa e l’aborto: ogni prete potrà assolvere sempre donne e medici»), Libero non manca di riservare una stoccata al Pontefice, la cui misericordia «non è per tutti».
Un virgolettato mal posto – perché inventato di insana pianta – per il Mattino, che attribuisce al Papa l’assioma che «donne e medici vanno sempre assolti». «Un’apertura importante nell’era Trump» – quest’ultimo in grado ormai di rivaleggiare con il Vendemmiaio per le ere moderne e con Putin sul piano dell’inimicizia dei media internazionali – «un colpo alla cultura patriarcale, un sollievo per chi è costretta a rinunciare a un figlio» nelle parole di Dacia Maraini, della quale sono note le posizioni in materia di aborto. A Massimo Introvigne è però affidato ricordare che «la misericordia diventa regola ma la dottrina non cambia», mentre dalle pagine del Gazzettino del Nord Est ad essere «assolto» non è tanto il peccato quanto l’aborto stesso, anche se «il perdono non autorizza il gesto», nel commento di Lucetta Scaraffia.
Approccio ecumenico quello scelto invece dalla Gazzetta del Mezzogiorno, che ricorda – con un virgolettato attribuito a Francesco – come «l’aborto è un peccato da assolvere», rimarcando però la distanza – anche fotografica, «così vicini così lontani» – tra il Pontefice e il patriarca di Mosca Kirill, che «si scaglia contro le nozze gay».
Nella cacofonia sempre più indistinta di titoli e pagine, vale la pena fare propria la «dedica» di Luis Badilla dalle pagine del Sismografo: «Questo breve promemoria è dedicato a coloro che leggono ma non capiscono, a coloro che di colpo sono diventati teologi, a coloro che sono ignoranti ma pontificano, a coloro che non si fanno scrupoli quando mentono e a coloro che pur di attaccare Papa Francesco farneticano all’ingrosso (inclusi alcuni preti…)».
Nell’immagine di apertura: Robert Doisneau, La Dame Indignée, 1948, New York, Museum of Modern Art.
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