In una città in perenne movimento come Milano per farsi amare – anche dai cristiani – serve una certa dose di praticità. Fra sociale, politica ed imprenditoria, un’eredità di Tettamanzi che più di “aperture” e “rivoluzioni” dice di un’anticipazione del pontificato di Francesco.
“Vescovo buono”, che taluni hanno impietosamente definito sottotono, schiacciato dalla pesante eredità del card. Martini. “Pastore mite”, ma che non ha mancato di suscitare reazioni di ben altro tenore, come quando nel 2009 si beccò dell’imam da Salvini per quella mano tesa all’islam che non gli valse un plauso bipartisan, fuori ma anche dentro la Chiesa. Sortite nella politica, quella alta e poco elettorale, che fanno parte dello stile dei vescovi milanesi dal tempo di Ambrogio e che con ogni probabilità non mancheranno di coinvolgere anche il nuovo arcivescovo di Milano, Delpini. Non stupisce, quindi, che una parte dell’eredità del card. Dionigi Tettamanzi – forse la più vera – appartenga al mondo civile almeno tanto quando a quello cristiano.
Si tratta del Fondo Famiglia Lavoro della diocesi di Milano, un progetto annunciato dallo stesso card. Tettamanzi la notte del Natale 2008 e avviato nel gennaio successivo, alle prime avvisaglie di una crisi economica che già minaccia di diventare sociale. Un disastro dagli effetti che è allora complesso cogliere in tutta la loro drammaticità, ma che già – nonostante il parere di molti esperti – si annuncia tutt’altro che passeggero. Parlare di un’eredità lasciata da Tettamanzi alla diocesi e all’intera città di Milano ha anche il conforto della coincidenza temporale, visto che il passaggio alla terza fase del progetto ha preceduto di pochi mesi la scomparsa del Cardinale.
Istituito formalmente nel gennaio 2009 come fondazione non autonoma dell’Arcidiocesi di Milano avente carattere straordinario, temporaneo e integrativo, forte di una dotazione iniziale di un milione di euro, il Fondo Famiglia Lavoro si articola da allora in diverse fasi di intervento. La prima attenzione è rivolta ad un’opera educativa e preventiva, così come nelle intenzioni di Tettamanzi, che invita alla riflessione sugli stili di vita e sulla necessità di affrontare la crisi anche grazie a sobrietà e solidarietà. La gestione concreta del Fondo, e in particolare la raccolta e l’analisi delle richieste di contributo, è affidata alle parrocchie e ai decanati, con un ruolo specifico riservato a Caritas Ambrosiana e alle Acli provinciali, grazie anche all’impegno di oltre 600 volontari. Quasi 7mila le famiglie aiutate nei primi due anni (41,9% italiane e 58,1% straniere), minacciate per lo più dalla perdita del lavoro.
Alla fine del 2011, scadenza inizialmente posta al progetto, la crisi economica e sociale risulta tutt’altro che superata. Scola è subentrato a Tettamanzi alla guida della diocesi ambrosiana e si decide per la prosecuzione del progetto, che entra nella sua seconda fase. Il progetto, intanto, evidenzia i limiti della beneficenza. Nonostante la risposta tempestiva e le buone intenzioni, infatti, molte delle persone aiutate con i contributi d’emergenza elargiti nella prima fase sono ancora in situazione di criticità. Appare sempre più chiaro come la questione centrale per la soluzione delle difficoltà delle famiglie colpite dalla crisi sia il lavoro. La seconda fase del Fondo Famiglia Lavoro risulta, quindi, maggiormente incentrata su questo secondo aspetto, affiancando all’erogazione a fondo perduto alle famiglie già sperimentata nella prima fase interventi miranti all’orientamento e alla riqualificazione finalizzati all’inserimento o al reinserimento lavorativo. Obbedendo alla propensione lombarda per l’impresa, spazio è concesso anche al micro-credito per l’avvio di piccole attività economiche e al progetto “Fare impresa insieme” per lo start up di nuove imprese.
L’appello rivolto nel 2008 dal card. Tettamanzi «a tutte le comunità cristiane della diocesi di riflettere sulle conseguenze della crisi economica, di prestare particolare attenzione alle famiglie in difficoltà a causa del lavoro, di aderire con generosità a questo fondo» non cade inascoltato. Alla fine del 2012, a quattro anni dalla creazione del Fondo, risultano raccolti già quasi 14 milioni di euro. Particolarmente significativo l’apporto dei privati, alla cui generosità si devono il 28% delle donazioni, seguiti dalle parrocchie (17%) e dallo stesso Cardinale (16%), mentre le offerte di Fondazione Cariplo e quelle provenienti da enti o società si attestano al 14% del totale.
Nell’ottobre dello scorso anno il Fondo Famiglia Lavoro è entrato nella sua terza fase, “Diamo Lavoro”. L’intenzione è di guardare sempre più ai giovani, alle prese con una crisi che li rende sempre più poveri in denaro e speranza. I numeri parlano di oltre 14mila persone incontrate durante le prime due fasi del progetto, delle quali quasi 11mila aiutate con l’impiego complessivo di 21 milioni di euro. La terza fase mira a superare una dinamica di sola beneficenza, per concentrare impegno e risorse nella ricollocazione nel mercato del lavoro attraverso lo strumento del tirocinio, siglando un patto con le imprese e le associazioni imprenditoriali.
Alle diverse fasi del Fondo Famiglia Lavoro hanno contribuito in maniera sostanziale anche le diverse aste organizzate dai cardinali Tettamanzi e Scola per la cessione dei regali ricevuti a titolo personale. Gioielli d’arte e di devozione, raccolti per lo più durante gli anni di episcopato milanese e, nel caso di Scola, anche del patriarcato veneziano. Una eredità pratica che, insieme all’attenzione privilegiata riservata ai temi sociali e delle migrazioni, rappresenta più di “aperture” e “rivoluzioni” un’anticipazione del pontificato di Francesco.
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