«La mobilità umana, che corrisponde al naturale movimento storico dei popoli, può rivelarsi un’autentica ricchezza tanto per la famiglia che emigra quanto per il paese che la accoglie»1. L’esortazione apostolica Amoris laetitia, papa Francesco e le migrazioni. E quella Comunione ricevuta indegnamente non solo dai divorziati risposati…
Se nell’ampia introduzione del card. Schönborn – presidente della Conferenza episcopale di un’Austria non certo brillante dal punto di vista dell’accoglienza di Stato – pronunciata in occasione della conferenza stampa di presentazione dell’esortazione apostolica post-sinodale Amoris laetitia è mancato uno specifico riferimento alle sfide offerte alla famiglia dalle migrazioni, quest’ultimo rimane un tema che sta senza dubbio a cuore al Pontefice, come dimostrano i suoi numerosi riferimenti al fenomeno migratorio, il breve viaggio che nei prossimi giorni lo condurrà nell’isola greca di Lesbo, nonché i riferimenti presenti nella stessa esortazione apostolica, che gettano nuova luce anche sulla dibattuta questione dell’accesso all’Eucaristia, con la possibilità che essa sia ricevuta indegnamente non solo dai divorziati risposati.
Quella migratoria è una tematica già presente nell’Instrumentum laboris del 26 giugno 2014 in vista del Sinodo straordinario sulla famiglia dell’ottobre di quell’anno, nel quale veniva «sottolineata anche l’incidenza che la migrazione produce sul tessuto familiare» (72). Dedicandovi il paragrafo 46 dell’Amoris laetitia e riprendendo ampiamente quanto già contenuto nelle Relazione finale del Sinodo sulla famiglia dell’ottobre 2015 – secondo la quale le migrazioni «rappresentano un altro segno dei tempi da affrontare e comprendere con tutto il carico di conseguenze sulla vita familiare»2 – nella sua nuova esortazione apostolica papa Francesco non manca di sottolineare la «grande importanza» data dall’ultimo Sinodo a questa problematica, affermando come essa tocchi, «con modalità differenti, intere popolazioni, in diverse parti del mondo». Da questo punto di vista, «la Chiesa ha esercitato in questo campo un ruolo di primo piano. La necessità di mantenere e sviluppare questa testimonianza evangelica (cf. Mt 25,35) appare oggi più che mai urgente».
Speciale attenzione è attribuita alla «migrazione forzata delle famiglie, frutto di situazioni di guerra, di persecuzione, di povertà, di ingiustizia, segnata dalle peripezie di un viaggio che mette spesso in pericolo la vita, traumatizza le persone e destabilizza le famiglie», che esige da parte della Chiesa «una pastorale specifica rivolta alle famiglie in migrazione, ma anche ai membri dei nuclei familiari rimasti nei luoghi d’origine […] nel rispetto delle loro culture, della formazione religiosa ed umana da cui provengono, della ricchezza spirituale dei loro riti e tradizioni».
Nello specifico, non manca l’allarme del Santo Padre verso alcuni frutti nefasti dell’odierno scenario migratorio internazionale: la mercificazione degli esseri umani, i pericoli cui vanno incontro i minori non accompagnati, il prolungato soggiorno nei campi profughi. «Le migrazioni appaiono particolarmente drammatiche e devastanti per le famiglie e per gli individui quando hanno luogo al di fuori della legalità e sono sostenute da circuiti internazionali di tratta degli esseri umani. Lo stesso può dirsi quando riguardano donne o bambini non accompagnati, costretti a soggiorni prolungati nei luoghi di passaggio, nei campi profughi, dove è impossibile avviare un percorso di integrazione. La povertà estrema e altre situazioni di disgregazione inducono talvolta le famiglie perfino a vendere i propri figli per la prostituzione o per il traffico di organi».
Fra le cause della «migrazione forzata delle famiglie» figurano anche «le persecuzioni dei cristiani, come anche quelle di minoranze etniche e religiose, in diverse parti del mondo, specialmente in Medio Oriente, [che] rappresentano una grande prova: non solo per la Chiesa, ma anche per l’intera comunità internazionale. Ogni sforzo va sostenuto per favorire la permanenza di famiglie e comunità cristiane nelle loro terre di origine».
Laddove sovente «l’incontro con un nuovo paese e una nuova cultura è reso tanto più difficile quando non vi siano condizioni di autentica accoglienza e accettazione» (Relazione finale, 2015, 24), nella Amoris laetitia il Pontefice ha tenuto a «sottolineare che l’attenzione dedicata tanto ai migranti quanto alle persone con disabilità è un segno dello Spirito. Infatti entrambe le situazioni sono paradigmatiche: mettono specialmente in gioco il modo in cui si vive oggi la logica dell’accoglienza misericordiosa e dell’integrazione delle persone fragili» (47): «le famiglie aperte e solidali fanno spazio ai poveri, sono capaci di tessere un’amicizia con quelli che stanno peggio di loro» (183).
Ne consegue che anche sulla questione eucaristica, ampiamente dibattuta in questi mesi, venga gettata nuova luce, perché «quando coloro che si comunicano non accettano di lasciarsi spingere verso un impegno con i poveri e i sofferenti o acconsentono a diverse forme di divisione, di disprezzo e di ingiustizia, l’Eucaristia è ricevuta indegnamente. Invece, le famiglie che si nutrono dell’Eucaristia con la giusta disposizione, rafforzano il loro desiderio di fraternità, il loro senso sociale e il loro impegno con i bisognosi» (186).
Una fragilità che si ripropone oggi in ogni famiglia minata da ferite interne – «un fallimento matrimoniale diventa molto più traumatico e doloroso quando c’è povertà, perché si hanno molte meno risorse per riorientare l’esistenza. Una persona povera che perde l’ambiente protettivo della famiglia resta doppiamente esposta all’abbandono e a ogni tipo di rischi per la sua integrità» (242)– e da quelle prodotte dal fenomeno migratorio, facendola in quest’ultimo caso una «icona della famiglia di Nazaret, con la sua quotidianità fatta di fatiche e persino di incubi, come quando dovette patire l’incomprensibile violenza di Erode, esperienza che si ripete tragicamente ancor oggi in tante famiglie di profughi rifiutati e inermi» (30).
Note:
1. Questa e le successive, ove non diversamente specificato: Relazione finale del Sinodo dei vescovi al Santo Padre Francesco, 24 ottobre 2015, 23; cit. in Papa Francesco, Esortazione apostolica Amoris laetitia, 46.
2. Relatio Synodi, 2014, 8.
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