Ci sono finanze, fede, migrazioni e bullismo. Ma soprattutto c’è il sesso. E poi c’è María, la giovane Chiesa in uscita che salva lo spettacolo. Anche per il Papa.
«Il sesso è una delle cose belle che Dio ha dato alla persona umana». È questo uno dei pochi passaggi che hanno attraversato le maglie dell’attenzione mediatica internazionale, insieme alla consueta retorica delle “aperture” di Francesco al mondo gay. Maglie in molti casi larghe e di gusti tutt’altro che ricercati, ma che quando si tratta di Chiesa si stringono inesorabilmente.
Sesso (è) spettacolo
L’occasione è il documentario Amén. Francisco responde (Faccia a faccia con Francesco) realizzato per la Disney. Un dialogo a tutto campo con un gruppo di giovani su numerosi temi di attualità, affrontati in quasi un’ora e mezza di confronto: dalle finanze della Chiesa all’abbandono della pratica religiosa, dalle migrazioni ad aborto e bullismo.
Ma i più spinosi – e succulenti – sono quelli che toccano la sessualità: pornografia, masturbazione, contenuti per adulti venduti in rete, abusi sessuali e il rapporto della Chiesa con la variegata galassia Lgbt+. «Esprimersi sessualmente è una ricchezza. Allora tutto ciò che sminuisce la reale espressione sessuale sminuisce anche te, e impoverisce questa ricchezza in te. Il sesso ha una sua dinamica, ha una sua ragion d’essere», dice Francesco. «L’espressione dell’amore è probabilmente il punto centrale dell’attività sessuale. Allora tutto ciò che te lo trascina da un’altra parte e che te lo toglie da quella direzione ti sminuisce l’attività sessuale».
Magistero e TV
Per ovvie ragioni non si tratta di Magistero, quanto piuttosto di un contesto informale – per quanto attentamente strutturato da ambo le parti e di grande risonanza comunicativa – nel quale Francesco è, al più, in condizione di esprimere opinioni o ribadire concetti già espressi in altre occasioni, dalle periferie esistenziali all’errore di estromettere dalla comunità cattolica le persone con tendenze omosessuali (o «non binarie», come è detto da una giovane nel documentario).
Sullo schermo si susseguono sorrisi e lacrime, risate, disagio e risentimento. Ce n’è più che a sufficienza per turbare gli animi dell’ortodossia violata o del progressismo tradito. E anche chi – giustamente – sostiene che la Chiesa non coincide solo con il Papa, qualunque papa, finisce con il limitarsi, questo sì, a cogliere ogni chiaroscuro d’Oltretevere.
La luna e il dito
Perché, per parafrasare il noto proverbio, a furia di guardare la luna ci si dimentica del dito che pure la indica: il gruppo di dieci giovani tra i 20 e i 25 anni è sì eterogeneo per nazionalità e fede (o mancanza di essa), ma certo non si distingue per fantasia, selezionato com’è a bella posta dal comico, giornalista e conduttore televisivo spagnolo Jordi Évole per rappresentare l’ideale della società contemporanea. E, a modo suo, ci riesce bene. Un musulmano del Senegal, un agnostico spagnolo, un’atea del Perù, una cristiana evangelica di origine ecuadoriana emigrata in Spagna non bastano da soli a risollevare le sorti di uno spirito critico che con difficoltà si spinge oltre la zona di conforto dell’opinione predominante. Della «colonizzazione ideologica», avrebbe forse detto in altre circostanze il Papa.
Con un’unica eccezione: María. La ragazza spagnola, aderente al Cammino Neocatecumenale, è una delle uniche due giovani del gruppo che si professano cattoliche (la seconda è Milagros, argentina, che si dice catechista e orgogliosa attivista a favore dell’aborto, che mette nelle mani del Papa un foulard della militanza pro-choice).
Fede giovane, ma coraggiosa
Non si tratta qui di prendere una parte, ma di riconoscere una differenza. Forsanche un valore, consentitemelo, che sta nel non sottrarsi dall’offrire un punto di vista diverso. Manifestando senza complessi la propria fede cattolica e la gioiosa adesione agli insegnamenti della Chiesa e a quel Cristo che ha dato un senso alla propria vita. È María, impeto dei giovani e fede vissuta, a restituire profondità umana ad un momento che rischia di cadere nell’insidia della spettacolarizzazione.
Sull’aborto, oggetto di contrapposizioni che troppo spesso scadono nell’ideologia, l’atteggiamento di María è pragmatico: volontaria nelle cliniche abortiste con il fine di proporre alle donne un’alternativa per sé e i propri figli, non esita a rilevare lo squilibrio di un certo femminismo, più incline a garantire un aborto sicuro, legale e gratuito che a lottare per risolvere difficoltà e discriminazioni che portano molte donne ad abortire.
Di fronte alla pornografia online, della quale il gruppo offre l’esempio tanto di un fruitore quanto di una produttrice, María denuncia le insidie psicologiche e spirituali di un settore che promette libertà, ma che si rivela spietato. «Penso che la pornografia faccia molti danni perché, alla fine, è una oggettivizzazione della persona. Una persona ti sta scrivendo come se fossi un oggetto, “fai questo, fai quello”», sottolinea a proposito degli spettacoli hot offerti a pagamento in rete. «E non so se ti fa male o sei consapevole del danno che ti fa. Ma a parte questo, fa male alla stessa persona che ne sta usufruendo».
In alcuni dei momenti più serrati del confronto, la giovane cattolica spagnola esprime il dispiacere nel vedere molti andare a Messa e dirsi credenti, senza per questo vivere secondo la fede che professano. Francesco la ascolta, ne domanda l’età – vent’anni, troppo pochi forse per dire una parola definitiva sul futuro – e ne coglie gli assist per i propri interventi.
La Chiesa oltre lo spettacolo
Ma soprattutto il Papa la avverte: «La testimonianza di fede che dai mi tocca il cuore, perché bisogna essere coraggiosi per dire ciò che stai dicendo in questo incontro. Grazie per la tua testimonianza. […] Non ti voglio spaventare, ma raccogli le forze e preparati per la prova. Continua a fare bene queste cose, ma quando giungerà la prova, non ti spaventare, perché anche nel momento di oscurità c’è il Signore, che è lì nascosto».
Chiesa in uscita. Meglio incidentata che ferma. Minoranza, certamente. Qualche volta spettacolo da televisione, ma mai caricatura. Valeva la pena guardare anche il dito. Siamo alla Disney, ma il coraggio non è da cartone animato.
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1 commento su “Abbiamo pensato al sesso, ma abbiamo dimenticato María”