Per il Presidente Letta fu il cupio dissolvi di memoria paolina. Per il Presidente Renzi, in vesti europee, è Telemaco. Come a dire: il rispolvero della cultura latina e greca quando non ci resta che piangere.
Per i pochi che non lo sapessero (o ricordassero dall’imprescindibile confronto scolastico con l’Odissea), Telemaco, «che combatte lontano», è uno dei figli di Ulisse e della paziente Penelope, fratello di Poliporte e Arcesilao e fratellastro di una varietà di altri giovani, frutto delle avventure, non solo marittime, del padre.
Nelle intenzioni di Renzi, Telemaco dovrebbe costituire il modello di una nuova generazione di europei – verrebbe da dire anzitutto di italiani – consci delle proprie capacità e auspicabilmente della propria storia, impegnati più a meritare e magari ad accrescere l’eredità paterna che a sedervicisi, ammesso che di allori si tratti.
Buon gioco si avrebbe a ricordare che la ricerca da parte di Telemaco dell’ondivago padre, si rivelò infruttuosa (il sospirato incontro con Ulisse avverrà soltanto quando padre e figlio saranno entrambi nuovamente ad Itaca, vecchia patria) e che dopo i fatti narrati nell’Odissea, comunque la mettano le diverse versioni del mito, la fine di Telemaco sia concordemente fatale.
Più interessante, invece, andare a recuperare un’intervista di Alessandro Zaccuri allo psicoanalista Massimo Recalcati comparsa su Avvenire (Il rischio di Telemaco alla ricerca del padre, 20 marzo 2013), dalla quale scopriamo l’esistenza di un complesso di Telemaco, alternativo ai più noti complessi di Edipo e di Narciso. All’argomento Recalcati ha anche dedicato un libro (Il complesso di Telemaco. Genitori e figli dopo il tramonto del padre, Feltrinelli, 2013).
Complesso, si diceva, alternativo sia a quello di Edipo che di Narciso. Il primo nel quale «il conflitto con il padre implica l’incapacità di riconoscersi come figlio», sino a giungere all’Anti-Edipo, quando «il rifiuto del padre assume una connotazione ideologica, che sfocia nel mito dell’autogenerazione: basta, facciamola finita con il padre, ciascuno diventi il padre di sé stesso. È l’illusione di poter cancellare il debito, la provenienza»; il secondo, quello di Narciso, «che rovescia il rapporto simbolico tra le generazioni. Non si accontenta di disobbedire alle leggi della famiglia, ma pretende di imporre il proprio capriccio come legge alla famiglia».
In questo senso il mito di Telemaco offrirebbe una valida alternativa non nichilista, bensì costruttiva, nell’ottica di un atteggiamento che «mostra come l’atto di ereditare non si esaurisca mai in un travaso di beni, o di geni, ma implichi la necessità di mettersi in moto, di affrontare il rischio». Tutto sta ad individuare di quale complesso oggi, più realisticamente, soffra questa Unione – ma verrebbe da dire l’intero Occidente – e chi sia la “figura paterna”, in un’Europa sempre più, colpevolmente, orfana. E naturalmente guardarsi dalle sirene.
Nell’immagine: Benjamin West, Calipso riceve Telemaco e Me, 1801.
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