Raccontare in un film la vita “da film” di una santa. Per molti era – e rimane – la “maestrina di Sant’Angelo Lodigiano”, ma la qualifica d’altri tempi non deve trarre in inganno: ad oltre cento anni dalla morte, Francesca Saverio Cabrini mantiene inalterata tutta la propria attualità. Come dimostra anche il film “Mother Cabrini” proiettato ieri in anteprima alla Filmoteca Vaticana.
Raccontare in un film la vita “da film” di una santa. È questa la sfida di “Mother Cabrini”, proiettato ieri pomeriggio in anteprima alla Filmoteca Vaticana e prodotto da Cristiana Video in collaborazione con la congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù e con il network cattolico statunitense EWTN (trailer).
Un lungometraggio che incarna «il desiderio di trovare in un linguaggio moderno la figura e la missione di madre Cabrini», ha spiegato mons. Rino Fisichella, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione della Nuova Evangelizzazione, che ha patrocinato il film e che nell’occasione ha rievocato la propria infanzia a Codogno, nel lodigiano, paese che ha visto nascere la Congregazione voluta da Francesca Saverio Cabrini. Una «donna obbediente», l’ha definita mons. Fisichella. Innanzitutto al mandato datole da Leone XIII: non all’Oriente, al pari del gesuita del quale aveva adottato il nome, ma all’Occidente, verso le Americhe, al fianco degli emigrati italiani. Ma anche una «grande imprenditrice», prima santa americana (prese la cittadinanza statunitense nel 1909), in grado di «compiere tutto con gli occhi della fede». Una dimensione resa bene nel film e che accompagna i momenti cruciali della vita della santa. E ancora donna influente, anzi «una delle donne più influenti della storia americana», come l’ha definita Calista Gingrich, ambasciatrice degli Stati Uniti presso la Santa Sede.
Più ancora di un film il racconto di un «modo d’essere dal quale si rimane conquistati», ha spiegato Daniela Gurrieri, autrice, produttrice e regista del film. Perché la vita di madre Francesca Saverio Cabrini, fondatrice nel 1880 della congregazione delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù e per gran parte della propria vita al fianco degli emigrati italiani nelle Americhe, è tanto forte da sembrare irreale. Viaggiatrice instancabile – 28 traversate atlantiche, il passaggio delle Ande a dorso di mulo – in treno, in carrozza e a piedi dagli Stati Uniti al Brasile, per fondare scuole e ospedali e portare conforto agli italiani nel buio delle miniere così come in quello – a volte ancora più oscuro – del carcere e della solitudine.
Una figura di grande attualità, un «esempio di vita che può dirci oggi più ancora che in passato», ha sottolineato madre Barbara Staley, statunitense, superiora generale delle Missionarie del Sacro Cuore di Gesù. Che il carisma di Francesca Saverio Cabrini sia «di un’attualità straordinaria» lo aveva ricordato anche papa Francesco, perché «i migranti hanno bisogno certamente di buone leggi, di programmi di sviluppo, di organizzazione, ma hanno sempre bisogno anche e prima di tutto di amore, di amicizia, di vicinanza umana; hanno bisogno di essere ascoltati, guardati negli occhi, accompagnati; hanno bisogno di Dio, incontrato nell’amore gratuito di una donna che, col cuore consacrato, ti è sorella e madre».
Donna di «preghiera e azione, forza e dolcezza», come l’ha vissuta Cristina Odasso, al suo primo film da attrice protagonista, aiutata nell’intensità della sua recitazione dall’attesa, proprio durante le riprese, della sua seconda figlia. Madre, in modo differente, fu anche la Cabrini, innanzitutto “degli emigrati”, come l’ha celebrata Pio XII. Ritratto di un’Italia ormai scomparsa, si potrebbe pensare, fatta di partenze, di separazioni e di speranze riposte Oltreoceano o al di là delle Alpi. Una situazione che invece sarebbe un errore collocare solo nel passato. Lo dimostrano gli oltre 5 milioni di cittadini italiani oggi residenti all’estero, fotografia viva di un’emigrazione tutt’altro che conclusa, ma anzi in aumento: +64,7% dal 2006 al 2018, con oltre 140 mila nuovi italiani residenti all’estero soltanto nell’ultimo anno. Non solo giovani, ma sempre più spesso famiglie e over 50 che in Italia si trovano a vivere una situazione di precarietà lavorativa. Riproposizione delle medesime ansie e attese.
E poi c’è l’immigrazione, onnipresente nell’informazione di ogni giorno. Di più, mai tanto presente come oggi, se si considerano le oltre 4.200 notizie sull’argomento andate in onda nei principali TG serali nel corso del 2017 (nel 2014 erano solo 901 e nel 2005 addirittura 380). Con una particolarità: di immigrazione stranieri in Italia si parla molto, ma per lo più negativamente, in maniera incompleta, faziosa o palesemente inventata: almeno il 78% delle notizie nel 2017 è di questo tenore. Punta dell’iceberg ed emblema di un’informazione che su troppi temi e troppo spesso concede spazio alla disinformazione.
Anche in questo la “mestrina di Sant’Angelo Lodigiano” ha molto da insegnare. A cominciare dalla considerazione per l’umanità e la varietà di quelli che allora – senza mezzi termini e senza sconti – erano gli “immigrati” negli Stati Uniti: gli italiani. Nell’immaginario comune della società americana tutti e indiscriminatamente sporchi, incivili e violenti. E soprattutto colpevoli, sempre. Come quando nel 1890, dopo l’assassinio del capo della polizia di New Orleans, la colpa venne fatta ricadere, senza alcuna prova certa, sugli italiani: sporchi, incivili e violenti. Fra le poche voci a levarsi in loro favore quella della Cabrini: «Gli italiani sono stati diffamati al punto che la folla, aizzata da chi ne voleva l’espulsione, ne ha linciati a dozzine». Il medesimo linguaggio tossico e violento che oggi è predominante, in grado di avvelenare ben altro che il solo clima politico, ma di penetrare la società – anche la più giovane e fragile. Perché le migrazioni sono «una possibilità che Dio dà agli uomini», per il citare una battuta del film. Che non rimanga solo questo.
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1 commento su “Francesca Saverio Cabrini. La sua vita “da film” in un film di grande attualità”