L’inculturazione ai tempi dell’Expo. Intervista a p. Fabrizio Bazzoni, L.C.

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Una chiesa aperta di notte e una Messa alle 23.30 per favorire la partecipazione di giovani e turisti. È l’inculturazione versione Navigli, nel cuore della movida milanese. «Un’iniziativa della “piccola comunità” per la “grande comunità” che è la Chiesa universale e, ancora più in là, per ogni persona cristiana e non», spiega p. Fabrizio Bazzoni L.C., classe 1979, sacerdote dell’oratorio e principale incaricato della celebrazione notturna presso la chiesa di Santa Maria delle Grazie al Naviglio. «Sabato scorso una coppia di spagnoli mi diceva che non avevano mai visto una chiesa aperta di sera».

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Padre Fabrizio Bazzoni, L.C.
Padre Fabrizio Bazzoni, L.C.

Drink, aperitivi, cibo e divertimenti fast. Tratti che accomunano i Navigli, cuore della movida milanese, e la grande manifestazione internazionale e cittadina di questi mesi, l’Expo. In entrambi i casi realtà apparentemente lontane dagli orizzonti della Chiesa, eppure nelle quali essa ha trovato un suo spazio, per giunta di successo. Come se lo spiega?

Penso che ci sono alcuni momenti storici nei quali la Chiesa è stata particolarmente geniale nel frangente dell’inculturazione. Già nei primi secoli la Lettera a Diogneto sintetizzava questo concetto con la frase: «i cristiani sono nel mondo come l’anima nel corpo. Sono nel mondo, ma senza essere del mondo». Anche nel nostro piccolo mondo dell’Expo e della movida milanese sui Navigli, la Chiesa non sta attuando una contrapposizione Chiesa-mondo, bensì un’inculturazione, mantenendo ciò che è essenziale – l’incontro con Gesù nella comunità – e adattando i metodi della proposta cristiana: padiglione della Santa Sede all’Expo, chiesa aperta sui Navigli, tanto per citarne alcuni d’esempio. La certezza antropologica che l’uomo ha bisogno di Dio e che il suo cuore è inquieto fino a quando non trova Dio (cfr. Sant’Agostino, Le Confessioni, I, 1, 1) sta sicuramente alla base del successo di queste proposte. Anche nel 2015.

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Fra i temi alla base della propria presenza all’Expo, la Santa Sede ha scelto quello della comunità, che si ripropone anche nella celebrazione eucaristica. È possibile un senso di comunità anche in una Messa notturna come quella celebrata a Santa Maria delle Grazie o ci si deve arrendere ad una fruizione occasionale, turistica?

Il tema della comunità è davvero fondamentale. Io penso che sia possibile un senso di comunità anche in una Messa notturna come quella celebrata a Santa Maria delle Grazie per vari motivi. Anzitutto perché l’iniziativa di aprire la chiesa dalle 21.00 alle 24.00 è sorta in consiglio pastorale come un’espressione dell’esigenza missionaria della nostra comunità parrocchiale, che si riconosce in un luogo privilegiato per questo tipo di iniziative. È quindi un’iniziativa della “piccola comunità” per la “grande comunità” che è la Chiesa universale e, ancora più in là, per ogni persona cristiana e non. È bello vedere come si ampliano i confini geografici per abbracciare, in queste attività, una comunità più ampia e per arricchirsi a vicenda. La Messa è il culmine di questa iniziativa di incontro ed è, senza dubbio, un segno non indifferente; molte persone infatti mi hanno detto: «io non posso venire, però è una bellissima idea quella di fare una Messa a mezzanotte». Sabato scorso una coppia di spagnoli mi diceva che non avevano mai visto una chiesa aperta di sera, perché da loro le chiese di sera sono aperte solo il giorno di Natale e proprio per questo si erano fermati lì.

Come cambiano i fedeli delle celebrazioni diurne rispetto a quelle notturne? Sono gli stessi ragazzi della movida?

Cambiano molto. Durante il giorno la chiesa ha un’entità prevalentemente parrocchiale, come tutte le altre chiese di Milano: celebrazioni eucaristiche, funerali, catechesi, ecc. Però durante la sera si trasforma. Forse è un’espressione un po’ azzardata, però direi che diventa come un “santuario” sui Navigli. Infatti di sera, dalle 21.00 alle 24.00, la maggior parte delle persone che entrano non sono parrocchiani, ma giovani o adulti che passeggiano sul Naviglio, vedono la chiesa aperta ed entrano. I motivi per i quali entrano sono diversi: alcuni per pregare, altri per un desiderio artistico, altri ancora per curiosità. Però posso dire che in queste prime sere, dal confessionale e nel dialogo personale, sono stato testimone privilegiato di molti miracoli veri e propri: persone che si riconciliano con Dio dopo anni e anni di lontananza, altre che trovano un sollievo alle loro situazioni disperate o un consiglio per grossi problemi o anche solo uno sfogo che dà pace. Ed è bello sentire nel cuore la stessa gioia di Gesù: «c’è più gioia in cielo per un peccatore che si converte che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione».

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Nessuna perplessità rispetto all’iniziativa? Nessuna voce critica?

Per il momento sia io che il parroco, don Marcello Barlassina, abbiamo ricevuto solo ringraziamenti ed incitamenti a continuare con questa iniziativa.

Calcio, chitarra e pub. Poi la vocazione, l’ingresso nella Legione di Cristo, il tirocinio apostolico in Messico e in Salvador, il sacerdozio. La sua storia personale la aiuta in quest’opera?

Senza dubbio il bagaglio di esperienza che ognuno di noi porta dentro aiuta molto. Qualche anno fa ero anch’io un ragazzo che di sera frequentava posti come la movida. Mi sono chiesto che cosa avrei fatto se fossi passato con i miei amici davanti a una chiesa aperta di sera: ci sarei entrato. E magari avrei provato a tirare dentro anche i miei amici, anche solo per scommessa. Perché quindi non offrire questa opportunità anche ai ragazzi dei Navigli? A livello pratico poi mi aiuta poter parlare con i turisti in diverse lingue, li fa sentire più accolti e più liberi di aprire il loro cuore. Comunque è sempre evidente, ma soprattutto quando si fa questo genere di iniziative, che la cosa più importante è essere strumenti e offrire occasioni a Gesù di entrare nella vita delle persone. È Lui che cambia i cuori e che riesce ad entrare anche solo da una piccola fessura. Noi offriamo solo l’opportunità, a tutto il resto pensa Lui. Per fortuna!

A p. Fabrizio Bazzoni va il mio ringraziamento per avermi dedicato parte del suo tempo, tanto più in una fase delicata dell’anno parrocchiale come è quella degli oratori estivi.

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2 commenti su “L’inculturazione ai tempi dell’Expo. Intervista a p. Fabrizio Bazzoni, L.C.”

  1. io l’ho vissuta in prima persona ed è molto bello e che arricchisce il mio cuore e la mia fede in Cristo. Grazie a Don Marcello al consiglio pastorale e in particolare a Don Fabrizio

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