Humanae vitae. Profetica oggi, segno di contraddizione il prossimo anno

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Data a Roma il 25 luglio 1968, l’enciclica Humanae vitae di Paolo VI si rivela oggi in tutta la sua profetica lungimiranza. Continuando ad essere, fuori e dentro la Chiesa, «segno di contraddizione».

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A pochi giorni dal 39° anniversario della morte di Paolo VI, che ricorrerà il prossimo 6 agosto, e a quasi 50 anni dalla sua pubblicazione, la enciclica Humanae vitae sul «gravissimo dovere di trasmettere la vita umana» è tutt’altro che superata. I temi che affronta – procreazione, amore coniugale, aborto, contraccezione – non solo sono di strettissima attualità, ma lo sguardo di papa Montini si rivela oggi in tutta la sua lungimiranza.

Attuale
Ben lo aveva compreso Benedetto XVI, che nel maggio 2008, in occasione del 40° anniversario dell’enciclica, sottolineava come «la verità espressa nell’Humanae vitae non muta; anzi, proprio alla luce delle nuove scoperte scientifiche, il suo insegnamento si fa più attuale e provoca a riflettere sul valore intrinseco che possiede». Merito della scelta di Paolo VI di affidare il documento ad un’unica «parola chiave per entrare con coerenza nei suoi contenuti […] quella dell’amore».

Contestata
Una precisazione importante per un documento aspramente criticato sin dalla sua pubblicazione, e non solo dagli ambienti laicisti. Tacciata di “antimodernismo”, le resistenze che ancora oggi l’Humanae vitae sperimenta in campo cattolico sono note, ed anzi si sono moltiplicate negli ultimi anni. Ciò, comunque, non solo non muta il giudizio sul documento, ma ne accresce la carica profetica.

Profetica
A quasi 50 anni dall’Humanae vitae – la ricorrenza potrebbe, con ogni probabilità, essere celebrata il prossimo anno da Francesco e a tal proposito si rincorrono già voci sulla possibile costituzione di una commissione incaricata di esaminare l’enciclica – è sotto gli occhi di tutti come la separazione fra l’atto coniugale e sessuale e il concepimento abbia minato senso e legami matrimoniali e familiari, senza per questo contribuire ad eliminare il grande male dell’aborto, «assolutamente da escludere come via lecita per la regolazione delle nascite» (n. 14).

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Famiglia e procreazione
Si deve «riconoscere che un atto di amore reciproco, che pregiudichi la disponibilità a trasmettere la vita che Dio creatore di tutte le cose secondo particolari leggi vi ha immesso, è in contraddizione sia con il disegno divino […], sia con il volere dell’Autore della vita umana […], è contraddire alla natura dell’uomo come a quella della donna e del loro più intimo rapporto» (n. 13). L’introduzione dei «progressi stupendi nel dominio e nell’organizzazione razionale delle forze della natura» (n. 2) conquistati dall’uomo in un ambito così delicato come la generazione della vita ha aperto a deliri sempre più concreti che parlano di esperimenti sugli embrioni umani, fecondazione eterologa, utero in affitto.

Rispetto della donna
Quest’ultima pratica, sempre più in via di affermazione, permette di gettare uno sguardo più ampio al rapporto che lega oggi l’uomo e la donna. «Si può anche temere che l’uomo, abituandosi all’uso delle pratiche anticoncezionali, finisca per perdere il rispetto della donna e, senza più curarsi del suo equilibrio fisico e psicologico, arrivi a considerarla come semplice strumento di godimento egoistico e non più come la sua compagna, rispettata e amata» (n. 17). Dei limiti imposti alla donna, impedita nella sua libera vocazione materna, violentata nella propria anima e mercificata nel proprio corpo, a cinquant’anni dall’Humanae vitae sono tristemente piene le cronache, qualcosa che decenni di rivendicazioni spesso male indirizzate non hanno saputo evitare ed anzi, in taluni casi, hanno più o meno inconsapevolmente agevolato.

Ingerenze di Stato
«Si rifletta anche all’arma pericolosa che si verrebbe a mettere così tra le mani di autorità pubbliche, incuranti delle esigenze morali» (n. 17). Undici anni dopo la pubblicazione dell’Humanae vitae, nel 1979, si introduceva in Cina la famigerata politica del figlio unico. Giustificata con un presunto interesse pubblico, sul lungo periodo questa politica si è rivelata fallimentare a livello economico e sociale. «In tal modo gli uomini, volendo evitare le difficoltà individuali, familiari o sociali che s’incontrano nell’osservanza della legge divina, arriverebbero a lasciare in balia dell’intervento delle autorità pubbliche il settore più personale e più riservato della intimità coniugale» (n. 17). Non serve, comunque, giungere agli estremi dell’imposizione cinese per constatare l’inutilità del contenimento delle nascite per accrescere il benessere nei Paesi in via di sviluppo o come la diffusa noncuranza procreativa nell’Occidente capitalista abbia posto le basi del disastro demografico – oltre che finanziario e previdenziale – in atto.

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Inevitabile segno di contraddizione
Una volta di più “madre e maestra” in un ambito particolarmente delicato quale è quello dell’amore, della sessualità e dell’intimità sponsale, la Chiesa «non si meraviglia di essere fatta, a somiglianza del suo divin fondatore, segno di contraddizione, ma non lascia per questo di proclamare con umile fermezza tutta la legge morale, sia naturale, che evangelica. Di essa la Chiesa non è stata autrice, né può, quindi, esserne arbitra; ne è soltanto depositaria e interprete, senza mai poter dichiarare lecito quel che non lo è» (n. 18). Con misericordia, la Chiesa «non può avere altra condotta verso gli uomini da quella del Redentore: conosce la loro debolezza, ha compassione della folla, accoglie i peccatori; ma non può rinunciare a insegnare la legge che in realtà è quella propria di una vita umana restituita nella sua verità originaria e condotta dallo Spirito di Dio» (n. 19). Dopo cinquant’anni di politiche sociali ed economiche impostate sulla sistematica trasgressione delle norme morali delle quali l’Humanae vitae si fa interprete è palpabile l’abisso di solitudine, delusione e disperazione che ci si è schiuso dinnanzi. Anche comprendere – e far comprendere – questo sarebbe, oggi e il prossimo anno, segno di contraddizione.

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