L’errore di Kaplan e quei cristiani dimenticati in Nordafrica

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Cristiani spazzati via dal Nordafrica? Lo sostiene oggi Robert Kaplan sulla Stampa. Ma la storia e il presente dicono un’altra cosa. Un errore pericoloso, un favore all’estremismo.

«La repentina espansione dell’Islam nel VII e VIII secolo spazzò via la cristianità dal Nord Africa». Così Robert Kaplan in un articolo che compare oggi sulla Stampa (“Cambiare per poter sopravvivere“, in prima pagina e a pagina 5). Vale a dire come cancellare in un sol colpo tutti i cristiani ancora oggi presenti in Nordafrica e fare un favore all’estremismo islamico e al terrorismo.

L’Islam divise «in due le civiltà del Mediterraneo, separate piuttosto che unite dal “Mare di mezzo”» – prosegue nel suo articolo Kaplan, autore e docente universitario statunitense, membro del Center for a New American Security – e «come osservò il filosofo spagnolo José Ortega y Gasset, “tutta la storia europea è stata una grande emigrazione verso Nord”». Pur sorvolando sulle ricostruzioni del medioevo e dell’età moderna operate da Kaplan – a tratti fantasiose e sin troppo inclini ad adeguarsi a visioni della storia rese ormai obsolete dalla ricerca contemporanea – in quanto scrive Kaplan emerge con evidenza una concezione monolitica del Nordafrica, e non solo, che pone più di un problema.

Cristiani in Nordafrica: tutt’altro che assenti

Che «agli inizi del V secolo d.C., quando sant’Agostino viveva» – ed era per giunta nato – «nell’attuale Algeria, il Nord Africa era al centro della cristianità tanto quanto l’Italia o la Grecia» è vero, tanto quanto lo è il fatto che oggi lo scenario sia profondamente mutato. Interpretare però l’odierno Nordafrica come un territorio dal quale il Cristianesimo sia stato “spazzato via” nel VII e VIII secolo è un errore macroscopico e pericoloso.

Se effettivamente la presenza cristiana in Nordafrica si ridusse sensibilmente di pari passo con l’espansione islamica, numerose comunità cristiane continuarono ad esistere per secoli in Marocco, Tunisia, Algeria, Libia ed Egitto. Nonostante un clima a tratti poco tollerante le costringa ad una estrema discrezione, tutt’oggi le comunità di cristiani in Nordafrica sono piuttosto numerose e un certo numero di conversioni si sono registrate sia in epoca coloniale sia in tempi più recenti, agevolate dai molti religiosi che operarono in Nordafrica, non solo con intenti di conversione, ma anche e soprattutto di vicinanza alle popolazioni locali. Realtà come quelle dei Padri Bianchi e del Fichier de Documentation Berbère o quelle del beato Charles de Foucauld, eremita nel Sahara e studioso della lingua e della cultura dei Tuareg, ci avvicinano non solo alle opere di carità educativa e sanitaria, ma anche a quella dei Berberi cristiani. A riunire la comunità cattolica nell’odierno Nordafrica pensa la Conferenza episcopale regionale del Nordafrica, anche se in Algeria risultano più numerosi i protestanti, riuniti nella Chiesa protestante d’Algeria.

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Impossibile poi dimenticare la storica presenza copta. I cristiani copti costituiscono la più grande comunità cristiana del Medioriente e in Egitto raggiungono circa il 10% della popolazione, tra i 5 e i 15 milioni di persone, alle quali si aggiungono le circa 500 mila presenti in Sudan. La maggior parte dei copti si rifà alla Chiesa ortodossa copta, ma non mancano quanti aderiscono alla Chiesa cattolica copta e a varie confessioni protestanti. Una presenza, quella dei copti in Nordafrica, doppiamente impossibile da dimenticare alla luce delle violenze subite dai membri di questa minoranza religiosa, sfociate all’inizio dello scorso anno nella decapitazione di 21 cristiani copti per mano dello Stato islamico, con una scia di sangue protratta fino alla Libia.

Scontro di civiltà: più che motore della storia, carburante dell’estremismo islamico e degli interessi occidentali

«La vera identità europea fu costruita, in larga misura, su un senso di superiorità rispetto al mondo arabo musulmano ai suoi confini», scrive Kaplan, che prosegue citando la tesi di Edward Said secondo la quale «l’Islam ha definito culturalmente l’Europa, mostrandole ciò a cui era contraria». Lo “scontro di civiltà” come motore della storia, dunque, quantomeno europea, combattuto fra una “civiltà” e un nuovo primitivismo “barbarico”, reale o percepito.

Insomma, quella di Kaplan, autore di numerosi libri e articoli apparsi su Washington Post, New York Times e Wall Street Journal e salutato dalla Stampa come esperto di geopolitica, appare come carburante aggiunto al serbatoio dell’estremismo islamico, da sempre fra i maggiori sostenitori di un Nordafrica e di un Medioriente privati della loro storia e del loro presente cristiani. A bruciare nel motore a scoppio delle facili teorie, ancora una volta, verità e pace.

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