Fra le virtù che il cristiano ha appreso da Cristo c’è sicuramente quella del viaggio. Sin dall’infanzia e ancor più durante il breve arco della sua vita pubblica, Gesù percorse instancabilmente la Terra Santa. E con lui Apostoli e discepoli – uomini e donne – che portarono avanti la pratica del viaggio nell’urgenza di diffondere la buona notizia oltre le barriere geografiche, etnica e linguistiche.
Particolare rilievo storico ha la pratica devozionale del pellegrinaggio. Effetto e derivazione del viaggio di evangelizzazione, essa fu per molti versi opposta ad esso: non movimento centrifugo, ma centripeto, secondo direttrici di viaggio simili, ma inverse.
Risalente agli albori del Cristianesimo e vivissima ancora oggi, la pratica del pellegrinaggio ebbe in età medievale il suo momento d’oro e il suo suggello definitivo. Un’inesauribile capacità attrattiva ebbero – ed hanno ancora – i luoghi della vita terrena del Cristo e della sua passione, morte e risurrezione; i luoghi consacrati al culto dei cosiddetti corpi santi, i resti mortali di uomini notevoli, prevalentemente martiri, che si costituirono nei secoli fra le reliquie più preziose della Cristianità; e, infine, i luoghi toccati più in generale da una presenza riconducibile al divino, in grado di elevare l’uomo sopra la comune vita terrena.
La presenza di devoti cristiani in Terra Santa è documentata dal IV secolo, in seguito al rinvenimento da parte di Elena, madre dell’imperatore Costantino – non a caso durante un pellegrinaggio – di un frammento di quella che fu ritenuta la Vera Croce di Cristo e che assurse rapidamente ad una fra le reliquie più note e venerate della Cristianità. La costruzione di santuari in quei luoghi e il susseguente rafforzamento dei flussi di pellegrini, anche e soprattutto europei, contribuirono a definire un universo del pellegrino sempre più specifico, fatto di arte e spiritualità, giungendo sino a delineare precisi stili architettonici e letterari.
È però dal VIII secolo che inizia a comporsi la fisionomia che siamo usi attribuire al pellegrino, fatta di abiti e segni di riconoscimento ben precisi: la schiavina, il lungo soprabito dalle ampie maniche; il sanrocchino, il mantello di tela cerata ispirato all’iconografia di san Rocco; il petaso, cappello dalle larghe tese; il bordone, bastone ricurvo e sovente dalla punta ferrata, al quale appendere la zucca vuota che serviva da borraccia; la scarsella, o bisaccia; e – cosa più importante – i segni dei luoghi santi visitati o che si avevano come meta prossima, obiettivo e vanto del cammino percorso, affrontato per sé e sovente a nome dell’intera comunità di origine: piccole croci e rami d’ulivo o di palma per i palmieri della Terra Santa; la conchiglia di San Giacomo (nota anche come cappasanta o pellegrina) per i peregrini a Santiago de Compostela, in Galizia, sulla tomba dell’apostolo Giacomo il Maggiore; medaglie in piombo con le effigi dei santi Pietro e Paolo o le chiavi incrociate di san Pietro per i romei in visita alle tombe degli apostoli a Roma.
Insieme ai molti oggetti dei quali il pellegrino si caricava durante il viaggio, altrettanti erano quelli che egli lasciava, per adempiere ad un voto, propiziare o testimoniare una grazia ricevuta: stampelle, bende, raffigurazioni dell’arto sanato ed una gamma variegata di ex-voto, insieme a parte delle pene del Purgatorio. Anche lasciare un testamento nel luogo d’origine, prima della partenza per un viaggio che poteva durare mesi o anni, era quasi d’obbligo.
Nel corso della tarda epoca medievale e in età moderna, in un generale mutamento – ma non intiepidimento – della sensibilità religiosa, i pellegrinaggi, condotti sulla breve, medie e lunga distanza, divennero un vero e proprio fenomeno di massa, con notevoli ricadute culturali, sociali, economiche e politiche. Un passo avanti all’altro i pellegrini contribuirono in modo sostanziale alla costruzione dell’Europa, con la sua identità condivisa e le sue radici molteplici ma comuni, oggi in larga parte sottovalutate.
Nell’immagine: Erhard Reuwich, Sbarco dei pellegrini a Giaffa fra caverne e rovine (dettaglio), mappa della Terra Santa per la guida di Bernhard von Breydenbach, Mainz, 1486.
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