Sodoma non fu solo omosessualità, come Betlemme non fu soltanto luce della Natività. Due città che si fanno simboli del tempo che viviamo.
Abitiamo l’epoca dell’interconnessione, eppure viviamo il tempo dell’individualismo. Un orizzonte in cui le città, reali e simboliche, sono un segno.
Contro la natura, anzitutto umana: Sodoma e Gomorra
Pensiamo a Sodoma, città destinataria di un messaggio terribile: distrutta perché troppo grande è la sua corruzione. Violenza omosessuale, certo, ma anche un malcostume che intorbidisce la vita di «giovani e vecchi, tutto il popolo al completo». Un peccato «molto grave», almeno tanto quanto il «grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande».
È così che il peccato “contro natura”, anzitutto la natura umana, acquista un significato ben più ampio e inquietante, dove gli abusi sessuali sono la manifestazione di un male morale più profondo. Che aria tirasse a quel tempo sulle rive del Mar Morto è chiarito dal destino di un’altra delle città distrutte da Dio con una pioggia di fuoco: Gomorra. Non è un caso che don Giuseppe Diana, il parroco di Casal di Principe assassinato nel 1994 dal clan dei Casalesi per il suo impegno contro la mafia in Italia, abbia rievocato Gomorra come emblema di un territorio eroso dalla criminalità.
Più ancora, Gomorra è il simbolo della decadenza di un sistema – gli Stati Uniti, ma potrebbe essere l’Occidente intero – nel libro Slouching Towards Gomorrah: Modern Liberalism and American Decline del giudice, Avvocato generale degli Stati Uniti e intellettuale Robert H. Bork, scomparso nel 2013.
Una visione che, a quasi trent’anni di distanza, mantiene inalterata la propria carica di attualità nel tratteggiare una cultura in declino, minata dall’ascesa del liberalismo moderno e dell’individualismo più radicale, che hanno distrutto al contempo intelletto, cultura e moralità.
Abitiamo, per molti versi, una città sotto assedio. La tesi di Bork è tanto semplice quanto dirimente: possiamo accettare il nostro destino e illuderci di isolarci da una cultura che sta degenerando, oppure scegliere di opporci al liberalismo moderno in ogni ambito, antropologico prima ancora che economico. Dal canto suo, scrive Bork con un occhio alla poetica di William Butler Yeats, «la bestia rozza della decadenza […] ci incurva verso la nostra nuova casa, non Betlemme bensì Gomorra».
Le due Betlemme
Eppure anche Betlemme non è soltanto lo scenario salvifico, talvolta smielato, di una nuova nascita, ma anche il luogo in cui si mostra tutta la concretezza dell’individualismo e della prevaricazione. La strage dei bambini di Betlemme, ordinata dal potere vecchio con l’idea di uccidere un Re nuovo e profetico, oggi è ricordata lì dove si trovava una fossa comune e la tradizione colloca la tomba dei santi innocenti. Sin troppo facile scorgervi il dolore incolpevole e l’agire inumano del tempo presente, che mette alla prova la nostra sensibilità e la nostra fede.
Se qualcuno scorgesse ancora nelle guerre contemporanee la falsa giustificazione di un conflitto fra popoli, tutta l’evidenza dice ormai di una palese collisione fra interessi individuali. L’uccisione indiscriminata dei civili, la tortura, la presa di ostaggi, l’annessione arbitraria di territori, le deportazioni, le rappresaglie in nome di un supposto principio di colpa collettiva ignorano il diritto internazionale e svelano decenni di sforzi compiuti nell’illusione di umanizzare la guerra, cioè di rendere umano ciò che non lo è.
È così che le nuove guerre senza legge feriscono Ucraina, Israele, Palestina, Yemen, Siria, Somalia e decine di altri territori in Africa, America e Asia. Lì si uniscono, ancora una volta, Sodoma e Betlemme. Insieme al potere della loro violenza.
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