La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo di rito ambrosiano 14 gennaio 2024

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II Domenica dopo l’Epifania. La rottura e il legame. Commento al Vangelo di rito ambrosiano, di don Alessandro Noseda.


✠ Vangelo Gv 2, 1-11
In quel tempo. Vi fu una festa di nozze a Cana di Galilea e c’era la madre di Gesù. Fu invitato alle nozze anche Gesù con i suoi discepoli. Venuto a mancare il vino, la madre di Gesù gli disse: «Non hanno vino». E Gesù le rispose: «Donna, che vuoi da me? Non è ancora giunta la mia ora». Sua madre disse ai servitori: «Qualsiasi cosa vi dica, fatela». Vi erano là sei anfore di pietra per la purificazione rituale dei Giudei, contenenti ciascuna da ottanta a centoventi litri. E Gesù disse loro: «Riempite d’acqua le anfore»; e le riempirono fino all’orlo. Disse loro di nuovo: «Ora prendetene e portatene a colui che dirige il banchetto». Ed essi gliene portarono. Come ebbe assaggiato l’acqua diventata vino, colui che dirigeva il banchetto – il quale non sapeva da dove venisse, ma lo sapevano i servitori che avevano preso l’acqua – chiamò lo sposo e gli disse: «Tutti mettono in tavola il vino buono all’inizio e, quando si è già bevuto molto, quello meno buono. Tu invece hai tenuto da parte il vino buono finora». Questo, a Cana di Galilea, fu l’inizio dei segni compiuti da Gesù; egli manifestò la sua gloria e i suoi discepoli credettero in lui.

Il Vangelo ambrosiano della seconda domenica dopo l’Epifania ci presenta le nozze di Cana.

Quando succede qualcosa che assomiglia a una magia, si vorrebbe sempre svelarne il trucco, e se il trucco non c’è ma il miracolo è vero, si vorrebbe coglierne l’attimo. In che momento, dunque, l’acqua è diventata vino?

Come avviene per il famoso gatto di Schrödinger, finché l’acqua non esce dalle anfore, può forse essere sia acqua che vino, ma l’evangelista Giovanni non sarebbe d’accordo, perché per lui il punto cruciale è un altro. Le anfore hanno un significato simbolico: esse rappresentano un’alleanza antica, nella quale il rapporto tra Dio e l’uomo è legato alla legge. In questo “contenitore”, che la Legge rappresenta, l’amore che Gesù è venuto a portare, semplicemente, non ci sta! Quindi, come giustamente nota il biblista Alberto Maggi, “le anfore non potranno mai contenere vino, ma l’acqua diventa vino quando esce”, perché per arrivare all’amore di Gesù, bisogna andare più in là.

Mi viene in mente san Francesco, quando, per andare più in là, rompe la forma canonica della decenza cittadina e si spoglia nudo davanti al vescovo e al padre; oppure madre Teresa di Calcutta, quando valica le porte del suo convento per dar vita a un nuovo modo di essere suora; o ancora a Charles De Foucauld, mentre decide che la distanza con i fratelli di un’altra religione deve essere abbattuta per stare in mezzo a loro, portando direttamente l’amore di Cristo.

Le nozze di Cana sono, da un certo punto di vista, un ossimoro, perché accostano rottura e legame, o forse, semplicemente, ci svelano che i legami d’amore hanno sempre bisogno di una rottura, e dunque di un superamento, anche di ciò che ci è così caro, e apparentemente, così necessario.

Il coraggio non sta nel rinnegare l’amore, ma nell’accettare la sfida di renderlo nuovo.

La gioia comincia da lì.

Don Alessandro

Don Alessandro Noseda. Nato a Cantù nel 1974. Dopo gli studi classici e la formazione teologica nel Seminario di Venegono, viene ordinato sacerdote nel 2000 dal card. Carlo Maria Martini. Svolge dapprima il suo ministero a Milano come assistente degli Oratori della parrocchia di San Giovanni Battista alla Bicocca e successivamente della parrocchia del Santissimo Redentore. Dal 2007 al 2011 è cappellano presso l’Università degli Studi di Milano Bicocca. Attualmente è parroco nella parrocchia di Gesù a Nazaret, Quartiere Adriano.

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