Nota a margine. È vero: s’è fatto quel che il Papa non voleva. Ma non sul celibato

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L’esortazione Querida Amazonia ci insegna che il diavolo sta nei dettagli. Dove un tempo c’era Dio. Nota a margine di quel che si è fatto e che il Papa non voleva.

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Si dice che il diavolo sta nei dettagli. Curioso come in precedenza il medesimo detto avesse Dio per protagonista. “Le bon Dieu est dans le détail”, “il buon Dio è nei dettagli”, pare abbia detto Gustave Flaubert. Sarebbe interessante capire quando – e perché – si è passati da Dio al diavolo. Forse perché questa seconda versione è più vicina al quotidiano del nostro tempo, e se così fosse non ci sarebbe da gioirne.

Lo potremmo dire anche della Querida Amazonia. Ma, ancora prima, del Sinodo dell’Amazzonia. A distanza di quasi due giorni dalla sua pubblicazione, l’esortazione apostolica post-sinodale è già entrata nel novero delle occasioni mancate. Tutt’altro che per l’assenza di sdoganamenti – davvero ci si attendeva questo? – ma per l’incapacità di andare al di là di una dinamica che da anni si ripete uguale a sé stessa.

La quasi totalità dei commenti, da due giorni a questa parte, si concentra pressoché esclusivamente sul tema del celibato ecclesiastico, sulla sua mancata abolizione, così come sugli spiragli lasciati aperti e attraverso i quali poter ancora intrufolare le proprie opinioni in materia. Sebbene più raramente, in modo analogo si guarda anche all’ordinazione delle donne. È così che il documento diviene, di penna in penna e di tastiera in tastiera, l’attestazione di un Pontificato ormai “alla fine”, contro il quale “i tradizionalisti hanno ottenuto il proprio scopo”, nella riproposizione di una “totale continuità con il passato” e comunque, sempre, segnato da precari e forzati equilibrismi.

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Poco importa se il Sinodo dell’Amazzonia non era nato per essere un sondaggio sul sì o sul no ai preti sposati, e che tanto meno l’esortazione apostolica sia il frutto di una tornata elettorale. «Papa Francesco – come fa osservare una nota del direttore editoriale dei media vaticani, Andrea Tornielli – testimonia uno sguardo che eccede le diatribe dialettiche che hanno finito per rappresentare il Sinodo quasi come un referendum sulla possibilità di ordinare sacerdoti uomini sposati».

Curiosamente, una cosa aveva esplicitamente chiesto Francesco. E, al di là di tante speculazioni che hanno la pretesa di indagare la mente del Pontefice, non era l’abolizione del celibato sacerdotale. «Un ringraziamento ai mezzi di comunicazione», diceva Francesco il 26 ottobre scorso, nel discorso a chiusura dell’Assemblea sinodale amazzonica. «Chiederei loro un favore: che nella diffusione che fanno del Documento finale si attengano soprattutto alle diagnosi, che è la parte pesante, che è la parte dove realmente il Sinodo si è espresso al meglio: la diagnosi culturale, la diagnosi sociale, la diagnosi pastorale e la diagnosi ecologica. […] Il pericolo può essere che si soffermino […] su che cosa hanno deciso in quella questione disciplinare, che cosa hanno deciso in quell’altra, quale partito ha vinto e quale ha perso. Ossia su piccole cose disciplinari che hanno la loro trascendenza, ma che non farebbero il bene che questo Sinodo deve fare».

Molto, certo, ci sarebbe da interrogarsi sulla reale portata di «piccole cose» che, per un verso o per l’altro, sono divenute di interesse e, potenzialmente, di portata tutt’altro che insignificante. E, ancora, per i motivi più vari si ricerca ciò che fa notizia, e anche questo è comprensibile, sebbene si potrebbe obiettare che il pubblico potrebbe essere meglio nutrito con la buona parola, invece che pasturato di sensazionalismo. Ma tant’è: per tutti, ma soprattutto per chi oggi si fa deluso portavoce di presunte e inespresse volontà pontificie, siamo di fronte all’ennesima occasione utile per una valutazione. «Pensiamo a questo peccato della mondanità. Di perdere il genuino del Vangelo. Il genuino della Parola», sottolineava Francesco da Santa Marta all’indomani della pubblicazione dell’esortazione. “Genuinità” è un concetto meraviglioso. Tanto più se applicato ad una Parola che ha l’iniziale maiuscola quando è di Dio, ma che è anche la perduta genuinità di una parola minuscola detta, più prosaicamente, dagli uomini.

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