La Russia “tagga” il Papa e invia un messaggio all’Occidente

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La storia è fatta di appuntamenti. Appuntamenti con la storia da non mancare, nel presente. Appuntamenti da ricordare, nel passato.


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Lo fa – e con scopi ben precisi – anche la Russia in questi giorni di guerra. Sin dalle prime settimane la guerra di Putin in Ucraina ha fissato un punto di svolta – si sussurrava per la pace, oggi si minaccia per la “guerra totale” – al 9 maggio: il Den’ Pobedy, il Giorno della Vittoria russa sul nazismo nella seconda guerra mondiale. Ma lo ha fatto in questi giorni anche con una fotografia – e una curiosa operazione social.

Il tweet: un messaggio all’Occidente?

Il 27 aprile scorso, a dieci giorni dalle ricorrenza della Pasqua secondo il calendario gregoriano (“Pasqua cattolica”) e tre giorni dopo la sua ricorrenza nel calendario giuliano (“Pasqua ortodossa”), il Ministero degli Affari Esteri della Federazione Russa ha diffuso sul proprio account Twitter ufficiale una curiosa fotografia.

Si tratta di uno scatto dello storico incontro in Vaticano fra papa Paolo VI e l’allora ministro degli Affari Esteri dell’Unione Sovietica, Andrej Andreevič Gromyko. È il 27 aprile 1966 e Gromyko sta preparando il viaggio in Vaticano del presidente del Presidium del Soviet Supremo dell’URSS, Nikolaj Viktorovič Podgornyj. Dopo i contatti informali mantenuti attraverso i vescovi della Chiesa ortodossa russa anche durante la guerra e il comune riconoscimento del nazismo come nemico dell’umanità, con Nikita Sergeevič Chruščëv i rapporti sembrano orientarsi ad una maggiore distensione. Tanto più che, negli stessi anni, gli Stati Uniti sono impegnati nella sanguinosa guerra del Vietnam e nella complessa fase del dopo-assassinio del presidente Kennedy.

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Scrive oggi su Twitter il Ministero degli Affari Esteri russo: «#OTD [in questo giorno, ndr] nel 1966, Papa Paolo VI e il ministro degli Affari Esteri sovietico Andrey #Gromyko si incontrarono in #Vaticano. Era difficile trovare sistemi statali così diversi tra loro, eppure i loro rappresentanti sono riusciti a tenere un dialogo costruttivo – una lezione da imparare. #HistoryOfDiplomacy».

È interessante notare i tag – cioè i profili a cui l’immagine è stata espressamente segnalata – scelti dal Ministero russo per il proprio tweet: l’account Twitter del Papa in lingua inglese (@Pontifex), quelli dei media vaticani Vatican News in lingua russa, inglese, spagnola e portoghese, del Dipartimento di storia del Ministero degli Affari Esteri russo, della Società storica militare russa presieduta da Vladimir Medinsky (già ministro della cultura russo), del rappresentante permanente della Russia presso le Organizzazioni Internazionali a Vienna Mikhail Ulyanov, del rappresentante permanente della Federazione Russa presso l’Ufficio delle Nazioni Unite a Ginevra Gennady Gatilov e, infine, del vice-rappresentante Alexander Alimov. Una miscela singolare, che fa sospettare l’intenzione di inviare un piccolo ma ben preciso messaggio alla Santa Sede.

Andrei Gromyko, l’uomo della diplomazia (anche in Vaticano)

Anche la scelta di rievocare Andrei Gromyko appare nulla affatto casuale. Al tempo dei difficili rapporti di Unione Sovietica e Santa Sede, durante l’ateismo di Stato imposto dal Comunismo alla Russia, Gromyko non è soltanto un diplomatico che prende parte alle più importanti conferenze civili e militari, bensì l’uomo che rappresenta gran parte della parabola diplomatica sovietica nella fase della destalinizzazione.

Di famiglia contadina, originario della provincia di Mogilev, nell’attuale Bielorussia, Andrei Gromyko è a capo del Ministero degli Affari Esteri per quasi 30 anni, dal 1957 al 1985, nella posizione di contribuire a plasmare l’ordine mondiale del dopoguerra, con la normalizzazione delle relazioni tra Russia, Stati europei (a cominciare dal Trattato di Mosca del 1970 fra Unione Sovietica e Germania Ovest) e Stati Uniti, favorendo anche l’ascesa al potere di Michail Gorbačëv.

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Meglio 10 anni di trattative che un giorno di guerra

Sembra che la prima conversazione fra Gromyko e Paolo VI abbia luogo a New York, in una riunione delle Nazioni Unite del 1965. Fra il 1966 e il 1975 Gromyko incontra Paolo VI altre quattro volte, e altre due Gromyko incontra Giovanni Paolo II negli anni successivi. Un record. Si può dire che le relazioni tra l’URSS e il Vaticano passino attraverso Gromyko. Dall’inizio degli anni Sessanta il Vaticano inizia a svolgere quel ruolo di mediazione fra l’URSS e l’Occidente che emerge con particolare evidenza, fra l’altro, nel corso della crisi dei missili di Cuba.

I rapporti fra la diplomazia del Papa e il diplomatico più intransigente dell’URSS – “Mr. Nyet”, “signor no” – costituiscono forse nelle intenzioni un buon esempio di come sia possibile trovare una lingua comune con la Russia. Anche su questioni difficili. Anche con una storia di relazioni tutt’altro che semplice. Quando, al tempo di Gromyko, il motto era “meglio 10 anni di trattative che un giorno di guerra”. Altri tempi.

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