Halloween: ciò che conta è cosa sia oggi. La partita si gioca fra l’arancione e il nero: educazione alla vita oppure esaltazione della morte fine a se stessa?
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Ripugna anche solo pensare all’accostamento: i morti della guerra in Ucraina, siano essi ucraini oppure russi, e l’ormai prossimo appuntamento con Halloween. E lo stesso si potrebbe dire per i morti sul lavoro oppure di Covid.
Eppure, secondo alcuni, sarebbe proprio questo il senso della ricorrenza: un’esorcizzazione comunitaria della morte, contro la rimozione collettiva della malattia e del dolore. La morte spiegata ai bambini, qualche volta agli adulti. Perché non applicarlo anche alle piaghe del nostro tempo, quindi?
Disturbante? Sì. E menomale. Perché la giustificazione di un Halloween – di questo Halloween – come educativo regge quel tanto che serve per rendersi conto che la morte, quella senza trucco, è cosa decisamente più seria e che in tempi come quelli che viviamo ci viene ben più spesso e brutalmente gettata in faccia, anche senza streghe e zucche.
Eppure ci sono appuntamenti che non è possibile evitare (ed evitarsi): fra questi, il dibattito, cattolico e non, di fine ottobre attorno ad Halloween.
Per una volta, la storia è ormai tanto vasta e controversa che importa poco. Che sia quella della festa celtica di Samhain oppure la celebrazione sopra le righe esportata dagli Stati Uniti, condita di All Hollows’ Eve, la (cattolica) vigilia di Ognissanti, e delle Jack-o’-lantern della tradizione irlandese. Tanto più che esistono un po’ ovunque tradizioni per certi versi affini, come il messicano Dia de Los Muertos o la sarda Is Animeddas.
Ciò che conta è cosa Halloween sia oggi. Per i più, un innocuo appuntamento consumistico per svagare piccoli e grandi, dove l’unica vittima è il portafoglio. In pochi, e per ragioni diverse, di Halloween sottolineano altre implicazioni: da quelle sociologiche (si è già detto) ai pericoli di una colonizzazione culturale, se non di infiltrazioni sataniste.
Esoterismo e occultismo, materie serie senza dubbio. E tutt’altro che uno scherzo. Ma che certo non attendono la “notte delle streghe” per rendersi concrete nel cuore dell’uomo e nella società.
Nondimeno, dubbi legittimi, tanto più che ormai la festa di Halloween si è fatta strada anche nel mondo della scuola: non sono pochi gli istituti dove gli insegnanti fanno festa insieme ai ragazzi. È giusto manifestare qualche preoccupazione oppure siamo di fronte ad una semplice carnevalata del macabro?
Certo, è da considerare la dimensione nichilista e idolatrica di Halloween, anzitutto dell’idolatria del denaro e dello “sballo”. Ma non è un tratto comune a tutti i fine settimana (sante domeniche comprese) e a molte altre celebrazioni, a cominciare dalla Pasqua e dai sacramenti dell’iniziazione cristiana?
Quel che è certo è che la funzione catechetica di Halloween, se mai è esistita, è ormai ampiamente oscurata. Vogliamo credere che bambini e adulti vengano educati a considerare la morte come un evento di natura (e di fede) di cui non avere paura a suon di mascherate? Sembra difficile. Ma, in ultima analisi, la partita si gioca proprio fra l’arancione e il nero: educazione alla vita oppure esaltazione della morte fine a se stessa?
Quale pericolo corrono, realmente, le tradizioni di raccoglimento attorno al ricordo dei santi e dei cari defunti? Forse, anzitutto, quello di ridurre donne e uomini per i quali la fede è stata ragione di vita ad un semplice valore del nostro passato. Dimenticando, ben più di una sera all’anno, che si tratta di attualissima materia di speranza dopo la morte e, almeno secondo la prospettiva cristiana, dell’autentico senso della vita.
Che fare, dunque? Combattere o ignorare? Da rifletterci, in attesa dei prossimi, immancabili appuntamenti: il babbo in volo sopra il Natale e le befane a cavalcioni dell’Epifania.
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