Dopo la ripresa delle celebrazioni religiose (e di molto altro), aumentano in Germania i nuovi casi di Covid-19. Le Chiese cristiane rassicurano, ma si teme la rottura della fragile intesa con il governo di Angela Merkel.
Santa Messa, ma nessuna santa pace. Dopo settimane di aspre contrapposizioni fra il governo centrale e la Conferenza episcopale tedesca, capofila di una più vasta mobilitazione in favore della riapertura delle chiese che ha visto unite le principali confessioni cristiane, in Germania la ripartenza appare già sul punto di infrangersi contro lo scoglio dell’aumento dei contagi.
Per quanto prevedibile, infatti, non fa ben sperare l’evoluzione dei casi di coronavirus verificatasi oltralpe negli ultimi giorni. È di ieri la notizia, diffusa dall’agenzia di stampa ANA-MPA, di oltre 150 nuovi casi di Covid-19 riconducibili alla partecipazione a funzioni religiose in Germania. Fra le città più colpite Francoforte, con 107 nuovi contagiati e dove già nei giorni scorsi era stata confermata una quarantina di nuovi casi in seguito alla partecipazione ad una celebrazione religiosa in una chiesa battista ad inizio maggio, nell’immediato post-lockdown. Altri 42 casi sono stati segnalati nel resto dello Stato dell’Assia, in particolare a Hanau e nel Wetteraukreis. Pochi i ricoverati in ospedale, numerosi invece i fedeli positivi asintomatici in cura presso il proprio domicilio.
La congregazione battista cui appartiene la chiesa di Francoforte rassicura, e sulla vicenda è intervenuta anche la diocesi cattolica di Limburgo, suffraganea di quella di Colonia e nel cui territorio si trova Francoforte, precisando che al momento non sono noti casi riguardanti la comunità cattolica.
Va anche sottolineato che il verificarsi di nuovi contagi in seguito all’allentamento delle misure anti-Covid non riguarda soltanto le celebrazioni religiose. Nel distretto rurale di Main-Kinzig-Kreis già nei giorni scorsi le autorità avevano riferito di almeno 16 soggetti risultati positivi dopo essersi recati a Francoforte per un evento pubblico, così come di 7 nuovi contagi in un ristorante di Leer, nella Bassa Sassonia.
Non si può negare, però, che le chiese rimangano – per vari motivi, anche ideologici – le osservate speciali in questa pandemia. Solo dal 1° maggio, insieme a musei e parchi giochi, le celebrazioni religiose alla presenza fisica dei fedeli sono tornate possibili in Germania, dopo settimane di complesso negoziato con il governo centrale di Angela Merkel. Al centro della contrapposizione, la decisione della Cancelliera di riaprire da metà aprile numerosi esercizi commerciali, ma di mantenere chiusi i luoghi di culto. Una risoluzione che aveva suscitato le ire di cattolici e protestanti, con il neo-presidente della Conferenza episcopale tedesca, mons. Georg Bätzing – succeduto ad inizio marzo al card. Reinhard Marx – che si era detto sconcertato per la presa di posizione della Merkel, ritenuta incomprensibile. Recentemente anche l’Alta Corte tedesca aveva contribuito ad agitare le acque con una sentenza in cui metteva in discussione le misure eccessivamente rigide in tema di funzioni religiose, giudicate una violazione delle disposizioni costituzionali sulla libertà religiosa.
E in Italia? All’indomani delle prime messe domenicali celebrate alla presenza dei fedeli dopo mesi di isolamento è ancora presto per un bilancio. Realisticamente, nonostante le misure sanitarie messe in campo da Stato e parrocchie, non sorprenderebbe l’individuazione di episodi di contagio riconducibili alla partecipazione alle ritrovate celebrazioni, così come ad altre occasioni di – pur distanziata – prossimità fra persone. Resta da vedere se e quando si verificheranno nuovi casi di contagio nei luoghi di culto e se la loro entità sarà tale da guastare le riaperture, dopo le settimane di tensione che hanno caratterizzato i rapporti fra il Governo Conte e la Conferenza episcopale. L’Italia (e la Francia) guarda già alla Germania, e la vista non è delle più rassicuranti.
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