Francesco e Satana: dall’indifferenza alle critiche. Eppure Amorth e Scicluna…

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Pape Satàn, pape Satàn aleppe! Un’espressione misteriosa, almeno tanto quanto il fatto che i numerosi riferimenti di Francesco a Satana fossero finora passati sotto silenzio. Finora. Perché l’ultimo – la paternità diabolica dei crimini perpetrati da alcuni sacerdoti ai danni di bambini e ragazzi – gli è valso una selva indignata di critiche. Da parte del Papa il tentativo di ridimensionare le colpe di alcuni umanissimi, eppure così disumani, prelati? Tutt’altro. Rigurgiti medievali? Nulla affatto. Ma forse la fine della strategia dell’indifferenza nei confronti di Francesco. Che nella sua analisi era stato anticipato da padre Amorth e mons. Scicluna.

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La reazione dei media internazionali è chiara: il riferimento di Francesco a Satana, nel discorso a conclusione del summit sulla “Protezione dei minori nella Chiesa”, non è piaciuto. «Pedofilia: incriminando Satana, il papa indebolisce il suo discorso», titola il francese Le Monde. Gli fanno eco il sito della rete televisiva all-news LCI: «La mano di “Satana” dietro la pedo-criminalità: il Papa delude le vittime» e Libération: «Non è la mano di Satana che mi ha toccato le natiche!». Se la laicissima stampa d’Oltralpe appare in queste ore la più agguerrita, non è la sola. «Il Papa incolpa “Satana” per gli abusi del clero mentre gli attivisti liquidano il suo discorso come una “trovata pubblicitaria”», azzarda il britannico The Guardian. Perché tanto accanimento?

Nei quasi sei anni del suo pontificato, i riferimenti di Francesco a Satana – come di entità reale e personale, tutt’altro che principio mitico o indefinito – sono numerosi. Ma, pronunciati per lo più durante la quotidiana messa a Santa Marta o durante la catechesi del mercoledì, fino ad ora non avevano disturbato la tranquilla indignazione dei benpensanti. Evocare il Maligno in un tema così delicato – e strumentalizzato – come quello dei crimini di pedofilia e pederastia nella Chiesa, invece, è un’altra cosa. Perché colloca il Maligno direttamente nella storia – e nella cronaca – obbligando a farci i conti. In maniera né mitica né indefinita. Più facile, allora, sposare la tesi del tentativo del Papa di “giustificarsi” – leggasi fare scaricabarile – che tale, naturalmente, non voleva essere e non è.

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Tanto più che il pensiero di Francesco è decisamente più articolato di quanto riferisce gran parte dei media. Lo aveva già lasciato intendere nel 2014, al rientro dal suo viaggio in Terra Santa. «Un sacerdote che compie un abuso, tradisce il corpo del Signore. Il prete deve portare il bambino o la bambina alla santità. E questo si fida di lui. Invece di portarlo alla santità, lui lo abusa. È gravissimo. È come fare una messa nera», aveva detto allora il Pontefice. È il magistero più volte espresso da Francesco: la Chiesa, in special modo nei suoi membri più fragili (bambini, poveri, migranti), è realmente popolo di Dio, corpo di Cristo e tempio dello Spirito Santo. Con tutte le conseguenze che questo implica, anche in termini di profanazione.

Satana e l’inferno sono comparsi in almeno altri due momenti di questa terribile vicenda. È il 2010 – con la tempesta pedofilia e pederastia già all’orizzonte e Benedetto XVI sotto attacco – quando, con invidiabile puntualità, il Male fa il suo ingresso sulla scena. A chiamarlo in causa padre Gabriele Amorth, esorcista della diocesi di Roma e forse tra i più famosi al mondo, e mons. Charles Scicluna, all’epoca promotore di giustizia della Congregazione per la dottrina della fede e in seguito inviato dal Papa in missione pastorale nella diocesi di Osorno, nel Cile del caso Barros-Karadima.

Secondo padre Amorth, il Demonio agirebbe “usando” gli stessi preti pedofili. «Il diavolo tenta chiunque. Dai politici, agli uomini della finanza, fino agli sportivi tutti possono essere attratti dalle forze oscure. Non c’è pertanto da stupirsi se anche preti e sacerdoti vengono contagiati da Satana», dichiara il sacerdote in un’intervista alla CNN. «Ma c’è una differenza tra coloro che sono posseduti dal diavolo e coloro che invece sono spinti ad abbracciare il male. I casi di abusi sessuali da parte di alcuni preti riguardano il secondo caso». Aggiungendo: «Il Diavolo è in Vaticano e le conseguenze sono evidenti». Tanto che, per parafrasare le parole che furono di Paolo VI, ormai non se ne vede solo il fumo, ma se ne sente anche il puzzo.

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A dire qualcosa sul destino che potrebbe attendere i sacerdoti che si sono macchiati di pedofilia pensa invece mons. Scicluna. Nello stesso 2010, ricordando l’interpretazione che fu di Gregorio Magno del passo del Vangelo di Marco nel quale Cristo menziona la celebre “macina al collo”, l’attuale arcivescovo di Malta sottolinea che chi, «rivestitosi dell’apparenza della santità, rovina gli altri con la parola e con l’esempio» avrebbe avuto miglior sorte morendo «quand’era nello stato laicale», perché la sua «pena infernale» in quel caso lo avrebbe «tormentato» in modo «comunque più tollerabile». Come a dire che l’inferno non è poi così simbolico. Né così vuoto.

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