La Parola, la Chiesa, il mondo. Commento al Vangelo ambrosiano del 3 marzo 2019

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3 marzo 2019. Domenica ultima dopo l’Epifania, anno C. Commento al Vangelo, di don Ezio Fonio.

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Questa domenica, dal punto di vista cronologico, è l’VIII dopo l’Epifania, ma dal punto di vista liturgico è la domenica ultima dopo l’Epifania (cf la premessa che ho scritto al commento di domenica 3 febbraio). È detta “domenica del perdono”, e al perdono fanno riferimento le letture. Noi qui commentiamo solo il Vangelo, che nell’anno C è quello della conversione di Zaccheo.

Vangelo della Messa (Luca 19, 1-10)
In quel tempo. Il Signore Gesù entrò nella città di Gerico e la stava attraversando, quand’ecco un uomo, di nome Zaccheo, capo dei pubblicani e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non gli riusciva a causa della folla, perché era piccolo di statura. Allora corse avanti e, per riuscire a vederlo, salì su un sicomòro, perché doveva passare di là. Quando giunse sul luogo, Gesù alzò lo sguardo e gli disse: «Zaccheo, scendi subito, perché oggi devo fermarmi a casa tua». Scese in fretta e lo accolse pieno di gioia. Vedendo ciò, tutti mormoravano: «È entrato in casa di un peccatore!». Ma Zaccheo, alzatosi, disse al Signore: «Ecco, Signore, io do la metà di ciò che possiedo ai poveri e, se ho rubato a qualcuno, restituisco quattro volte tanto». Gesù gli rispose: «Oggi per questa casa è venuta la salvezza, perché anch’egli è figlio di Abramo. Il Figlio dell’uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto».

Commento
Gesù a Gerico incontra Zaccheo, il capo dei pubblicani, cioè degli esattori delle tasse, che erano considerati dei peccatori, come abbiamo detto nel commento di domenica scorsa a proposito di Levi, in quanto toccavano le monete romane che riportavano l’effigie dell’imperatore, che era considerato una divinità. Questo fatto era ritenuto una mancanza grave contro il primo precetto del Decalogo (cfr. Esodo 20,2-5).

Nell’episodio di Zaccheo notiamo che è quest’ultimo a prendere l’iniziativa. Infatti, egli, attratto dalla nomea di Gesù ed essendo piccolo di statura, sale su un sicomòro per poterlo vedere. Evidentemente Gesù gli chiede di poterlo ospitare a casa sua perché ne conosceva la disponibilità ad accoglierlo come persona. Gesù non forza mai la libertà dell’uomo. L’esempio classico è quello della parabola dei due figli, dove il padre lascia che il figlio minore si allontani da casa, ma lo accoglie e gli viene incontro solo quando lo vede spuntare da lontano. Questa disposizione d’animo che dispone alla conversione è già una grazia di Dio, come insegna la Teologia.

Notiamo l’atteggiamento dei farisei, che si preoccupano solo dell’osservanza esatta della legge e non della salvezza dei peccatori, nonostante l’insegnamento del profeta Ezechiele, che pure dovevano conoscere (33,8-15). Come è diverso l’atteggiamento di Zaccheo che accoglie con gioia Gesù, pur consapevole di essere un peccatore! E osserviamo come Zaccheo sa bene quale sia il suo vero peccato: non la formalità di toccare monete con l’effigie dell’imperatore, ma il fatto di essere usuraio. Sappiamo che i pubblicani stabilivano l’importo delle imposte aumentandolo di loro iniziativa rispetto a quanto avevano versato all’erario. Zaccheo sa che la ricchezza concentrata nelle mani di pochi è la prima ingiustizia sociale che produce povertà e clamorosamente non si limita a dichiarare di restituire quanto rubato ingiustamente, ma vuole ripagare col quadruplo i derubati e destinare metà di quanto possiede ai poveri.

Ma chi lo ha seguito nella storia? Ben pochi: molte persone che non hanno figli lasciano in beneficienza i propri beni, ma da vivi sono veramente casi eccezionali. Ne ricordo uno che mi ha colpito da ragazzo, leggendo la rivista del PIME, Pontificio Istituto Missioni Estere: il venerabile dottor Marcello Candia (Portici 1916 – Milano 1983). Figlio di un industriale della chimica, fece sempre beneficienza, ma nel 1965 decise di partire come missionario laico per il Brasile e chiuse la fabbrica di cui era proprietario dopo aver sistemato tutti i dipendenti. Celibe per scelta, il dottor Candia, operò per i malati e poi andò a vivere nel lebbrosario di Marituba, che lasciò dopo aver scoperto di avere un cancro alla pelle, ormai esteso ai polmoni e al fegato, per tornare a morire in patria. Dio gli aveva chiesto di condividere con i poveri le loro stesse sofferenze!

Questo Vangelo mi offre l’opportunità di fare due applicazioni relative ai giorni nostri. La prima riguarda il sacramento della Riconciliazione, da molti vissuto come un incubo, una costrizione e un’umiliazione. Pesa qui probabilmente anche un’esasperazione della confessione praticata, specialmente in passato ma anche oggi, da parte di alcuni ministri, come un interrogatorio di polizia e che quindi non produce quella gioia che ha provato Zaccheo, e dove hanno prevalso considerazioni legaliste sulla pratica della Messa festiva e sulle mancanze contro il sesto e nono comandamento (intendo le domande classiche dei confessori al riguardo), tralasciando l’insegnamento evangelico delle beatitudini e delle opere di misericordia (nessuna domanda al riguardo). Già san Giovanni Paolo II aveva esortato i sacerdoti ad ascoltare, piuttosto che fare domande di tipo inquisitorio, e Francesco, pur non trattando il problema direttamente, nella pratica ha dimostrato e dimostra che è necessario tornare alla prospettiva evangelica. Qualcuno dirà che si trovano pochi preti disponibili ad ascoltare: è vero, sono diminuiti e sembra che le loro preoccupazioni siano altre, ma questo è un altro discorso. Non basta, anche se è necessario, che le chiese siano aperte e non chiuse come avviene oggi, e che ci siano i sacerdoti nel confessionale, ma è importante come il sacerdote si approcci col penitente, ed è importante che nella catechesi e nelle omelie si parli di questo.

La seconda applicazione è di tipo politico, poiché il cristianesimo, al pari delle altre religioni abramitiche, è una religione politica, al contrario per esempio del buddismo che è una filosofia di vita. Molti imprenditori italiani per decenni hanno esportato capitali all’estero per sottrarli all’esoso fisco italiano. Essi però beneficiano, al pari di tutti i cittadini, di quelle prestazioni dello Stato sociale che vengono garantite a tutti. È questo un furto perché abbassa i livelli minimi di assistenza che lo Stato può fornire. Le leggi che di tanto in tanto vengono emanate dai Governi (di diversa coloritura politica) tendono a fare cassa piuttosto che rendere giustizia ai cittadini, in particolare ai più poveri. Un conto è agevolare il rientro dei capitali, evitando il processo e la detenzione penale a chi compie il ravvedimento operoso, e un conto applicare solo una modesta multa che costituisce uno schiaffo a chi onestamente ha sempre pagato le imposte fino all’ultimo centesimo. Perché invece non dare un premio agli onesti, uno sconto sulle imposte a chi le ha pagate puntualmente, per esempio ogni cinque anni?

Don Ezio

Nato a Caltignaga (No) il 12 febbraio 1953, mostra un precoce interesse per la comunicazione, coniugando opere parrocchiali, impegno sociale e la cronaca per il settimanale cattolico L’Azione e per il telegiornale cattolico Teleradiotrasmesse. Spiccata la passione per l’ambiente, che nel 1976 lo vede tra i fondatori dell’Associazione “Pro Natura Novara”, nella quale mantiene tutt’ora un ruolo attivo. È stato vice-presidente della Federazione nazionale “Pro Natura”. Laureato in Scienze biologiche, da sacerdote salesiano svolge il proprio ministero in diverse case del Piemonte e in Svizzera, dove insegna matematica e scienze nelle scuole medie. Per trent’anni si occupa del Museo Don Bosco di Storia Naturale e delle apparecchiature scientifiche del liceo Valsalice di Torino. Nel 2016 fonda a Novara il Museo scientifico-tecnico “Don Franco Erbea”. Dall’ottobre 2018 è incaricato della Biblioteca salesiana ispettoriale nella Casa madre salesiana di Valdocco, in Torino.

Nell’immagine: Cristo Redentore in trono, IV-VIII sec. con restauri del XVIII sec., Milano, Basilica di Sant’Ambrogio (particolare).

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