La Colombia, Francesco e le donne

Leggi in 5 minuti

Prenderà il via domani la visita di Francesco in Colombia. Ad attendere il Papa anche migliaia di attiviste impegnate nella lotta contro la violenza sulle donne. Un’iniziativa che ha illustri precedenti nei viaggi di Francesco, ma con alterna fortuna.

+++

Fra i numerosi temi ai quali prestare attenzione in un viaggio apostolico in terra latinoamericana che si annuncia già particolarmente interessante, figura certamente l’impegno contro la violenza sulle donne. È già stato annunciato, infatti, che venerdì 8 settembre ad accogliere Francesco a Villavicencio, in Colombia, ci saranno anche 5mila attiviste appartenenti ad una trentina di organizzazioni femminili, che nell’occasione vestiranno di arancione per manifestare in favore di «una vita libera dalle violenze». L’iniziativa, naturalmente, spera di beneficiare del clamore suscitato dalla visita papale per attirare l’attenzione di media e opinione pubblica su un dramma che non affligge soltanto lo Stato sudamericano.

Non è la prima volta che iniziative simili vengono organizzate in concomitanza di un viaggio apostolico di Francesco, con alterna fortuna. Se in Colombia la manifestazione ha infatti incassato l’endorsement del sito della Conferenza episcopale colombiana, ben altra accoglienza ebbe lo scorso anno da parte delle autorità messicane il tentativo avanzato da un gruppo di madri e attiviste di Ciudad Juárez, città tristemente segnata da rapimenti e omicidi di giovani donne. Numerose croci nere su fondo rosa vennero dipinte sui pali della luce lungo una tappa del percorso della visita apostolica di Francesco in Messico, secondo una forma di denuncia diffusa nel Paese. Come rivelato a suo tempo da TV2000, le autorità messicane cancellarono le croci poche ore prima del passaggio del Pontefice e l’iniziativa ottenne, almeno ufficialmente, poca visibilità. Il tempismo non impedì, comunque, a Francesco di ricordare nell’omelia pronunciata durante la Messa celebrata quello stesso giorno nell’area fieristica di Ciudad Juárez le «tante donne alle quali hanno strappato ingiustamente la vita».

Leggi anche:  Le mascotte, regine (economiche) dei giochi olimpici. E “Luce” del Giubileo?

Non sorprende che simili iniziative si siano moltiplicate durante l’attuale pontificato. Negli ultimi anni il tema della violenza contro le donne ha acquistato un’attenzione diversa presso l’opinione pubblica internazionale e anche in seno alla Chiesa, sebbene da anni ci si stia adoperando in varie forme per la valorizzazione delle donne – come dimenticare, ad esempio, il messaggio rivolto da Paolo VI alle donne in chiusura del Concilio Vaticano II o i numerosi interventi di medesimo tenore di Giovanni Paolo I, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI – Francesco si sta mostrando particolarmente sensibile al tema.

La violenza contro le donne trova spazio anche nella Amoris laetitia, esortazione apostolica finora sin troppo nota per ben altre questioni. Francesco vi fa riferimento più volte, denunciando la degenerazione del rapporto fra uomo e donna, che da relazione rischia di divenire un dominio (cfr. n. 19). Particolarmente illuminante circa il pensiero di Francesco sulle rivendicazioni femminili è un passaggio al n. 173. «Apprezzo il femminismo quando non pretende l’uniformità né la negazione della maternità – scrive il Pontefice – perché la grandezza della donna implica tutti i diritti che derivano dalla sua inalienabile dignità umana, ma anche dal suo genio femminile, indispensabile per la società. Le sue capacità specificamente femminili – in particolare la maternità – le conferiscono anche dei doveri, perché il suo essere donna comporta anche una missione peculiare su questa terra, che la società deve proteggere e preservare per il bene di tutti».

Sono molteplici i viaggi apostolici di Francesco già in programma per i prossimi mesi, dal Bangladesh al Cile, in attesa dell’India, dove la violenza sulle donne ha assunto da anni proporzioni terribili. Resta da vedere se anche negli appuntamenti a venire Pontefice e autorità locali concederanno spazio al tema. Ad esempio nel Myanmar della presidentessa e recentemente discusso premio Nobel per la pace Aung San Suu Kyi, segnato da un clima di crescente ostilità nei confronti della minoranza rohingya, nel quale non di rado donne e nuclei familiari risultano i più colpiti. Ad avanzare critiche alla linea “morbida” sinora adottata da Aung San Suu Kyi è stata pochi giorni fa anche la celebre attivista pakistana Malala Yousafzai. «Ho ripetutamente condannato questo tragico e vergognoso trattamento», ha scritto Malala via Twitter. «Sto ancora aspettando che la mia compagna premio Nobel Aung San Suu Kyi faccia lo stesso. Il mondo sta aspettando e i musulmani rohingya stanno aspettando».

Restiamo in contatto

Iscriviti alla newsletter per aggiornamenti sui nuovi contenuti

© La riproduzione integrale degli articoli richiede il consenso scritto dell'autore.

Sostieni Caffestoria.it


Lascia un commento

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Skip to content