Una squadra di calciatori e un Paese con il fiato sospeso di fronte al televisore. È l’altro mondiale che si gioca in Thailandia. In grado di unire la comunità internazionale e persone di fede diversa.
C’è chi dice che i mondiali orfani dell’Italia, in fondo, siano anche migliori: meno allenatori fuori dal campo e più calcio giocato. Magari con qualche punta di sadica (e politically incorrect) soddisfazione per l’eliminazione della Germania. Certo, senza Azzurri in campo all’Italia manca l’occasione per sentirsi davvero una nazione, oltre che una nazionale. E poco importa che le ragioni per esserlo sarebbero molte e ben più importanti, non da ultima la lezione di accoglienza da anni impartita ai compagni di viaggio europei, più volte apprezzata dallo stesso Pontefice ma spesso dimenticata o che si vorrebbe far dimenticare. Non resta che sperare che quella di Lionel Messi e Cristano “CR7” Ronaldo, presumibilmente al loro ultimo mondiale da giocatori, non sia l’unica epoca a volgere al termine. Ma che con essa si concluda anche quella dell’Italia riunita attorno al Tricolore soltanto ogni quattro anni. In attesa delle prossime qualificazioni.
La partita che si sta giocando in questi giorni in Thailandia, da questo punto di vista, rappresenta un caso esemplare. Calcisticamente parlando, quella del Paese asiatico non è una nazionale che si potrebbe definire di successo: neppure una partecipazione mondiale all’attivo. Eppure negli ultimi giorni, per un singolare destino, tutta la Thailandia sta ospitando in queste ore un proprio mondiale, riunita davanti alla televisione a tifare per la stessa squadra di calcio: i “rossi” del Moopa Fc, “il cinghiale”. Con la differenza che qui il maggiore investimento è stato fatto in bombole di ossigeno, circa 600, messe a disposizione dei soccorritori e che hanno segnato la vera svolta tecnica nelle operazioni, insieme alla partecipazione mondiale al soccorso, dal Giappone agli Stati Uniti, dalla Gran Bretagna all’Australia.
I fatti sono noti. Dodici ragazzi, tutti fra gli 11 e i 16 anni, membri di una squadra di calcio giovanile, sono intrappolati dal 23 giugno scorso in una grotta nel nord della Thailandia, dove si erano recati in gita insieme al loro allenatore, 25enne. A causa dell’innalzamento del livello delle acque prodotto dalle piogge monsoniche, infatti, la grotta è finita sott’acqua, separando i giovani dal resto del mondo. La complessa missione di salvataggio subacqueo, tuttora in corso, nelle scorse ore ha riservato uno straordinario momento di gioia con la scoperta che tutti i giovani calciatori sono ancora in vita e in discreta salute. La autorità fanno sapere che l’operazione potrebbe protrarsi per mesi, in attesa di un miglioramento delle condizioni climatiche. Nel frattempo viveri e speranza vengono calati nella grotta, mentre ne vengono pompati fuori acqua e coraggio.
Accanto ai ragazzi si sono stretti, infatti, un intero popolo e le autorità civili, a cominciare dal re di Thailandia e dal governatore della provincia di Chiang Rai. Ma è soprattutto in campo religioso che la varietà non si è fatta attendere. A nome della comunità buddista, maggioritaria in Thailandia, ha parlato il Patriarca Supremo del Buddismo theravada thai, che ha fatto appello all’unità del Paese, mentre sono numerose le offerte votive nelle case, nelle scuole e nei templi. Di diversa natura i sacrifici animali, per lo più polli e maiali, compiuti in onore degli spiriti, che in questi giorni si sono moltiplicati nei villaggi rurali, da dove hanno fatto capolino sulla grande stampa anche gli “eremiti” del tradizionale animismo locale.
Tra le manifestazioni di vicinanza, non è mancato anche un ricordo da parte del Papa, che nell’Angelus di domenica scorsa ha fatto riferimento ai giovani calciatori in difficoltà. Soltanto due mesi fa i vescovi della Thailandia, a Roma per la visita ad limina, avevano ricordato come «nei momenti di difficoltà, cristiani e buddisti ritrovano la cooperazione». I cristiani nel Paese asiatico rappresentano meno dell’1% dei quasi 69 milioni di abitanti. Nondimeno, il ruolo sociale della Chiesa cattolica è forte in un Paese segnato da povertà, traffico di droga, separazione delle famiglie e sfruttamento sessuale, tragicamente anche e soprattutto dei giovanissimi. Fondamentale è la presenza cattolica in campo educativo, forte di 350 scuole che servono 150 mila studenti, quasi tutti buddisti.
© La riproduzione integrale degli articoli richiede il consenso scritto dell'autore.