Prendi una moglie tradita, un marito tutt’altro che pentito e un misterioso omicidio. Cosa c’è di meglio di due chiese per mettere a tacere i pettegolezzi?
Proseguendo lungo i binari del capoluogo lombardo, al numero 116 di Corso Garibaldi, a mezza strada fra i grattacieli futuristici di piazza Gae Aulenti e la stazione M2 di Moscova, si incontra uno degli edifici più rappresentativi della Milano quattrocentesca: le “chiese gemelle” di Santa Maria Incoronata.
Edificato alla metà del XV secolo sul luogo dell’antica chiesa di Santa Maria di Garegnano, l’attuale complesso conta una chiesa, due chiostri e una biblioteca umanistica, tutto ciò che rimane di un convento agostiniano medievale. Dedicata alla Vergine, ma anche a Francesco Sforza in occasione della sua incoronazione a duca di Milano (da qui, il nome della chiesa), Santa Maria Incoronata rappresenta un originale caso di “chiesa doppia”. Ma anche di doppia vita.
Nel 1460, una decina d’anni dopo la costruzione della prima chiesa (l’attuale di sinistra), la moglie di Francesco Sforza, Bianca Maria Visconti, volle ne venisse edificata una seconda, del tutto simile a quella del coniuge, intitolandola a san Nicola da Tolentino. Se appare singolare il risultato – con due facciate identiche, a capanna, ciascuna con un proprio portale di accesso che introduce in una medesima chiesa – lo è ancor di più il motivo della decisione di Bianca Maria: celebrare pubblicamente l’amore e la fedeltà coniugale.
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Se in ogni piccola città i pettegolezzi si rincorrono, non di meno questo accadeva nella “grande” Milano dell’epoca. Le voci sui tradimenti di Francesco erano all’ordine del giorno, almeno tanto quanto i dubbi – mai confermati – sulla reciproca fedeltà della moglie. Si dice anzi che Bianca Maria, donna di governo abile e compassata, mal tollerasse le “scappatelle” di Francesco a tal punto da abbandonarsi a soluzioni estreme. Come nell’episodio, narrato da papa Pio II nei suoi Commentarii, che vuole Bianca Maria aver allontanato dalla corte milanese la prima amante del marito, in seguito rapita ed uccisa in circostanze mai chiarite.
Edificata secondo lo stile gotico lombardo, Santa Maria Incoronata ospita al suo interno successive aggiunte barocche, illustri sepolture (come quella di Gabriele Sforza, arcivescovo di Milano morto 34enne) e opere d’arte di pregio. Fra queste ultime si distingue, nella prima cappella della navata sinistra, detta del Bergognone, un affresco risalente alla seconda metà del Quattrocento, di rara e particolare iconografia, opera di Ambrogio da Fossano: il Torchio mistico. Al centro della composizione, in parte perduta, è rappresentata la “torchiatura” di Cristo, simbolo del sacrificio eucaristico. Gesù è posto nel tino che normalmente accoglie l’uva e il suo sangue, come mosto, è spremuto dalla croce divenuta la pressa del torchio, ed infine raccolto come vino in un calice dai Padri della Chiesa, identificabili con Agostino, Girolamo, Ambrogio e Gregorio.
Nei secoli successivi Santa Maria Incoronata cambia spesso destinazione, di volta in volta adattata a magazzino, lazzaretto, caserma, carcere e scuola di agraria, prima di tornare infine ad essere luogo di culto. In una Chiesa viziata dai pettegolezzi, il colpo di genio di una moglie tradita insegna che anche una chiesa può (forse) servire a farli tacere. Almeno fino alla prossima fermata.
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