L’incarnazione delle paralimpiadi, antidoto al tempo dell’illusione

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Arti che mancano, corpi che si deformano, talenti che trovano una via tortuosa per esprimersi. Movimenti che cedono eleganza per acquistare valore. Sensi costretti a chiedere un aiuto. Difetti che non mancano del coraggio di apparire con il proprio essere, senza fingere di essere il proprio apparire.

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Molto più delle olimpiadi, le paralimpiadi sono la manifestazione del corpo. Fra i molti insegnamenti che è possibile trarre dalle paralimpiadi c’è quello di una dimensione finalmente umana, profondamente calata nella concretezza della carne ferita. L’esatto contrario della direzione imboccata dal mondo: la pretesa di una falsa perfezione estetica; l’illusorio superamento della realtà del proprio corpo, compresa quella sessuale; l’oggettivazione irrazionale della persona. Per non parlare del fascino – quasi spirituale, nella sua falsa promessa di eternità – esercitato da un mondo virtuale che supera la materia.

La massiva dipendenza da internet e dai suoi derivati sta introducendo trasformazioni socioculturali come nessuna altra tossicodipendenza ha fatto nella storia. Il rifugio degli adolescenti in un mondo disincarnato (fenomeno noto in Giappone come hikikomori) non è che una delle manifestazioni più evidenti della sovrastimolazione indotta dalla rete e delle psicopatologie che coinvolgono aree cognitive come la percezione, il pensiero e l’istintualità (cfr. Federico Tonioni, Psicopatologia web-mediata. Dipendenza da internet, Springer, 2013), finendo con l’incupire il lato già oscuro dell’uomo.

Ne sono un altro esempio le guerre sempre più spersonalizzate, combattute attraverso la mediazione delle macchine, in cui la distanza dal corpo del nemico cela, insieme, il volto e la pietà. L’uomo non vuole combattere, e perciò si prepara ad uccidere. L’utilizzo sempre più massiccio delle intelligenze artificiali a fini bellici sta generando l’insidiosa illusione di poter fare la guerra senza l’uomo, ma con gli esseri umani – uomini, donne e bambini fatti di anime e corpi – immancabilmente dalla parte delle vittime. Guerre in cui forse saranno pochissimi gli uccisori, ma moltissimi gli uccisi.

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Il progressivo tramonto delle ideologie e la noncuranza dalla politica intesa come servizio all’uomo non è che l’altra faccia del crescente distacco dalla concretezza della corporeità. Un rischio da cui non è immune neppure la Chiesa. Da un lato, l’illusione dell’autosufficienza. «L’individualismo centrato sul soggetto autonomo tende a vedere l’uomo come essere la cui realizzazione dipende dalle sole sue forze. In questa visione, la figura di Cristo corrisponde più ad un modello che ispira azioni generose, con le sue parole e i suoi gesti, che non a Colui che trasforma la condizione umana», si scrive nella lettera Placuit Deo della Congregazione per la dottrina della fede (2018), denunciando rischi ed eresie di una fede disincarnata.

Dall’altro, il tradimento della propria vocazione, fatta anche di carne e sangue. «Si diffonde la visione di una salvezza meramente interiore, la quale suscita magari una forte convinzione personale, oppure un intenso sentimento, di essere uniti a Dio, ma senza assumere, guarire e rinnovare le nostre relazioni con gli altri e con il mondo creato. Con questa prospettiva diviene difficile cogliere il senso dell’Incarnazione del Verbo». Il cui mistero sta – anche –nella corporeità.

Esageriamo. Le paralimpiadi possono costituire un j’accuse nei confronti del neo-pelagianesimo che pretende l’individuo salvatore di sé stesso, radicalmente autonomo, privato di quella dipendenza, nel più profondo del suo essere, da Dio e dagli altri? E, insieme, la denuncia dello neo-gnosticismo di una salvezza arroccata nel soggettivismo senza limiti, neppure fisici?

Se l’uomo smette di essere carne, non può che ridursi alla pessima caricatura di un angelo, vanificando la propria unicità nel disegno del Creatore. Dobbiamo gratitudine ad ogni singolo atleta paralimpico: ciascuna loro mancanza, o presunta tale, completa la verità di ognuno in modo insostituibile.

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