Eutanasia per over 75 stanchi di vivere. È questa la proposta di legge al vaglio nei Paesi Bassi, frutto di un’iniziativa popolare. Quanto ci siamo spinti lontano, ormai, dalla tenera responsabilità di papa Francesco e dall’illuminata filosofia di Romano Guardini?
Sta suscitando opposizione – e c’era da augurarselo – una proposta di legge intesa ad allentare ulteriormente i limiti dell’eutanasia nei Paesi Bassi, rendendola applicabile anche a uomini e donne con più di 75 anni, in salute, ma che abbiano manifestato «per almeno due mesi un forte desiderio di morire». Lo “spirito” – questo sì terribilmente malato – della legge, spiegano i promotori, sarebbe quello di offrire «una scelta, ad un’età avanzata, se le persone considerano la propria vita completa».
Colpisce la profonda e misconosciuta arroganza che si cela dietro a queste considerazioni. Fa ancora più male – e più riflettere – che la proposta di legge si origini da un’iniziativa popolare, che nel 2010 ha mobilitato 117 mila olandesi. Una volta di più, la scelta sembra orientarsi verso l’eliminazione della persona invece che del problema, con una criminale noncuranza delle ragioni del male di vivere, spesso riconducibili a solitudine e disagio sociale, transitori o che potrebbero essere resi tali.
L’insana affezione di una parte dei Paesi Bassi per l’eutanasia è risaputa. Nonostante l’opposizione di buona parte degli ambienti cristiani e di numerose associazioni, l’eutanasia è stata legalizzata nel 2002 e da allora è a disposizione dei pazienti malati terminali che sperimentano gravi sofferenze e per i quali non si prevedono miglioramenti. Negli anni, però, in più di un’occasione si è andati ben oltre, forzando i limiti della legge nel tentativo di condurne i confini sempre più al largo della disumanità. L’opinione pubblica è ancora scossa – viene da chiedersi quanto – dai recenti sviluppi del caso di una donna di 74 anni malata di Alzheimer per la quale nel 2016 si è ricorsi all’eutanasia nonostante le ripetute affermazioni della stessa di voler continuare a vivere, giudicate da medici e familiari ormai non più espressione di una consapevole volontà.
La donna, infatti, aveva dato il consenso al proprio suicidio assistito nel 2012, prima di essere ricoverata in una casa di cura, e da allora evidentemente un ripensamento non è stato più ritenuto ammissibile. In accordo con la geriatra Marinou Arends, attualmente sotto processo, si è dunque proceduto a drogare con un sonnifero il caffè della donna. A fronte dell’insuccesso dello stratagemma, con l’anziana sveglia e atterrita da quanto stava avvenendo, la figlia e il marito della donna hanno contribuito a trattenerla fino al completamento del “trattamento”: le tre iniezioni necessarie per ucciderla.
Siamo di fronte non soltanto al fallimento della componente spirituale ed empatica dell’uomo, ma dell’umanità stessa. Posizioni che stridono profondamente con la delicatezza espressa da papa Francesco pochi giorni fa. «Vorrei invitare i giovani a compiere un gesto di tenerezza verso gli anziani, soprattutto i più soli, nelle case e nelle residenze, quelli che da tanti mesi, non vedono i loro cari», ha ricordato il Pontefice. «Cari giovani, ciascuno di questi anziani è vostro nonno! Non lasciateli soli! Usate la fantasia dell’amore, fare telefonate, videochiamate, inviate messaggi, ascoltateli e dove possibile, nel rispetto delle norme sanitarie, andate anche a trovarli. Inviate loro un abbraccio».
Non si tratta di facili sentimentalismi, ma del programma pratico di una comune assunzione di responsabilità. «Qui va precisato qualcosa a cui s’è già accennato, e che è importante per l’uomo di oggi: egli ha dimenticato del tutto in che cosa consista il significato stesso della vecchiaia», scrive Romano Guardini nel suo Le età della vita (Vita e Pensiero, 2003). «Al suo posto ha collocato l’immagine vaga di una vita che si prolunga nella quale la forma di vita del giovane funge da norma. Della vecchiaia si parla solo riferendosi alle limitazioni che comporta, per esempio, dicendo che in quell’età si è meno efficienti, meno elastici».
Un efficientismo che assurge a spersonalizzato e spersonalizzante parametro di giudizio della vita e della sua prosecuzione. «La conseguenza è che in tutta la raffigurazione odierna della vita sono assenti i valori della vecchiaia, cioè la saggezza nelle sue diverse forme, i comportamenti che risultano dalla progressiva trasparenza della vita, dalla capacità di discernimento e di giudizio», prosegue Guardini. Con un esito apparentemente paradossale, eppure del tutto logico. «Quanto meno si considera e si riconosce la vecchiaia, tanto più misconosciuta sarà anche l’infanzia autentica». La vita è vita, e gli effetti dell’offesa ad ogni sua forma sono sotto i nostri occhi.
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