La Nota verbale sul ddl Zan e poi. Come a dire terremoto e post-terremoto. Nei primi interventi di papa Francesco e del card. Parolin ci sono san Paolo ed ecologia integrale. E una certa coerenza.
Siamo sopravvissuti? Sembra di sì. Il terremoto della Nota verbale sul ddl Zan non è ancora esaurito, ma a dispetto del “primo, storico richiamo della Santa Sede al Concordato” la conta sembra confortante. Ci siamo ancora (quasi) tutti, franc tireurs del mondo cattolico e Stato laico compresi. Anche il sole è sorto e lo tsunami mediatico che va ritirandosi sembra addirittura aver lasciato sulla sabbia qualche riflessione e distinguo in più anche nei fronti femministi e lgbt, che (da tempo) si scoprono non così omogenei.
Certo sarebbe una tentazione leggere fra le righe dei primi interventi pubblici di papa Francesco e del segretario di Stato, card. Pietro Parolin, qualche riferimento alla Nota sul ddl Zan. Non si andrebbe neppure troppo lontani dalle fantasiose ricostruzioni di cronaca di altri casi simili (si veda quanto accaduto a proposito del Responsum della Congregazione per la dottrina della fede, ad esempio). Beninteso: nessuna intenzione di addentrarmi nella complessa selva giurisprudenziale che, insieme all’ambito morale, caratterizza per sua natura la vicenda della Nota sul ddl Zan. Universo complesso, che è bene lasciare ad esperti e cantanti.
Pourparler, non fosse altro che per coincidenza temporale, sarebbero due gli interventi che potrebbero prestarsi a letture in controluce. Il primo: la catechesi di papa Francesco durante l’Udienza generale del mercoledì, in data 23 giugno, vale a dire a poche ore dalla scossa del caso Nota verbale sul ddl Zan. Il secondo: la partecipazione, ieri, del card. Pietro Parolin al primo Festival dell’ecologia integrale.
La catechesi del Santo Padre. Ghiotto il riferimento di Francesco alla Lettera di Paolo ai Galati: andando indietro con la memoria, anno 1986, si tratterebbe infatti del medesimo testo utilizzato dall’allora prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, card. Joseph Ratzinger, per fare appello alle persone omosessuali ad accogliere «ogni sofferenza e difficoltà che possano sperimentare a motivo della loro condizione», sostanzialmente mantenendosi nella continenza (Lettera ai vescovi della Chiesa cattolica sulla cura pastorale delle persone omosessuali, 1° ottobre 1986).
Imbastire su queste basi un riferimento alla Nota sul ddl Zan, però, sarebbe specioso. Più interessante, perciò, sarebbe guardare alla “Chiesa in uscita” tratteggiata dal Papa attraverso l’esempio di Paolo, che non teme di confrontarsi con il mondo con schietta parresia. «Incominciava facendo piccole comunità», ricorda Francesco. «E queste piccole comunità crescevano, crescevano e andavano avanti. Anche oggi questo metodo pastorale si fa in ogni regione missionaria». Italia ed Europa comprese, terre tutte da rievangelizzare.
Poi l’affondo sulle divisioni. «È proprio la strada del Maligno, di questa gente che divide, che non sa costruire. E in questa Lettera ai Galati vediamo questa procedura», dice il Papa. «Questa condizione non è lontana dall’esperienza che diversi cristiani vivono ai nostri giorni. Non mancano nemmeno oggi, infatti, predicatori che, soprattutto attraverso i nuovi mezzi di comunicazione, possono turbare le comunità». Predicatori cristiani e cattolici, certamente, ai quali fa riferimento il Papa, ma non sarebbe impossibile scorgervi anche i predicatori di quel culto ateo che è il laicismo – e non la laicità – «custodi di verità» nuove con le quali soppiantare la Verità. «Ma come possiamo riconoscere questa gente?», si chiede Francesco. «Per esempio, una delle tracce del modo di procedere è la rigidità. Davanti alla predicazione del Vangelo che ci fa liberi, ci fa gioiosi, questi sono dei rigidi». Tanto rigidi da mettere a rischio in nome dell’ideologia, si teme, garanzie di libertà comuni a tutti, dalla libera espressione di convincimenti etici e religiosi alla libertà educativa della famiglia e della scuola. O di non finire etichettati come polli in batteria, in balìa dell’arbitrio mattutino.
E poi c’è il card. Pietro Parolin. Nel Creato tutto è in relazione: ritrovare i legami è il tema del primo Festival dell’ecologia integrale a Montefiascone, nel viterbese. Il Segretario di Stato vi prende parte con una lectio magistralis che è già un riferimento di grande forza, ma tutt’altro che segreto. «La nostra felicità – spiega il card. Parolin – dipende dalle relazioni umane, dalla nostra relazione, dai nostri “legami” con il creato, con il prossimo, sia esso lontano o vicino nello spazio, con noi stessi e con il Creatore. Questi legami possono essere fortificati solo attraverso l’Amore e quindi attraverso un atteggiamento responsabile di “cura”».
Il rimando, va da sé, è alla Fratelli tutti, ma anche e forse soprattutto alla Laudato si’, finita derubricata ad “enciclica verde”, comodamente ambientalista, tinta di un bonario ecologismo alla moda. Tutt’altre, invece, sono la sfida e la profondità in quel testo. Nel suo intervento il card. Parolin auspica «un’attuazione della “ecologia integrale” che operi all’interno di un’accresciuta consapevolezza dei “limiti” da rispettare. Ciò può avvenire mediante un dialogo volto a “camminare insieme” favorendo un cambiamento di rotta che porti la nostra generazione ad essere la “generazione del ripristino”, ricostruendo i legami e le relazioni che abbiamo danneggiato per troppo tempo». Legami e relazioni tanto personali quanto familiari e comunitari. Al pari dei limiti.
La sintonia con l’enciclica Laudato si’ è evidente. Al n. 6 del documento, citando la Caritas in veritate di Benedetto XVI, ad esempio, Francesco evidenzia «che il mondo non può essere analizzato solo isolando uno dei suoi aspetti, perché “il libro della natura è uno e indivisibile” e include l’ambiente, la vita, la sessualità, la famiglia, le relazioni sociali, e altri aspetti. Di conseguenza, “il degrado della natura è strettamente connesso alla cultura che modella la convivenza umana”».
Sono da ritrovare i legami naturali che intessono tutto il Creato, dunque. E infatti il Pontefice non manca di essere ancora più esplicito al n. 155 della Laudato si’, riferendosi all’ecologia umana. «Anche apprezzare il proprio corpo nella sua femminilità o mascolinità è necessario per poter riconoscere sé stessi nell’incontro con l’altro diverso da sé. […] Pertanto, non è sano un atteggiamento che pretenda di “cancellare la differenza sessuale perché non sa più confrontarsi con essa”».
Legami e relazioni, in luogo di quei vincoli e scontri che si attribuiscono alla Chiesa. Incontri, in luogo di chiusure. Gioia, in luogo di oscurantismo. Forse qualche lacuna nell’orgoglio di essere ciò che si è: cristiani. Giunti a questo punto abbiamo scovato fra le righe “messaggi segreti” di Francesco o Parolin? Forse no. Ma probabilmente una coerenza di pensiero che oggi ha del rivoluzionario. Specialmente di fronte alle ideologie.
© La riproduzione integrale degli articoli richiede il consenso scritto dell'autore.
“Specialmente di fronte alle ideologie”, la peggiore e più pericolosa delle quali (poiché rivendica il carattere assoluto) è la religione vissuta come ideologia che si pretende imporre agli altri.
almeno la religione è detta a voce alta e tutti possono ribattere le sue tesi. Ma quello che è imposto da Mc Donald o da un sistema economico o politico ideologico non lo conosci eppure fai quello che vuole lui e non te ne rendi conto