Il ritorno dei Quadroni

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Si rinnova nel Duomo di Milano la tradizione dei Quadroni di San Carlo. Fra storia e devozione, in esposizione fino all’Epifania.

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Ricorrerà come ogni anno il prossimo 4 novembre la solennità di san Carlo Borromeo, indimenticato arcivescovo di Milano dal 1566 al 1584. Chi si trovasse a visitare la cattedrale ambrosiana, da ieri potrebbe farsi raccontare la vita del cardinale aronese dalle imponenti tele che la tradizione meneghina ha efficacemente battezzato “Quadroni”.

Cinquantasei opere d’arte, alcune delle quali in grado di raggiungere i 6 metri di lunghezza, dipinte nel corso del Seicento da diversi artisti e realizzate sin dal tempo della beatificazione del Cardinale, nel 1602. Esposti lungo le campate dell’intera cattedrale, nei Quadroni si susseguono alcuni degli momenti più significativi della vita, dell’episcopato e dei miracoli del grande santo ambrosiano. L’infanzia, l’ingresso a Milano e la tragedia della peste affrontata con coraggio pastorale. Le numerose guarigioni ottenute per sua intercessione raccontano episodi di fede e speranza, ma sono anche una rassega di mali antichi e quasi dimenticati, dalle “infirmità disperate” al “male della pietra”, fino alla misteriosa “calzetta” di san Carlo.

Sullo sfondo il Concilio di Trento e la Riforma cattolica, dei quali Carlo Borromeo fu tra i principali interpreti, dentro e fuori l’assise. Particolarmente devoto all’Eucaristia, difensore del valore del celibato sacerdotale e del matrimonio, Carlo Borromeo tradusse spirito e dettami del Concilio in un instancabile lavoro pastorale e di riforma dell’arcidiocesi, tale da collocarlo fra i maggiori protagonisti della storia della Chiesa.

Restituiti al pubblico in occasione dell’Expo di Milano 2015, i Quadroni rimarranno esposti in Duomo sino all’Epifania. Se amate l’arte, l’occasione è propizia anche per una visita al Museo diocesano “Carlo Maria Martini” (corso di Porta Ticinese 95), dove da domani e fino al 28 gennaio 2018 sarà esposta la celebre Adorazione dei pastori del Perugino, in prestito dalla Galleria nazionale dell’Umbria.

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